Via dei Bibiena
Da piazza Giuseppe Verdi a via Francesco Acri.
Quartiere San Vitale.
Prima documentazione dell’odonimo: 1877.
L’odonomastica storica di questa via è complessa e, per alcuni aspetti, sorprendente.
Per questa ragione descriverò anche gli elementi, e la loro successione cronologica, che mi hanno portato ad identificare una serie impressionante di errori fatti dagli storici in passato e a rivoluzionare completamente la storia odonomastica di questa via.
Per lo Zanti questa via faceva parte dei Pelacani Vecchi, assieme a via Vinazzetti.
L’Alidosi, genericamente, comprese questa via nei Vinazzi di S.Vitale o di Strada S. Vitale (si veda quanto scritto a proposito di via dell’Unione).
Il Banchieri invece descrisse una Vinazz di Placàn che partiva da via San Sigismondo e si divideva in due: una parte andava nei Placàn (via Giuseppe Petroni), l’altra arrivava a via San Vitale (Strasanvidal). La nostra attuale via dei Bibiena è compresa in questa Vinazz di Placàn dal trivio con via San Sigismondo all’incrocio con via Francesco Acri, dal quale incrocio, un ramo dei Vinazz di Placàn (un tratto dell’attuale via Vinazzetti) finiva in via Giuseppe Petroni mentre l’altro proseguiva con via Vinazzetti finendo in via dell’Unione (già Vinazzi di San Vitale).
L’Aretusi chiamò in maniera molto generica le vie in quest’area con i nomi di Vinazzi già vie de’ Prevadelli. comprendendo con questo nome generico la via San Sigismondo e la via Vinazzetti e forse anche la nostra via dei Bibiena, che però non è indicata esplicitamente.
Anche il Salaroli fu molto generico assegnando i nomi di Vinazzi, Vinazzetti e Vinazzoli a quei vicoli tra via San Sigismondo e via Sant’Apollonia.
Solo nelle piante del Mitelli e del Monari compare il nome Vinazzi Col d’Ocha e Vinazzi Col d’Occa. Il Guidicini (V, 214) confermò questo nome senza però sapere spiegare l’origine di quel Col d’Oca e limitandosi ad affermare, peraltro correttamente, che questa via era compresa nell’antica Pellacani Vecchi.
Il nome fu ufficializzato dalle lapidette del 1801 e fu riportato nel catasto pontificio del 1835. Il nome non sopravvisse alla riforma toponomastica del 1873/78 che assegnò il nome di Via dei Bibiena.
Mario Fanti su Col d’Oca si limitò a dire che serviva per distinguerla dalle omonime contrade (i vari Vinazzi), osservando che non pare che questo nome sia entrato in uso prima dell’inizio dell’Ottocento, essendo ricordato solo dall’Origine (p.29) e dal Guidicini (V,214).
In realtà, già la pianta del Mitelli (1692) riporta Vinazzi Col d’Ocha, così come la pianta del Monari (1745, Vinazzi Col d’Occa): il Fanti peraltro (I,21) affermò che probabilmente proprio la pianta del Monari fu presa come riferimento per l’apposizione delle lapidette del 1801. Forse il Fanti, in merito all’affermazione che Vinazzi Col d’Oca sia entrato in uso dopo l’inizio dell’Ottocento, intendeva riferirsi all’uso popolare dell’odonimo, ma vedremo che non è esattamente così.
Una attenta (ma nemmeno tanto per la verità) lettura della pianta del Mitelli riserva qualcosa di sorprendente.
Particolare della pianta del Mitelli (1692) (dalla Biblioteca Digitale dell’Archiginnasio).
Qui si legge chiaramente VINAZZI Col d’Ocha. Però si faccia attenzione ai puntini distribuiti sulla mappa. I nomi delle vie sono sempre preceduti e seguiti da un puntino. Per esempio:
.BELMELORO.
.BORGO CAVICCHIO.
.VINAZZETTI.
Per i nostri Vinazzi col d’Oca si legge:
.VINAZZI. .Col d’Ocha.
Sembrerebbero due nomi distinti di due vie distinte: Vinazzi da Via San Sigismondo a Francesco Acri (Vinazzetti), Col d’Ocha da Via San Sigismondo a Piazza Giuseppe Verdi.
Una verifica sulla pianta del Monari non risolve il dubbio. Come si vede dal particolare della pianta del Monari (vedi sotto) Vinazzi e Col d’Occa potrebbero essere letti come nomi diverse di strade diverse, ma anche come nome unico.
Particolare della pianta del Monari (1745) (dalla Biblioteca Digitale dell’Archiginnasio).
In una pianta disegnata a mano, fatta per la distribuzione dei lampioni per l’illuminazione pubblica (secolo XIX), pianta conservata presso la Biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna non vi sono elementi per sciogliere il dubbio (vedi sotto).
Particolare di pianta del sec. XIX realizzata per la distribuzione dei lampioni per l’illuminazione pubblica notturna. (dalla Biblioteca Digitale dell’Archiginnasio)
Anche la pianta di Vincenzo Macchi (1840) non scioglie i dubbi, ma anzi, introduce un ulteriore elemento di incertezza, attribuendo l’odonimo Vinazzetti alla via S.Sigismondo.
Particolare di pianta di Vincenzo Macchi (1840) (dalla Biblioteca Digitale dell’Archiginnasio).
Da notare che le piante fino ad ora esaminate hanno tutte il Sud in alto ed il Nord in basso.
Una sorpresa viene dalla pianta di Giuseppe Pozzi (Atlante geografico dell’Italia. Stato pontificio. Pianta della città di Bologna, 1845) che è stata disegnata con il Nord in alto ed il Sud in basso e quindi con est ed ovest invertiti.
Particolare della pianta di G.Pozzi (1840) (dalla Biblioteca Digitale dell’Archiginnasio).
Non c’è alcun dubbio: la viuzza corta che parte dal trivio con via San Sigismondo (il nome non è indicato, ma si vede la chiesa su via Belmeloro) ed arriva passando sotto un voltone su Piazza Giuseppe Verdi si chiama Col d’Oca, mentre l’altra strada da via San Sigismondo a Via Francesco Acri (Vinazzetti) si chiama Vinazzi.
Altre piante ottocentesche stampate prima del 1880, tra quelle conservate presso la Biblioteca dell’Archiginnasio, evidenziano Vinazzi e Col d’Oca come nomi diversi di via diverse.
Particolare della pianta di anonimo (1857) (dalla Biblioteca Digitale dell’Archiginnasio).
A questo punto è necessario fare due ipotesi.
Prima ipotesi.
Il nome corretto è Vinazzi Col d’Oca. Forse una prima pianta (quella del Pozzi ?) fu stampata con un errore (separando Col d’Oca da Vinazzi) e altri stampatori non hanno fatto altro che copiare l’errore per circa 35 anni.
Seconda ipotesi.
Il nome corretto è Vinazzi per la via che va dal trivio di via San Sigismondo a via Francesco Acri, Col d’Oca per la via che va dal trivio a piazza Giuseppe Verdi, in coerenza con la simbologia della pianta del Mitelli ed in accordo con tutte le piante recanti i nomi delle vie, con il nord in alto stampate prima del 1880. In questo caso probabilmente l’errore nacque dalla lettura delle piante del Mitelli, del Monari e altri in cui pare di leggere Vinazzi Col d’Oca come nome di singola via, errore che fece anche il Guidicini e che fu consacrato con l’apposizione delle lapidette.
Un testo fino ad oggi pressoché ignorato da chi ha trattato la toponmastica cittadina è la Tontina Mista, ossia progetto per illuminare la città di Bologna, pubblicato a Bologna dal Sassi successore del Benacci nel 1762. In realtà questo testo è un aiuto prezioso per capire la pianta, quasi coeva, del Monari, riportando via per via, nell’ambito di un progetto di illuminazione della città, le pertiche da illuminare mediante l’installazione di lampioni opportunamente posizionati. Per quanto riguarda le vie principali, seguendo l’ordine che va dalla porta al centro, vengono elencate tutte le vie (chiamiamole secondarie) incrociate a destra e a sinistra. Per Strada San Donato, a pagine XXVI e XXVII si trova dalla porta a Piazza di Porta Ravegnana:
Braina di S.Donato
Borgo della Paglia
Borgo di S.Giacomo
Belmeloro
Vicolo Paleotti
Collo d’Occa
Pellacani
Via de’Castagnoli
Via di Mezzo di San Martino
Via delle Campane
Via del Carro.
La pagina XXVI della Tontina Mista in cui si evidenzia la via Collo d’Occa.
Il Vicolo Paleotti è quella che sarà poi chiamata via del Guasto. La denominazione è ovvia, sapendo che tale via si apre di fronte alla Casa Paleotti, attualmente al numero 25 di via Zamboni.
La via successiva è Collo d’Occa.
Quindi è certo che Collo d’Occa o Col d’Oca è la breve via che si apre sotto il voltone sull’attuale piazza Verdi, inglobata nell’attuale via dei Bibiena.
Le denominazioni vaghe date da tutti gli autori sui vari Vinazzi, Vinazzetti e Vinazzoli ci fa pensare che questi nomi venissero usati genericamente per indicare tutto il dedalo di viuzze che erano tra via Belmeloro e via Giuseppe Petroni (già Pellacani).
Già il Salaroli scrisse (pag. 82): Vinazzi detti ancora Vinazzetti, e Vinazzoli, sono quelle Vie, che dal Palazzo de Marchesi Malvezzi da S.Sigismondo vanno in Gatta Marza. Altre dal detto Palazzo vanno nei Pelacani ed in Strada S.Vitale.
Il Palazzo de Marchesi Malvezzi è l’antica Cà Grande dei Malvezzi, ora parte dell’Università di Bologna, in largo Trombetti al numero 4.
Gatta Marza è via Sant’Apollonia.
Quindi le vie comprese nella descrizione del Salaroli, oltre al tratto dal trivio di via dei Bibiena-via S.Sigismono a via Vinazzetti, sono le attuali:
Via San Sigismondo (senza nome nella pianta del Monari).
Via Francesco Acri (Vinazzoli nella pianta del Monari).
Via Vinazzetti (Vinazzetti e Borgo Cavicchio nella pianta del Monari).
Via dell’Unione (Vinazzi nella pianta del Monari).
Via dei Bibiena (Vinazzi nella pianta del Monari, seguendo l’interpretazione qui data, ovvero limitando Col d’Oca al tratto dal trivio al voltone).
Ciò che qui si propone è che l’apposizione delle lapidette del 1801 (seguendo le scelte odonomastiche del Monari) abbia cristalizzato una situazione che in realtà era abbastanza vaga e poco definita.
Ancora nel 1944 l’Archiginnasio, bollettino della Biblioteca comunale di Bologna, Volumi 39-47, scrive, riferendosi al 1838: “… Le cinque scuole erano situate: la 1a in Via Col d’Oca N. 3150 (ora Via Vinazzetti) nella parrocchia di S. Sigismondo; la 2a in Via Barbazziana N. 324 (ora Battisti) nella parrocchia di S. Paolo; la 3a in Via Galliera N. 568 nella parrocchia di S. … Omissis“.
Chi scrisse commise imprecisioni perché in via Barbaziana non ci fu mai un numero 324 (ma un 1234) mentre il 3150 era in via Vinazzi, oggi via dell’Unione, e probabilmente si tratta di errore al posto del numero 3050 che effettivamente era in Col d’Oca (il tratto che ora stiamo chiamando così). Il fatto che in quell’articolo vi sia scritto ora Via Vinazzetti evidenzia come ancora nel 1944 i vari Vinazzi, Vinazzetti e Vinazzoli venissero confusi tra loro.
Infine qui si accenna ad un altro documento, spesso citato dal Guidicini, perché da lui usato per la redazione della sua opera: il campione di tutte le strade della città di Bologna e de’ possidenti, compilato nel 1715 e conservato presso l’Archivio di Stato di Bologna, Assunteria d’ornato).
Nella pubblicazione “I portici di Bologna e l’edilizia civile medievale“, a cura di Francesca Bocchi, pubblicato a Bologna nel 1990 da Grafis Edizioni, vi è l’interessante contributo di Fernando Lugli “La ricostruzione della cartografia: la mappa di Bologna del 1715” (pag. 277), in cui viene descritta la realizzazione di una rappresentazione computerizzata della città di Bologna basata sui dati contenuti nel campione. Gli esempi riportati nel capitolo riguardano via Zamboni, da piazza di Porta Ravegnana a largo Alfredo Trombetti (escluso), via San Vitale, dalla stessa piazza di porta Ravegnana fino a via Giuseppe Petroni compreso, via Benedetto XIV, via Giuseppe Petroni, Via S. Sigismondo e la nostra via de’ Bibiena.
Ciò che è evidente è che, mentre non vi sono soprese per via Zamboni, via San Vitale, via Benedetto XIV e via Giuseppe Petroni (chiamati nell’ordine Strada San Donato, Strada San Vitale, Via delle Campane, Strada de’ Pelacani), per quanto riguarda invece via de’ Bibiena troviamo che nel 1715 questa era chiamata Stradello detto Col d’Oca (per l’intera sua lunghezza, fino all’attuale via Vinazzoli); via San Sigismondo invece era indicato come Li Vinazzoli!
Quindi il campione conferma l’odonimo Col d’Oca, ma esteso, rispetto alla pianta del Mitelli, a tutta l’area oggi occupata da via de’ Bibiena. Viene confermata anche l’incertezza odonomastica sui vari Vinazzi, Vinazzetti e Vinazzoli.
L’estensione dell’odonimo Col d’Oca a tutta la via Bibiena è importante per la comprensione del suo significato: nel monumentale “Dizionario universale della lingua italiana, ed insieme di geografia (antica e moderna), mitologia, storia (sacra, politica ed ecclesiastica), … preceduto da una esposizione grammaticale ragionata della lingua italiana” di Carlo Ant. Vanzon : C-D-E, Volume 2, pubblicato a Livorno nel 1830, a pagina 557 viene definito collo d’oca come qualsivoglia cosa incurvata, o centinata a maniera del collo delle oche.
La lettura del dizionario del 1830 è utile perché oggi Col d’Oca non viene associato a qualcosa di incurvato, ma piuttosto a qualcosa che ha cambi di direzione decisi e ad angolo retto (albero a col d’oca) oppure a sinonimo di collo di bottiglia.
La nostra via de’ Bibiena è visibilmente incurvata in corrispondenza dell’innesto di via San Sigismondo. Quindi è verosimile che questa incurvatura abbia generato l’odonimo Col d’Oca. Ciò non può essere vero se Col d’Oca fosse limitato al solo tratto tra piazza Giuseppe Verdi e via San Sigismondo, tratto evidentemente rettilineo.
Riassumendo, quindi, la storia odonomastica di questa via è costellata di errori che fino ad oggi sono passati inosservati.
Il Mitelli assegnò in maniera approssimativa gli odonimi Vinazzoli, Vinazzi e Vinazzetti; inoltre assegnò a Col d’Ocha una estensione inferiore a quella che avrebbe dovuto avere.
Il Monari a sua voltà ricopiò in maniera acritica gli odonimi fissati nella pianta del Mitelli.
L’odonimo Vinazzi Col d’Oca, ufficializzato nel 1801, fu errore dei funzionari napoleonici che definirono i nomi delle vie da ufficializzare con le lapidette, errore generato da una disattenta lettura della pianta del Monari.
I Vinazzetti, Vinazzi e Vinazzoli erano nomi che indicavano in maniera generica un gruppo di vie su cui i funzionari napoleonici di cui sopra furono costretti a fare delle scelte, su cui ci fu una buona dose di arbitrarietà e comunque una ingiustificata fiducia nella pianta del Monari.
Fonti
Zanti: Nomi, et cognomi di tutte le strade, contrade, et borghi di Bologna, di Giovanni Zanti pubblicato nel 1583.
Alidosi: Nomi delle strade, vie, borghi, et vicoli, che sono nella città di Bologna, di Giovanni Niccolò Pasquali Alidosi, pubblicato nel 1624).
Banchieri: Origine Delle Porte, Strade, Borghi Contrade, Vie, Viazzoli, Piazzole, Salicate, Piazze, e Trebbi dell’Illustrissima Città di Bologna con i loro Nomi, Pronomi, e Cognomi, di Camillo Scaligeri della Fratta (pseudonimo di Adriano Banchieri), pubblicato da Clemente Ferroni nel 1635.
Aretusi: Origine di Bologna. Pianta di Bologna di Costantino Aretusi, pubblicata nel 1636.
Mitelli: Bologna in pianta, città del Papa, famosa pianta di Agostino Mitelli, pubblicata nel 1692.
Salaroli: Origine di tutte le strade sotterranei e luoghi riguardevoli della città di Bologna di Ciro Lasarolla (Pseudonimo di Carlo Salaroli), pubblicato nel 1743.
Monari: Città di Bologna posta in pianta in esatta misura con la distinzione de portici che sono in essa, Pianta di Gregorio Monari, pubblicata nel 1745.
Tontina Mista: Tontina Mista ossia progetto per illuminare la città di Bologna, pubblicato a Bologna dal Sassi successore del Benacci, 1762.
Guidicini: Cose Notabili della Città di Bologna ossia Storia Cronologica de’ suoi stabili sacri, pubblici e privati, di Giuseppe Guidicini (scritto prima del 1837, ma pubblicato nel 1868).
Fanti: Le Vie di Bologna. Saggio di Toponomastica Storica, di Mario Fanti, Istituto per la Storia di Bologna, 2000.