Dai Cartigli del Comune di Bologna
Palazzo Fava
Al piano nobile di questo palazzo senatorio cinquecentesco si trova la famosa sala affrescata, per conto di Filippo Fava, da Ludovico, Annibale ed Agostino Carracci con le Vicende di Giasone (1584); in altre sale i Carracci dipinsero Storie dell’Eneide, Storie di Europa, ed altri ambienti recano affreschi di B. Cesi e F. Albani. Per Alessandro Fava il giovanissimo Donato Creti dipinse l’Ercole e Cerbero nel 1688.
Indirizzo:
via Manzoni, 2
Dalle “Cose Notabili …” di Giuseppe Guidicini.
Palazzo Fava, stabile probabilmente diviso da quello dei Ghisellardi da un vicolo che gli storici dicono terminasse in faccia alla Madonna di Galliera, e che era la continuazione del vicolo di dietro al Seminario, ora strada chiusa.
1516, 7 agosto. Abbruciarono le stalle dei Bucchi dirimpetto alla Madonna di Galliera, e si appicò pure il fuoco in casa di Bernardo Fasanini.
1546, 9 dicembre. Francesca Fasanini e Vincenzo Castellani Iugali vendono a Filippo di Guglielmo di Urbano Fava due case vicine nella strada di Galliera , sotto Sant’Andrea dei Piatesi, per L. 9100. Rogito Gio. Battista Castellani. Confinano la via pubblica a settentrione, Antonio Bucchi a mattina, e gli eredi di Lodovico Ghisellardi a sera.
Filippo di Antonio Fava fabbricò la facciata nel 1584, e fece dipingere la sala dai Caracci. Il suo ramo si estinse in Antonio Francesco di altro Francesco, dopo di che questo palazzo fu comprato da Alessandro di Ercole, che abitava rimpetto alle suore della Maddalena in Galliera, e vi trasportò la sua famiglia. I discendenti del suddetto Alessandro terminarono in Carlo del conte Pietro Ercole, morto li 21 aprile 1790, a cui successe il conte Nicolò di Alessandro Fava detto dalla Maddalena.
Nell’ aprile e maggio del 1773, scavando per fare i fondamenti della prospettiva di questo palazzo, si rinvennero i ruderi di un magnifico edifìzio, embrici con lettere romane, pietre grandi e piccole di terra cotta quadrate e di varie .forme e colori per pavimento, frammenti di cornici di marmo, di statue, di mosaici di fini marmi, una moneta imperiale, una lucerna, ecc. , e finalmente alla profondità di tre piedi una bella strada di marmo grigio, con declività ad occidente, che traversava il cortile, e si dirigeva al contiguo cortile Ghisellardi, poi Tortorelli. Anche questi avanzi ricordano l’antica città distrutta, di cui si è tenuto parola nel discorso preliminare.