Via Arienti
Da via Castiglione a via Alfonso Rubbiani.
Quartiere Santo Stefano.
Prima documentazione dell’odonimo: 1296 (Burgus Arienti)
Questa via si formò tra XII e XIII secolo durante la fase di espansione della città, tra la seconda cerchia di mura (la cerchia dei Torresotti o del Mille) e l’ultima cerchia, trecentesca.
La via fu descritta come Borgo dell’Argento dallo Zanti.
Secondo il Guidicini1 prese questo nome quando nel 1249 il comune dispose di concentrare in questa zona, che era al di fuori della seconda cerchia di mura, le fornaci per la fusione di argento e oro, per evitare pericolo di incendio causato dai processi di purificazione dell’argento.
Il pericolo di incendio è però frutto di un errore del Guidicini. In realtà lo statuto che definisce la zona al di fuori della quale non è tollerata la presenza di fornaci per la fusione di oro e argento è del 1250, ma la ragione è legata al fetore emesso dalle fornaci, non al pericolo di incendio. Gli statuti citano esplicitamente le malattie contratte dai frati di San Nicolò (San Nicolò delle Vigne, dove in seguito crebbe la chiesa ed il convento di San Domenico) a causa di questi fetori, per cui si cercò di confinare le fornaci in un’area al di fuori della seconda cerchia di mura, dove davano meno fastidio, rimanendo comunque nei pressi delle acque derivate dal canale di Savena, necessarie per le attività di fusione.
Di fatto poi, un ulteriore statuto del 1288 proibì tali fornaci entro il perimetro della città, facendo cessare qui probabilmente ogni attività di fusione degli argentieri e degli orafi.
Gli odonimi di Borgo dell’Oro e Borgo dell’Argento rimasero: gli estimi del 1296/97 citano sia il Burgus Arienti, sia il Burgus Auri.
Borgo Arienti (Borg dall’Arient nel dialetto del Banchieri) fu la denominazione più comune e più usata fino alla riforma toponomastica del 1873/78 in cui sparì la denominazione urbanistica generica Borgo e la nostra via divenne semplicemente via Arienti, nome che è rimasto fino ad oggi.
1Giuseppe Guidicini: Cose Notabili …, Vol.I, pag. 68.
Fonti