Enrico VI Re dei Romani, con suo decreto datato li 12 febbraio 1191 in Bologna, concesse al nostro Comune il diritto di battere moneta di lega. Federico, li 22 aprile 1236 estese la concessione a quelle d’argento, e nel 1381 la Zecca Bolognese cominciò a battere ancora quelle d’ oro.
Guidantonio Zanetti, nella sua disertazione delle monete di Faenza, stampata nel 1777 da Lelio della Volpe (Dele Monete d’Italia, Tomo II, pag. 409), dice:
“La prima moneta che fu battuta fu quella piccola monetuccia che si trova col nome di Enricus Iprt. da una parte, e Bononia dall’ altra. Fu essa coniata per l’elemento della lira, cioè del valore di un denaro; cosi dodici di esse componevano il soldo, e duecento quaranta costituivano la lira, che fu denominata di Bolognini dal nome della città. Le 3000 lire di moneta Bolognese di cui fa menzione il Tonducci all’anno 1221, venivano composte da tante di queste monetuccie, perchè era la sola moneta che allora si batteva in questa Zecca. Il loro peso era di grani 12 68/108, e contenevano oncie 2 e denari 18 d’argento fino per libbra, cosi in 240 di essi Bolognini vi erano d’ intrinseco grani 682 d’argento, e grani 2296 di rame a peso Romano, che fatto il ragguaglio corrispondono a scudi 1,52 1\3 delle correnti monete di lega.
Da una libbra delle muragliole che correvan pochi anni fa in Bologna se ne ricavavano lire 24, cosi ognuna pesava grani 32, e conteneva oncie 3 1/2 d’argento per libbra.
Oltre questa monetuccia ve n’era un’ altra d’ argento, che equivaleva a dodici delle suddette, cioè al soldo, e per conseguenza venti di esse costituivano la lira di Bolognini. Anche questa moneta d’ argenlo fu, denominata Bolognino, ma per distinguere l’una dall’altra, fu delta la prima Bolognino piccolo, e la seconda Bolognino grosso; perciò nei rogiti si trova Libras Bononenorm parvorum oLibras Bononnenorum parvorum in Bononinis grossis de argento. Quantunque i Bolognini grossi cominciassero soltanto nel 1230, pure furono improntati col nome d’Enrico in riconoscenza del privilegio da lui compartito per il primo a Bologna. Questi Bolognini grossi sono composti di oncie dieci, e un terzo di argento non fino, e cioè della pasta dei Grossi Veneziani, cosicché corrispondono ad oncie dieci di fino, come i nostri mezzi paoli correnti. Essendo pertanto ogni Bolognino grosso del peso di grani 32 bolognesi, che corrispondono a grani 30 18/25 romani, conteneva ognuno grani 25 3/5 d’argento fino, ed una lira di essi grani 512, che ragguagliati ai correnti nostri mezzi paoli corrispondono a scudi 1,8 1/3. Della lira di Bolognini grossi, che corrisponde in oggi a scudi 12 1/2 correnti, rare volte se ne trova menzione nelle nostre carte, ma bensì della lira di Bolognini, che sempre si deve intendere composta di 240 Bolognini piccoli, ossia di 20 Bolognini grossi, giacché contenevano il medesimo intrinseco; e di tal peso si proseguirono a battere tali monete fino al tempo di Tadeo Pepoli.
Fin qui si è Parlato dell’ intrinseco della moneta bolognese di quei tempi a fronte della corrente, ma non era così del valore estrinseco, perché allora era più pregialo l’argento a paragone dell’oro in causa della sua rarità. Il rapporto di questi due metalli era a quei giorni di uno a dieci e mezzo circa, quando al giorno d’oggi stanno come uno al quattordici e mezzo. Sapendosi pertanto che con 30 Bolognini grossi si aveva verso la fine del XIII secolo il Fiorino d’ oro di Firenze che equivale a un dipresso al moderno Gigliato, così la lira d’ allora era due terze parti del Fiorino, il che corrisponde in oggi a Paoli 14 correnti. Non deve perciò recare meraviglia se per esempio nel 1207 il frumento era valutato venti soldi la corba, e che I’ elemosina di mille messe si conteggiasse nei legati L. 12, 10, e cioè di tre denari, o un quattrino e mezzo per messa, ma questi tre denari diventano 21 dei correnti, e cioè baiocchi uno e tre quarti, e poi i generi correvano ad un prezzo assai tenue, come abbiamo dai libri delle spese dei Padri Conventuali di S. Francesco, e cioè:
Frumento soldi 12 e denari 3 la corba.
Uva, L. 3 e soldi 15 la castellata.
Fava, Soldi 6 la corba
Formaggio secco, denari 8 1/2 la libbra.
Olio d’Oliva, denari 8 la libbra.
Ova 100 per Bolognini 5.
Candele di sevo, Bolognini 1 la libbra.”
L’ Alidosio poi a pag. 200 T. V. delle cose notabili di Bologna, dà questi altri interessanli e minuti particolari su la Zecca di Bologna:
“L’ anno 1191, ai 12 di gennaio, Enrico Imperatore diede facoltà di coniar moneta in questo modo: Nos Henricus, Rex Romanorum, studio Bononiensium incitati ius concedimus pecuniae signandae in Urbe Bononiae, atque Agnellum Praetorem huius concessioni munere investimus, ut prout expedire putaverit civitati pecuniam percutiendam curet modo ne monetae Imperiali sit aut forma, aut pondere par.
In quell’anno adunque, a’ sei di maggio, fu coniata una moneta d’ argento, che aveva da un lato il nome di esso Enrico, e dall’altro lettere che dicevano Bononia Docet. Tal moneta si chiamò Bolognino, e pesava nove carati, e valeva venti denari.
Nell’anno 1205 seguì giuramento fra Ferraresi e Bolognesi sopra il fatto » della moneta.
E nel 1209, in settembre, fu fatta convenzione con essi Ferraresi d’aver a fare la moneta della lega e peso di quella dei Parmegiani. Ancora nel 1216 si batté moneta. E nel 1236 moneta d’argento per concessione di Federico Imperatore, ai 22 aprile.
L’anno 1269 fu concesso a Berto Tornaquinci Fiorentino di battere moneta in questa Zecca.
E nel 1275 si fecero molti trattati nel Consiglio sopra le monete.
Nell’anno 1288 il Consiglio ordinò di far moneta grossa e minuta, ma non fu messo ad effetto se non I’anno seguente, e sopra ciò si elessero alcuni sapienti della compagnia de’ cambiatori e de’ mercanti, i quali ordinarono che si dovessero far dei Bolognini grossi buoni d’argento, e della lega come sino a i quei tempi in Bologna si era fatta, cioè che la lega fosse di dieci oncie, e un terzo d’argento Veneziano grosso e ugualmente buono, e di due oncie meno un terzo di rame in dodici oncie di Bolognini grossi, e fossero del peso di tredici soldi e due denari in marca, e le più deboli non potessero entrare più che tredici soldi e sei denari nella marca bene stampata, bianchi e rotondi. Che la marca di detti Bolognini grossi dovesse valere soldi 32 e denari 2. Che nella moneta di Bolognini piccoli vi fossero due oncie e mezzo quarto d’argento Veneziano grosso e buono, e oncie nove e tre quarti e mezzo di rame, di modo che di questi Bolognini piccoli n’andassero 56 all’oncia, e dei Bolognini grossi 50.
L’anno 1294 il fiorino d’oro valeva 30 Bolognini, come nel deposito fatto dal Consiglio per il castello di Capreno che tenevano gli Ubaldini.
Nel 1300 il capitano del popolo e la compagnia dei banchieri ordinarono che si dovesse fare la moneta come per il passato.
E l’anno 1305 che si battesse fino a sessanta mila libbre di grossi a giusto peso, e secondo il modo tenuto fin’allora, e ciò fu fatto da certi mercanti, che con loro vantaggio avevano colto una moneta detta Rasa Forestiera, che dal Podestà era stata bandita.
Nel 1333 il Fiorino valeva trentasei Bolognini, come per un prestito che si vede di quindicimila Fiorini che la città di Bologna fece a Giovanni Re di Boemia, di Lucimburgo e di Polonia, per restituirli fra un anno, e per lui promesse Modena, Reggio e Parma, e per quelle città, cioè per Parma, i nobili Pietro di Guglielmo, e Andrea di Ugolino Rossi, Uberto di Manfredo marchese Palavicino, Bartolomeo, e Francesco di Guglielmo marchese di Scipione, e Martino di Rolandino Luppi marchese di Soragna. E per quella di Reggio, i nobili Azzo di Tadeo, Nicolò d’Ugolino, e Giovanni di Guido, di Manfredi, Giberto e Giovanni di Nicolò, e Nicolò di Matteo Fogliani. E per quella di Modena, i Nobili Guido d’ Egidio, e Manfredo di Federico, e Gerardo Pii, Branchino di Tommaso Gorzani, e Giovanni detto Mant, di Francesco Fredo, e Nicolò d’Havere Magreto. Fra tre anni poi furono battuti molti Bolognini d’ argento.
Nel 1338 Tadeo Pepoli, dominatore della città, fece battere una moneta di argento, detta Pepolesca e Picchione, la quale da un lato aveva S. Pietro, con il suo nome, e dall’altro il nome di Tadaeus Pepolus, che ora varrebbe quattro Bolognini, e in un altra di simile valore, che vi è una croce, e d’intorno lettere che dicono Tadaeus Pepolus, e dall’altro il detto S. Pietro. Fece far ancora dei quattrini, che da una parte hanno A, e d’intorno Bononia docet, e dall’altra Mater Studiorum, di carati due e mezzo. E una monetina d’argento con le medesime lettere, del valore ora di Bolognini 2 1/2 e un altra con A e Bononia da un lato, e dall’altro Henricus. L’anno 1350 i figliuoli suoi fecero battere Bolognini grossi d’argento in una casa di Giacomo da Ignano, in Strada Santo Stefano rincontro la chiesa di Santa Maria di Castel de’ Britti della la Ceriola. E nel detto anno i Visconti che dominavano la città fecero battere moneta alla stampa di Bologna, ma sopra all’arma della Comunità era il biscione loro arma, e si cominciò a spendere d’ottobre.
Nel 1353 alli 9 d’agosto fu fatta provigione che i fiorini valessero trenta Bolognini l’uno, si bandirono tutti i Bolognini grossi d’ argento battuti dall’ anno 1336 fino all’anno 1351 perché erano stati falsificati, e che in termine d’otto giorni fossero portati sul banco di Ligo Lodovisi, che gli daria un fiorino per trentacinque Bolognini.
II seguente anno ai 23 di aprile fu ridotto il Bolognino grosso d’ argento al valore di undici denari l’uno, e sopra ciò si elessero sedici sapienti.
Nel 1360 fu ordinato ancora che i Ducati da soldi trentasei e trentasette valessero trentanove.
Nel 1374 alli 2 di dicembre si dichiarò il peso dei Ducati e Fiorini dalla compagnia dei Banchieri, e si cominciò a far moneta d’ argento, che da un lato aveva Gregorius XI, e dall’altro Bononia, e la Zecca era in Strada Santo Stefano dalla Ceriola.
L’ anno 1379 ai 28 di dicembre fu provvisto sopra la Zecca, da farsi da molti mercanti Alemanni.
Nel 1380 ai 29 d’agosto fu locata la Zecca a Bernardino di Domenico Nardi e a Zanobio di Paolo Facedi, Fiorentini, con patto che facessero moneta d’ oro, alla lega del Ducato di Venezia, o d’altra miglior lega, e facessero trentamila e seicento Bolognini d’oro, che si potessero spendere e che avessero corso a ragione di cento due alla libbra, e moneta d’argento fino alla somma di libbre sessantamila alla lega nuova di Venezia, nella quale v’entrassero due ducati di argento fino, e due di Venezia, e due di rame per libbra di detta moneta, nelle quali libbre vi dovesse entrare tredici libbre e otto soldi di buon argento, e facessero Bolognini piccoli alla lega d’un oncia e 22 denari d’argento fino, e dieci oncie e due denari di rame per libbra di peso di detti Bolognini, e delle libbre dovessero fare lire tre e soldi quattro di detti Bolognini piccoli.
E nel 1381 in gennaio si batterono Ducali d’oro, detti Bolognini d’oro di carati diciannove l’uno, che valevano quaranta Bolognini, e da un lato avevano S. Pietro con lettere intorno S. Petrus Apostolus, e dall’altro un leone rampante con una bandiera in pugno, e d’ intorno Bononia Docet, fu la prima moneta d’oro che si battesse in questa Zecca, che ora vale sei lire e quindici Bolognini. e per ciò si fece festa ed allegrezza.
Fu ancora ordinato che il soldo valesse dodici denari piccoli.
Nel 1390 si coniarono quattrini e denarini nella Zecca che era rincontro la prigione ora detta la furbara.
L’ anno 1406 si fecero quattrini che da un lato avevano S. Petronio in piedi, e dal mezzo in giù l’ arma della Comunità con queste lettere Sanctus Petronius, e dall’altro due chiavi in croce, e sopra esse un biscione con le lettere Bononia di peso tre carati. E poi altri quattrini con S. Petronio in piedi da una parte, e l’arma della Communità dall’altra.
Nel 1439 all’ultimo di marzo, furono battuti ancora molti quattrini fuori della città con la stampa di Bologna, dei quali ne furono bruciati più di cento libbre.
Nel 1464 a’ 17 di maggio fu ordinato che i fiorini di rame non si spendessero se non per quarantadue Bolognini l’ uno.
E l’anno seguente che i Picchioni da due soldi valessero otto quattrini, e che non si spendesse la moneta forestiera, e che niuno potesse far moneta alla stampa di Bologna senza licenza.
Nel 1468 fu fatto appalto coi Lupari e con quelli del Ferro per battere moneta e quattrini.
Nell’anno 1494 Giovanni Bentivogli che dominava la città fece battere in casa sua moneta d’argento di dodici carati l’una con la sua effigie, e col nome e cognome intorno da un lato, e dall’altro queste lettere Maximiliani Imperatoris munus MCCCCLXXXXIV. Il cunio è di Francesco Raibolini detto il Franza, orefice cittadino bolognese; e Carlini con l’arma sua inquartata col cimiero imperiale da un lato, e Maximiliani Imperatoris munus MCCCCLXXXXIV dall’altro.
Fece fare ancora doble d’oro da una parte con la sua testa, e loannes Bentìvolus lI Bononiensis, dall’altra l’arma sua inquartata con l’Imperiale e con le lettere Maximiliani Imperatoris munus furono di trentasette carati l’una.
Ed altre monete d’ argento di simil conio, che pesavano carati cinquantuno l’una; e mezzi Carlini con l’ arma inquartata dei Bentivogli con lettere loan. Bentiv. da un lato, e dall’ altro Concessio Maximil.
E quattrini ove da una parte era mezzo S. Giovanni Evangelista con lettere S. loan. Evang., dall’altra parte l’arma di esso Bentivoglio col cimiero e con lettere loan Bentivolo, e pesavano carati tre e mezzo l’uno.
Ordinò inoltre piastre o lire di Bologna d’argento che hanno da un lato S.Petronio sedente con lettere S. Petronius de Bononia. Dall’ altro un leone rampante con bandiera in pugno, e sotto l’ arma di Bentivogli con lettere intorno Bononia Docet, che ora vale ventisette Bolognini.
L’anno 1508 di novembre fu ordinalo che non si spendesse moneta tosa o rasa, ma sì bene i quattrini del cordone, che da un lato avevano S. Petronio sedente, e dall’ altro le chiavi in croce col regno Pontificio sopra quelle, detti » cosi del cordon per quel legame che tiene unite le chiavi, pesava carati tre e mezzo.
Si fecero poi denarini che da una parte avevano l’arma della Comunità con lettere Bononia, e dall’ altra un leone rampante con una bandiera in pugno con lettere Docet, pesavano carati uno e tre quarti. Si restò di spenderli l’ anno 1595.
Nel 1509 si batterono scudi d’ oro, che da un canto avevano S. Pietro in piedi, e le armi del Legalo e della Comunità, con lettere Bononia Docet, e dall’ altro quella del Papa con lettere lulius II Pont. Max..
Ancora l’anno 1523 furono battuti Ducati, o scudi d’oro con S. Pietro in piedi, e le armi del Legalo Cibo e della Comunità, e le lettere S. Petrus da un lato, dall’ altro il leone rampante con la bandiera, eBononia Docet.
Nel 1526, alli 3 di novembre, si ordinò di stampare una moneta di rame che da un lato avesse due chiavi in croce col regno pontifìcio sopra e le lettere Studiorum, e dall’altro il leone rampante con la bandiera, et Bononia Mater Studiorum, e fu chiamala bolognino; in ogni libbra di rame vi andò oncie due e ventuno, carati d’ argento fino, ne vanno 250 alla libbra.
Al tempo di Clemente settimo si fecero monete d’ argento di 21 carati l’una, ove da un lato era la testa del Papa con lettere Clem. VII Pont. Max.; dall’altro il solito leone, e Bononia Mater studiorum, e valevano dieci bolognini I’una, e si chiamarono Bianchi.
E poi un’ altra moneta d’ argento di tre ottavi d’oncia, che da un canto ha San Petronio che tiene sotto l’arma della Comunità con lettere Frumentariae cogente inopia rei, l’altro è ripieno con queste lettere Ex collato aere de rebus sacris, et prophanis in egenorum subsidium. M. D. XXIX Bononia.
Furono fatti ancora altri Bianchi d’argento d’un ottavo, e di quattro carati, che da una banda avevano S. Petronio dal mezzo in giù con l’ arma del Senato e le lettere S. Petronius, dall’ altra il leone eBononia Mater Studiorum.
Dopo si fece un’ altra moneta d’ argento, che da una parte ha la testa del Papa con lettere Paulus III Pont. Max., dall’altra un S. Petronio in piedi ove dal mezzo in giù è l’arma del Governatore, con lettere S. Petronius de Bononia, pesava diciotto carati.
La piastra d’argento da venti bolognini pesa due ottavi e otto carati, da un lato ha S. Petronio con lettere d’intorno S. Petronius de Bononia, dall’altro l’arma del Papa con lettere Pius IV Pont. Max. ne vanno trentanove alla libbra.
Delle Gabelle d’ argento di dieci carati l’ una, che valgono ventisei quattrini, da un canto hanno l’effigie del Papa con lettere Paulus IV Pont. Max., e dall’ altro un leone in piedi che sostiene una bandiera, con lettere intorno Mater Stndiorum, e così nominate perché con esse si dovevano pagare le gabelle alle porte della città, o dazio delle robbe che si trasportavano su le carra. E in altre gabelle era in luogo della testa del Papa la sua arma, ne vanno centottanta alla libbra.
Si fecero anche delle mezze Gabelle di cinque carati, e valevano tredici quattrini bianchi pur d’argento d’un ottavo e quattro carati, valgono dieci bolognini, e ne vanno settantotto alla libbra, da una parte hanno la testa del Papa con lettere Pius V Pont. Max., dall’altra il leone solito con lettere Bononia Docet.
I Carlini o mezzi Bianchi d’argento da trenta quattrini l’ uno pesano dodici carati, ne vanno centocinquanlasei alla libbra, e da un lato hanno S. Petronio in piedi, e dal mezzo in giù l’ arma della Comunità con lettere S. Petronius de Bononia, dall’altro l’arma del Papa con lettere Pius IV Pont. Max. I mezzi Carlini d’argento di sei carati valgono quindici quattrini, i Giuli d’ argento da quaranta quattrini pesano sedici carati, ne vanno centodiecisette alla libbra, e da un canto vi è la testa del Papa con lettere Paulus IV Pont. Max., dall’altra l’arma del Senato con lettere Bononia Docet, e furono così nominali per il nome del Papa, che viveva quando si cominciarono. I mezzi Giuli d’ argento da venti quattrini pesano otto carati di simil conio. Delle monete d’ argento da tre lire ne vanno tredici alla libbra.
Nell’anno 1567 alli 10 di ottobre fu dichiarato che gli scudi d’oro di questa Zecca, di diecisette carati e cinque ottavi l’uno, da centonove alla libbra dovessero valere e si spendessero per ottantacinque bolognini, e si chiamassero scudi d’oro di Zecca, e quelli di carati diciasette e un quarto si spendessero per ottantatre bolognini l’uno, e questi fossero detti scudi correnti d’oro. I Tredicini, o mezze Gabelle, hanno da una parte l’arma del Papa con lettere intorno Greg. XIII Pont. Max., e dall’altra lettere che dicono Bononia Docet, con una ghirlanda di lauro dintorno.
I Sesini di rame da due quattrini l’uno, da un canto hanno la testa del Papa col suo nome Gregorius XIII Pont. Max. , dall’altro l’arma del Senato con lettere Bononia Docet, in ogni libbra di rame vi era un’oncia d’argento; se ne fecero ancora sotto il Pontificato di Sisto Quinto.
Le muraiole di rame con poco argento valgono dodici quattrini l’una, ne vanno centonovanta nove e mezzo alla libbra, da un lato hanno S. Petronio in piedi con lettere S. Petronius de Bononia, dall’altro la testa del Papa con il suo nome intorno.
Nel 1575 si cominciarono a battere delle piastre da 22 bolognìni l’una, e dei Paoli da 44 quattrini l’uno.
L’anno 1580 fu fatta una moneta d’argento, che pesava un’oncia, per memoria della statua del Papa posta sopra la porta del palazzo nuovo della città; da una parte evvi la testa di esso Papa con lettere d’ intorno Greg. XIII Pont. Max. S. P. Q. B. , e dall’altra una Felsina levata con lettere Onere patria. Ed un’ altra del medesimo peso, che da un lato ha S.Petronio sedente che con la mano destra tiene la città di Bologna, e con la sinistra l’ arma del Senato e con queste lettere Bononia praeclara Studiorum, dall’altro è l’arma del Papa, e le lettere Greg. XIII Pont. Max. Anno Octavo.
Nel 1582 fu per la riforma dell’ anno coniata una moneta d’argento del peso d’un oncia in circa, che da un Iato ha la testa del Papa con lettere Greg. XIII Pont. Max., dall’ altra una testa d’ariete con stelle, e da una corna all’altra pende un festone e sotto un serpente disteso che circonda detto ariete, e dentro vi sono queste lettere Anno restituto M. D. LXXXII.
Nel 1586 lo scudo d’oro in oro di Zecca che valeva L. 4, 5, cominciò a valere L. 4, 10. I Gabelloni d’ argento, moneta che pesa tre ottavi e quattro carati, e vale ventisei bolognini, ha da una banda l’arma del Papa con lettere Sixtus V Pont. Max., dall’altra il Ieone rampante con la bandiera in pugno e le lettere Bononia Docet, ne va trenta per libbra, e si cominciarono a spendere l’anno 1588 ai 26 di agosto. Le piastre o testoni alla romana d’ argento, di due terzi e tredici carali da ventidue bolognini, hanno da un canto la testa del Papa e Sixtus V Pont. Max., dall’ altro una Felsina col suo nome diBononia, e queste altre lettere che la circondano Hic fides, et fortitudo. Il mezzo Gabellone d’argento da tredici bolognini pesa un ottavo e dodici carati, è simile al conio del Gabellone, ma questo sotto il Ieone ha il numero 13, e ne vanno sessanta alla libbra. I Sisti, o terzi di piastra, o testone alla romana d’argento, valgono quarantaquattro quattrini, e pesano diciasette carati, evvi da una parte S. Petronio che dalle bande ha l’arma del Legalo e quella del Senato, con lettere d’intorno S. Petronius de Bononia, dall’altra l’arma del Papa con lettere Sixtus V Pont. Max. Una moneta d’ argento da tre gabelloni, il conio è conforme ad essi Gabelloni, e ne vanno dieci alla libbra. Scudi d’ oro da centonove alla libbra. Doble d’oro da cinquantaquattro e mezzo la libbra, da una banda hanno una croce grande, sotto a mano destra vi è l’arma del Legato Montalto, e a mano sinistra quella della Comunità, con lettere Bononia Docet, che le circondano, dall’altra banda l’arma di Papa Clemente VIII con il suo nome, si cominciarono a spendere per lire 8 e mezza l’una. Altre simili ne furono fatte sollo il Pontificato di Gregorio XlV.
Nel 1595 i scudi d’oro di carati 17 5/8 si cominciarono a spendere L. 5 l’uno. I quattrini di rame di 10 carati l’uno furono cominciati a fare l’anno 1604, da una banda hanno lettere che dicono Bononia Docet, dall’altra un leone rampante con la bandiera in pugno. Ed altri simili ne furon fatti nel 1609 e 1610 che sotto a dette lettere Bononia Docet hanno uno dei detti millesimi; non si cominciarono a spendere se non l’anno 1612 quando furono banditi tutti gli altri quattrini e sesini, e tutti poi consumati. E si cominciò anco a far moneta conforme alla lega di Roma, cioè bianchi da venti carati l’uno d’argento, da un lato è la testa di S. Petronio con il suo nome d’ intorno, dall’altro il leone rampante con l’ arma della Comunità sotto l’ asta della bandiera, e sotto al leone 1615, e d’intorno Bononia Docet, valgono 10 bolognini e cinque quattrini l’uno.
I Carlini d’argento di dieci carati l’ uno, hanno l’effìgie della Madonna di S. Luca con lettere praesidium et decus da un canto, e l’arma del Senato con lettere Bononia Docet, dall’altro.
In alcuni vi è l’arma di Papa Paolo col suo nome.”
Fino al. 1236 la moneta era tutta di lega, ed uniforme, e dicevasi Bolognino. Cominciatosi in detto anno a battere moneta d’ argento e di cunio maggiore, questa si disse Bolognino grosso, e l’antica Bolognino piccolo.
Dicendosi semplicemente Bolognino, deve intendersi sempre il piccolo, e parlando di lire di Bolognini si devono riferire ai Bolognini piccoli, che erano il denaro della lira, e dodici di questi facevano il soldo. Il Bolognino grosso era un soldo equivalente a dodici Bolognini piccoli, e se in un contratto si diceva cento lire di Bolognini grossi, allora questo Bolognino diventava un denaro di questa seconda lira, e voleva dire cento cumuli di venti dozzene di detti grossi a dodici per dozzena. Oddofredo avverte, che se nel contratto non siano espresse le lire di Bolognini grossi, sempre s’intendono di piccoli, e cita la legge del 1245 ed uno statuto dei cambisti che spiega .tutto questo.
Nel gennaio del 1381 si battè la prima moneta d’oro, che si disse Ducalo, o Bolognino d’oro del valore di 40 Bolognini, e si ordinò che il soldo valesse 12 denari piccoli. Nel 1389 trentanove grossi valevano un Ducalo. Nel 1338 Taddeo Pepoli fece batter monete da due soldi dette Pepolesche, ed in appresso dei Ducali da soldi 30.
Nel 1353 furon messi fuori di corso tutti i Bolognini baltuti dal 1336 al 1351 ordinando, che dopo otto giorni fossero ritirati. I cambisti davano un ducato per 35 dei detti Bolognini. Questo bando fu promulgalo per far sparire la moneta a conio dei Pepoli.
Ma basta sul valore delle prime monete della nostra patria, e solo si aggiunga la nomenclatura di quelle che successivamente sono sortite dai conii della Zecca bolognese.
Monete d’oro
Doppie semplici, duple e triple.
Zecchini semplici, dupli e decupli.
Mezza doppia.
Mezzo zecchino.
Quartino.
Monete d’argento
Scudo da dodici.
Ducato da sei, o Madonnina.
Mezzo scudo da tre.
Testone.
Piastra.
Paolo, o Giulio.
Mezzo Paolo, o mezzo Giulio.
Quarto di Paolo.
Monete di lega
Da Quattro.
Da due, o Muragliola.
Da uno, o sei quattrini.
Monete di rame
Da due.
Baiocco,
Bagarone,
Quattrino.
La Zecca di Bologna si affìttava, e sembra che questo uso abbia cominciato dal 1191, e cioè dalla sua istituzione.
Li 14 maggio 1200 i consoli delle compagnie dei cambisti e dei mercanti di lana, allora dette l’una e l’altra compagnie di mercanti, ricevettero dai loro antecessori in ufficio gli utensili pubblici a comodo della moneta, stimati L. 129,6 imperiali; più vari mobili non stimati, e tre lapidi per far verghe d’argento, le quali trovavansi nella casa dei figli di Scannabecco dove si lavorava la moneta. Rogito Alberico. In quest’atto, esistente nel registro grosso, si nomina Pelavacca console dei mercanti
Li 5 aprile 1216 il Comune concesse la monetazione ai consoli dei mercanti e dei cambiatori per un biennio. Rogito Martino da Urbino.
Li 15 marzo 1219 furono sottoscritti i patti fra il Comune di Bologna e Aldrovandino Burigagni conduttore della moneta. Rogito Gerardo del fu Baldo.
Li 29 agosto 1380 la Zecca fu locata a Bernardino di Domenico Nardi, ed a Zenobio di Paolo Facedi, ambidue fiorentini, ai quali fu prescritto di battere la moneta alla lega del ducato di Venezia.
Nel 1468 si continuava ancora ad affittare la Zecca, e l’ebbero i Lupari in compagnia dei Dal Ferro. Il Comune non ebbe che tardi un luogo stabile dove battere la monda. Si ha indizio che anticamente la casa della Zecca fosse presso la prigione in Porta Nova, e cioè nelle vicinanze della chiesa dell’ Aurora.
Nel 1350 i figli di Taddeo Pepali facevano battere moneta nella casa di Giacomo da Ignano in Strada Santo Stefano dirimpetto alla chiesa della Ceriola, e si continuò fino al 1474.
Nel 1390 la Zecca era rimpetto alle Furbare del Podestà, e cioè nell’isola poi atterrata per formare la piazza del Nettuno. La via che frammezzava il palazzo del Podestà dall’isola, dicevasi via della Zecca.
Per pubblico decreto in data del primo dicembre 1473, fu donato a Battista Malvezzi, e ad Antonio Cattanei un terreno posto nella piazza di Bologna, sopra il quale vi era uso di far Cecca.
Noi 1494 Giovanni II Bentivoglio batté monda nel suo palazzo in Strada San Donato con conii di Francesco Raibolini detto il Francia. In seguito si trova che la Zecca era nella via delle Chiavature in uno stabile dei Bentivogli, dove fu poi il Banco dei Mastri, e in seguilo una bottega d’ acquavite e rosogli, che è quella a parlire dalla via delle Drapperie per andare alla piazza dalla parte della chiesa della Vila.
Finalmente passò la Zecca nell’albergo del Leone posto nell’angolo delle Chiavature e della via Toschi, ora compreso nel nuovo palazzo Pepoli, nel qual luogo rimase fino al 1577.
Riconosciuta l’incongruenza che uno stabilimento di tanta importanza dovesse vagare per la città, decise il Senato li 25 marzo 1577 che si cercasse un luogo opportuno dove collocare stabilmente la Zecca, levandola dall’osteria del Leone di ragione Sampieri e Fantuzzi, posta nella via delle Chiavature, ed affittata alla Camera per anni 29.
E’ perciò li 29 gennaio 1578, a rogito di Galeazze Bovio, fu conchiuso il contratto, poi ratificato li 16 ottobre susseguente dal Senato, per la compra di due case, una grande e l’altra piccola, con quattro botteghe, poste sotto la parrocchia di S.Prospero nella via Nuova, per la quale si andava a Strada S. Felice, appartenenti ad Antonia de Pesci Baldi, a Sforza di Gio. Battista dei Pellegrini e a Fausto Biolchini.
Queste case confìnavano a settentrione con detta via Nuova, a occidente con altra via pubblica, A oriente coi Nappi, e a mezzodì coi detti Nappi, coi dall’Armi e con altri. Il prezzo sborsato fu di L. 12300.
1585, 12 maggio. Assoluzione di Sforza Pellegrino agli Assunti di Camera di L. 5480, 5, 10 in conto della casa per comodo della Zecca, venduta da detto Sforza e da altri alla precitata Camera. Rogito Bartolomeo Dondini.
Non è fuori di proposito l’applicare a questo stabile, o piuttosto alla sua ubicazione, la seguente notizia: 1512, 25 ottobre. Permuta fra Virgilio Ghisilieri, e Sebastiano e Gio. Battista del fu Giacomo Pellegrini, nella Quale il Ghisilieri assegnò una casa nella cappella di S.Sebastiano, per L. 4000, ai Pellegrini, e questi ne diedero in cambio un’altra con corte grande, posta in cappella S. Gervasio, in confine della Seliciata di San Francesco.. Rogito Battista Buoi.