Tutte le famiglie Tanari che sono in Bologna, e che in vari tempi vi son venute, hanno origine da Gaggio di Montagna.
Il ramo senatorio è diverso da tutti gli altri Tanari.
A Gaggio vi avevano tutti molti beni, anche prima che si trasferissero a Bologna.
Molti credono venisse quésta famiglia da Treviso, mediante un certo Tanaro Braga, che aveva per stemma una braga bianca in campo rosso, mutata poi in una luna, e dicono che costui discendesse da un certo Viviano assai celebre, che si portasse ad abitare nelle Alpi di Bologna, ma che però non si scordasse della sua potenza, perchè Castagnino Tanara, come dice Giovio a Lib. 38, porse grande aiuto a Cosmo Duca di Firenze contro i ribelli Pistoiesi, ed Antonio Tanara fu capitano della guardia di detto Duca.
Furono tanto amorevoli dei Papi, da soccorrere perfino con 2000 scudi d’ oro Leone X, il quale in ricompensa diede la cittadinanza di Bologna a Zanotto di Tanaro, e a Bosio e Tanarino suoi figli, privilegio confermato poi da Clemente VII, Paolo IV, Giulio III, e Paolo V che loro donò l’arma, della quale poi si fregiarono.
Il primo Tanara che venne a Bologna dicesi che fosse Cristoforo sopranominato il Russo nel 1490.
Sul conto di questa famiglia corrono molte voci. Alcuni dissero che Alessandro Tanara fosse un fanciullo degli esposti rinvenuto nella chiesa di S. Petronio, e che trovandosi ivi accidentalmente il canonico Filippo Tanari, dicesse: “I miei fratelli non hanno eredi, portatelo a casa, e se riescirà un valent’ uomo lo farò erede del poco che ho, se riuscirà cattivo lo caccierò alla malora”. Ma questa voce vien distrutta dal trovarsi nel testamento di Cesare, che Alessandro era suo figlio, nè potea esser bastardo perchè figlio di detto Cesare e di Iacopa di Iacopo Monteceneri, che gli diede in dote L. 20000.
Quest’Alessandro natura lo aveva dotato di grande spirito e di mente elevata, doni di cui si servì per rialzar dei potenti ma pe’ suoi fini. Però avendo accumulate ricche facoltà, ne venne che essendo monsignor Camillo Borghese Vice-legato di Bologna, di povera fa miglia fatto Nunzio di Spagna, chiedesse denari, per equipaggiarsi in tale occasione, ai primi mercanti e banchieri della città, i quali erano allora un Cornelio Malvasia, un Matteo Amorini ed altri, che per la povertà del prelato se ne schermirono con isvariàti pretesti. Venutone a cognizione Alessandro Tanari, si recò un giorno da Monsignore e lo pregò di recarsi in casa sua per osservare una raccolta di pitture, del che lo compiacque; e quando Alessandro gli ebbe mostrato le pitture grandi, lo condusse in un gabinetto dove ne aveva altra raccolta di piccole, e dopo aver anche queste osservate, Alessandro azzardò dirgli sapere che egli non aveva potuto avere denari da alcun banchiere, e che perciò Monsignore facesse capitale di lui, del che Monsignore ne lo ringraziò senza però chiedergli cosa alcuna. Allora Alessandro aprendo uno scrignetto pieno d’oro, questo, disse, è tutto al servizio di V. S. Illustrissima, e Monsignore ritirandosi per covenienza, Alessandro glielo vuotò nel cappello, ma per l’estremo bisogno in cui versava lo accettò, e domandandogli quando dovesse farne la restituzione, Alessandro rispose quando potrebbe, e se non avesse potuto per lui sarebbe stato lo stesso. Lo ringraziò Monsignore di un tanto servigio e ne promise il meritato guiderdone.
Passato Monsignore in Ispagna fu fatto Cardinale da Clemente ViII, poi dopo la morte di Leone XI, fu eletto Papa col nome di Paolo V, il quale tosto scrisse ad Alessandro esser venuto il tempo di rimunerarlo pei benefici ricevuti, che perciò gli mandasse tosto a Roma Giovanni Nicolò suo figlio, che lo mise in prelatura. Fece Alessandro conte di Piavola e tesoriere di Bologna. Gio. Nicolò, più savio di Paolo suo fratello che era dissipatore e pazzo cervello, fu richiamato dal Padre, e Paolo V condiscese che rinunziasse alla prelatura. Fece Paolo cavaliere di Malta, il quale fu mandato in Piemonte alla guerra, dove commise molti errori. Tornò in patria fuori di casa sua e separato da’ suoi.
Da Paolo V ebbero pure il senatorato, e furon fatti marchesi della Serra.
Avevano altare e sepoltura in Santa Maria Maggiore.
In Roma avevano sepoltura nella chiesa di Santa Maria Maggiore della Vittoria.
Nel 1604 il ramo senatorio stava in Strada Maggiore. Gli antichi Tanari avevano le loro case in Galliera rimpetto ai Fibbia, che Alessandro vendette ad Annibale Ranuzzi, e i Ranuzzi ai Volta.
Il ramo senatorio possedeva i seguenti beni:
Tenuta Cavallina con bel palazzo fuori porta S. Vitale.
Tenuta con palazzo a Bazzano.
Tenuta con palazzo a S. Benedetto.
Tenuta con palazzo a Gaggio di Montagna.
Tenuta a Bargi.
Tenuta a Monterenzio.
Il ramo Tanari da S. Domenico, di più remota installazione in Bologna che non è il senatorio, ebbe l’eredità Mattugliani, e la casa da S. Domenico, ove abitavano, era dei Mattugliani, loro pervenuta in causa di Giulia di Rinaldo Mattugliani moglie di Vincenzo di Cristoforo Tanari, sposata li 29 ottobre 1701, e detto Vincenzo era nipote dell’ altro Vincenzo autore dell’ opera l’economia in villa.
Il casino con terreni al Marazzo presso Castel S. Pietro apparteneva ai Crescimbeni.
Avevano pure beni con casino nel Comune di S. Vitale.
Marchese Antonio del marchese Gio. Nicolò, senator V, fu dottor in leggi e avvocato concistoriale nel 1740. Essendo premorto il marchese Luigi, suo fratello maggiore, per mantenere la famiglia abbandonò Roma, dove fu fatto senatore per rinunzia del padre. Nell’ottobre del 1764 sposò Maria Maddalena di Ottavio Bali del Rosso di Firenze, la quale morì in Pisa la notte del venerdì 12 febbraio 1768 per etisia. Nel giugno del 1770 passò a seconde nozze colla N. D. Giustina del N. U. sig. Gio. Francesco Sagredo patrizio Veneto. Il marchese Antonio morì d’idropisia di petto li 23 ottobre 1771 a ore 11 1/2, e fu sepolto nell’ Annunziata. Di Giustina Sagredo lasciò un figlio unico infante detto Sebastiano Antonio, il quale nel 1785 era nel collegio dei Nobili in Bologna, sotto la tutela di Giustina sua madre, la quale per chirografo apostolico la ritenne benchè ritirata nelle monache di Gesù e Maria. La detta Giustina era vedova di Carlantonio Zani.
Marchese Cesare del marchese Gio. Nicolò, senator II, fu marito di Laura Carpegna, una sorèlla della quale fu maritata negli Albergati. Fu fatto senatore nel 1669 per rinunzia del padre, e ambasciatore ordinario di Bologna a Roma dal 1690 al 1700. La moglie era nipote del Cardinal Carpegna, e morì in Roma li 7 febbraio 1697 d’ anni 72. Fu sepolta in Roma in Santa Maria della Vittoria nel tumulo Tanara.
Dal Reggimento, li 2 giugno 1700, con voti 22 di 32 senatori ebbe licenza di ripatriare per le sue istanze replicate dopo molti anni d’ ambasciata presso la Santa Sede. Li 8 ottobre 1701 giunse a Bologna e seco condusse sua figlia Diane moglie del senator Antonio Campeggi, col quale non voleva convivere. Li 20 febbraio fu giudice nella giostra alla quintana. Era fratello del Cardinal Sebastiano. Morì li 15 settembre 1711 d’anni 85. Fu uomo savio e prudente, pieno di qualità distinte, e molto versato nelle cose pubbliche, protettore delle scienze e mecenate generoso di chi applicava alla patria illustrazione, ben dissimile da suoi posteri spiegatissimi non curanti, ed avversi a tutto che la riguarda. Fu sepolto nella chiesa dell’Annunciata nell’arca dei Tanara, essendo di questa famiglia la capella maggiore di detta chiesa.
Marchese Franciotto del marchese Cesare, senator III, fu marito dì Vittoria Malvezzi, dotata di L. 56000. Morì di parto li 12 novembre 1680, e fu sepolta nel Corpus Domini.
Marchese Giovanni Nicolò del conte Alessandro, senator I, marito di Lucrezia Ghisilieri, fu fatto senatore in luogo del conte Francesco Maria Boschetti. Fu conte di Piavola e marchese della Serra. Li 12 giugno 1613 si adottorò. Fu Referendario dell’una e dell’ altra segnatura. Da Gregorio XV fu fatto governatore di Fano, di Fabriano, e presidente di Montalto, e da Urbano VIII governatore di Rimini. Si ammogliò, e rimasto vedovo, si fece sacerdote. Fu tesoriere apostolico in Bologna. Avendo avuto i Tanari la tesoreria per circa 30 anni, ciò moltissimo contribuì ad arrichìrli. Fu eletto ambasciatore per ricevere il Cardinal Barberini Legato. Fu abbreviatore de’ Parco Minori. Ebbe quattro figli, tre maschi e una femmina. Rinunziò il senatorato a Cesare suo primogenito. Fu del collegio dei Giudici, e morì in casa propria.
Marchese Gio. Nicolò del marchese Franciotto, senator IV, fu marito di Teresa di Costanzo Zambeccari, la quale morì li 4 maggio 1764 a ore 3 di notte d’anni 85 dopo più d’un anno d’ apoplessia, e fu sepolta nel Corpus Domini. Egli morì li 19 giugno 1776 a ore 11, alla Cavallina, di risipola cancrenata, in eta d’anni 97.
Nel 1701 andò a Firenze per vedere la promessa sposa Teresa Zambeccari, che era in quella corte dama della gran duchessa. Li 20 gennaio 1702 giunse la sposa, e si maritarono li 22 in S. Damiano. Li 6 gennaio 1707, essendo principe dei Gelati, tenne in casa sua l’accademia. Li 4 novembre 1708 fu mandato con Alessandro Sampieri a Cento dal Senato per trattare col Maresciallo Daun, e li 9 novembre tornò a Bologna coli’ accordo fatto coi Tedeschi. In novembre di detto anno fu di nuovo spedito col suddetto a Forlì al detto Maresciallo per esser indenizzato da saccheggi sofferti dalle truppe, che bloccavano forte Urbano. Li 26 gennaio 1709 fu mandato dal Senato col marchese Monti e Alessandro Sampieri al quartier generale a Faenza a congratularsi col generale Daun dell’ accordo col Papa. Nel 1710 giostrò alla quintana. In novembre del 1711 parti per Roma colla moglie.