Dal 1247 al 1649 si van trovando fra gli anziani. Erano di parte lambertazza e, nelle mischie avvenute nel 1267 tra molte famiglie, eglino si azzuffarono con i Bianchetti (1). Nello stesso anno furono indotti a pacificarsi con i Calamatoni dai frati Loderingo e Catalano, cui la città s’ era commessa.
Nel secolo susseguente i da San Giorgio furono citati da Enrico imperatore e si attennero alla fazione scacchese (2).
Guglielmino, di cui riparlerò più avanti, è quel famigliare amorevole e fedele, come ho detto distesamente negli Abati, che confortò, eziandìo con soccorsi, la lunga cattività del re Enzo, dal quale ebbe assegnato un lascito di 1,000 lire che dovette disputare agli eredi conti di Donoratico. E n’ ebbe quelle altre dimostrazioni di gratitudine e di fiducia che ho già narrate (3). Lo si trova presente ai due codicilli fatti dal re prigioniero, l’ ultimo dei quali è anteriore di soli due giorni alla sua morte avvenuta il 15 marzo 1272 (4).
Nel secolo XIV i da San Giorgio presero parte in qualche fatto d’ arme e diedero in Giovanni di Guglielmo un distinto canonista, che lesse pubblicamente a Bologna e poscia a Padova, dove si ridusse nel 1347 per fuggire la peste che qui cominciava a far macello; quella stessa che occasionò il Decameron. Là perdette la moglie Bettina, figlia dell’ insigne giureconsulto Giovanni d’ Andrea, la quale è fama fosse versata nelle lettere greche e latine, fosse dottoressa e insegnasse dalla cattedra del consorte, allorquando egli n’ era impedito (5).
Simone di Giovanni fu anch’ egli in quel tempo un esimio giureconsulto, ambasciatore al papa e ricercato di consiglio dai magistrati di Bologna. Piermaria fu altresì giureconsulto e professore nel secolo XVI (6).
Sullo scorcio del XIV Giovanni, figlio del sopraddetto Simone, partecipò ad una trama iniqua e fu tradito da un finto complice, ma vero furfante. Era morto Alberto d’ Este signore di Ferrara e succedutogli in età infantile il figlio Niccolò II, sotto la reggenza d’ un Roberti e d’ un Sala. Ma Azzo, zio di lui, cercava di usurpargli lo stato, inducendo a rivolta i vassalli e congiurando, spalleggiato sotto mano da Giangaleazzo Visconti. Ne impaurirono i reggenti e ricorsero allo spediente, ch’ era in voga a’ que’ tempi, di toglier di mezzo quegli cui temevano. Si affidarono per ciò a Giovanni da San Giorgio, che teneva banco in Ferrara, il quale diede loro, in pegno della sua fede, un figlio in ostaggio. Poi recatosi dal famigerato condottiere conte Giovanni da Barbiano, in cui confidava pienamente, gli narrò la trama e gli propose di concorrere all’ uccisione di Azzo.
Mostrò di aderire il Barbiano e pattuì per mercede 30,000 fiorini d’ oro e le castella di Lugo e di Conselice, che i reggenti si obbligarono a dargli tosto che egli avesse consegnato il cadavere d’ Azzo al San Giorgio. Volle ancora in ostaggio l’altro figlio di costui, commendatore di s. Antonio. Azzo era ospite del Barbiano nel suo castello omonimo e là doveva consumarsi l’ assassinio per mano del Conselice, bastardo del Barbiano. Ma costoro fecero indossare le vesti di Azzo ad un servo modenese « il quale (dice un sincrono scrittore) di persona, di atti e di pelagione si somigliava al detto marchese Azzo »; e ad un segno gli fu sopra il Conselice, e l’ uccise di molte ferite nella faccia, affinchè non fosse riconosciuto. Poscia recatosi dal San Giorgio, ch’ era insieme col Barbiano, disse « io ho ammazzato Azzo marchese, venite a vederlo. » Il San Giorgio, ingannato dalla somiglianza, e dai panni veduti poco prima in dosso al marchese, fu preso nella rete; pagò il prezzo del sangue e diede il segnale per la consegna delle castella. Ma il Barbiano, impossessatosene, fece distenere il San Giorgio nella rocca di Lugo e non rilasciollo se non a richiesta del comune di Bologna che delle mene del San Giorgio era per lo manco consapevole.
Intanto, giunta a Ferrara la falsa novella della morte di Azzo, i reggenti, con pietà da coccodrillo, mandarono cortigiani e milizie per trasportare ed onorare il cadavere a Ferrara; se non che quando il corteo, ritornando, giunse presso il paese di Conselice, Azzo gli piombò sopra con buon nerbo di gente e, tutti spaventando, molti o uccise o trasse seco a Barbiano. A questo punto il sincrono scrittore (7) esclama « questa fu una di quelle di Romagna, con una bestialità di Bologna, e tenetela a mente ». Il Griffoni (8), sincrono anch’ esso, parimente esclama « et haec fuit una Romagnola de Romagna et bestialis de Bononia ».
Lo stesso Giovanni da San Giorgio fu imprigionato in Bologna, insieme col figlio commendatore di s. Antonio, nel 1403, per comando del Malaspina governatore pel duca di Milano. Poi nello stesso anno, avendo seguìto Nanne Gozzadini nel tentativo funesto di scacciare da Bologna il famigerato cardinale Baldassar Coscia, venne di nuovo imprigionato, mentre a parecchi suoi compagni fu mozza la testa (9).
Il da San Giorgio era con i Gozzadini anche nel 1412 allorchè macchinarono di cambiare il governo, e posto per la terza volta in carcere vi morì. Ciò è raccontato dal sincrono scrittore, già citato, della cronaca miscella e dal sincrono Griffoni (10). Ma il Ghirardacci (11) scambiando in Simone dottor di legge morto assai prima, questo Giovanni di Simone, aggiunge che egli fu torturato e che, tenutosi sempre al diniego fu ridotto a tale che morì in prigione. Il Dolfi (12) erroneamente lo dice decapitato. Con pompa funerale fu sepolto in san Giacomo.
Ultimo di questa famiglia nel secolo XVII fu un Vincenzo, che adottò un Simonini affinchè continuasse il casato da San Giorgio (13).
Il Guglielmino da San Giorgio famigliare, come ho detto, del prigioniere Enzo re di Sardegna, aveva case e torre accanto alla chiesa di s. Donato, come risulta da un documento. La casa e la torre passarono in proprietà indivisa di fra Federico Magarotti, di Pietro Bianchetti e di Guido Paltronieri. Il Magarotti, dopo aver fatto una vendita simulata della sua parte di queste casa e torre ad Uguccione Soldadieri, ne fece vendita reale nel 1289 a Pietro Bianchetti, altro de’ comproprietarii. Vi acconsentì Flandina del già Bartolommeo Basacomare moglie del venditore, rinunziando ai diritti inerenti per causa di dote (14).
Il documento sopraccennato facendoci sapere che la torre dei San Giorgio confinava con la chiesa di s. Donato (iuxta ecclesiam s. Donati), ci indica che siffatta torre è quella in parte sussistente in via Canonica di s. Donato, contigua alla chiesa, nella casa che conserva l’ antica porta ad arco ogivale, segnata del n. 2620. Dalla strada si vede emergere il troncone di torre due metri sopra i tetti e ridotto ad altana. È larga met. 6,68, per 6,29 ed ha muri grossi met. 0,64, anche nel plano sotterraneo, ove i muri sono costrutti esternamente di soli ciottoli grossi.
Il Bianchetti tre anni dopo che l’ ebbe comprata la vendette a Pietro Orsi per 1,000 lire (15); appartenne poi agli Scala, secondo ch’ è indicato dall’ Alidosi (16), il quale dice ch’ essa è in capo alla via dell’ Inferno. Più precisamente essa è in via Canonica di s. Donato, dicontro all’ imboccatura della via già detta dell’ Inferno ed ora de’ Giudei.
Giovanni, figlio del sopraddetto Guglielmo da San Giorgio, comprò nel 1285 una parte della torre dei Bonconsigli in Portanova. — Vedasi Bonconsigli.
(1) Savioli, Ann. v. 5, pag. 400.
(2) Ghirardacci, Hist. v. 1, pag. 212; v. 2, pag. 470.
(3) Riferisco due passi del testamento nei quali parrà quasi di sentir parlare il re Enzo « Item iure legati viro commendabili Guilelmino de Sancto Georgio Civi Bon. familiari et fideli nostro reliquimus mille libr. bon. computatis in bis omnibus denariis et pecunia quam nobis hactenus et Curie nostre mutuavit pro subventione nostra et rebus nobis et nostre familie opportunis…. Verum quidem considerantes devota obsequia puram fidelitatem etc. quibus nobis a multis temporibus placuerint prefati Guilelminus (de Santo Georgio) Jacobus (Abatis) etc. quoniam debitis beneficiis remunerare non possumus nobis deficiente potenza ipsos infrascriptis heredibus nostris et universis Regibus et Principibus et cunctis qui Patris et fratrum nostrorum Solia dilexerunt tenerrime commendamus ceteros exortantes suppliciter quatenus prefatos et visos alacritate ac gratiarum favere letificent que cunctorum mentes acuat per exemplum ». (Savioli, Ann. v. 6, pag. 449, 450).
(4) Petracchi, Vita di Arrigo di Svevia ecc. pag. 78, 81.
(5) Fantuzzi, Notiz. v. 7, pag. 306.
(6) Ghirardacci, Hist. v. 2, pag. 244, 272, 289. Fantuzzi, Notiz. v. 7, pag. 313, Mazzetti, Repert., pag. 281.
(7) Historia, miscell, col. 561, 562.
(8) Memoriale, Histor. col. 203.
(9) Ghirardacci, Hist. v. 2, pag. 540. 542.
(10) Historia, misceli, col. 600. De Griffonibus M. Memor. col. 210.
(11) Historia, v. 2, pag. 591.
(12) Cronolog., pag. 667.
(13) Guidicini, Aggiunte ms. al Dolfi.
(14) Docum. n. 169.
(15) Docum. n. 189.
(16) Instrut., pag. 195.