I Manzoli anticamente erano detti Mazzoli. Il senatore marchese Bartolomeo, nel suo testamento del 1702, fece un legato alla sua capella in S. Giacomo Maggiore, dedicata a S. Bartolomeo, per festeggiare il giorno di S. Nicolino Mazzoli, che con altri martiri si festeggiavano nella chiesa di Sant’ Afra di Brescia. Credonsi oriundi da Cremona. La loro potenza si desume dall’ aver arrichite le famiglie Armi, Barbazza, e Ranuzzi, e non per questo venir meno la propria. I suoi eredi ab intestato furono Cesare, Agostino, e Ferdinando Marsili Duglioli, e i conti Filippo, e Antonio Marsili. Il marchese senatore Andrea Barbazza disconobbe questa successione, si venne però a transazione.
L’eredità e beni Manzoli, usciti dalla famiglia, passarono alle seguenti famiglie:
Barbazza — Laura di Marchione Manzoli, moglie di Gio. Romeo Barbazza, portò ai Barbazza l’eredità e cognome Manzoli nel 1525.
Ranuzzi — Ginevra di Marchione Manzoli, moglie del conte Francesco Ranuzzi, portò in casa di questa famiglia l’eredità, per cui diconsi Ranuzzi Manzoli. Dopo la morte del conte Francesco Ranuzzi iuniore, morto senza figli, questa eredità fu ripartita fra i Barbazza e i Manzoli discendenti dal conte Ercole figlio spurio del conte Bartolomeo Manzoli, a tenore del testamento di Marchione seniore.
Bentivogli — Isotta, figlia naturale, leggittimata dal conte Gregorio Manzoli, sposò il conte Alessandro Bentivogli, e da questo matrimonio ne nacque Ulisse, che fu adottato nel 1560 dal conte Giorgio suddetto, onde passò l’eredità a questo ramo, detto poi Bentivogli Manzoli.
Sforza-Attendoli — Polissena di Filippo Manzoli fu moglie del conte Iacopo Sforza Attendoli da Cottignola, onde i suoi discendenti ebbero l’eredità e il cognome Manzoli, e formarono in Bologna il casato Sforza-Attendoli Manzoli.
Per ultimo Marsili eredi ab intestato dopo la morte dell’ ultimo Manzoli.
Avevano beni in Anzola, che del 1485 vendettero ai Gandolfi.
Ne possedevano a Basabò nel comune di Barbiano sotto la collina ov’era situato il convento dei capuccini, e dove, nel 1554, il Senato comprò, per scudi 530, parte di questo predio in cima al colle con un casamento per collocarvi i capuccini.
S. Giovanni in Triario era di Ercole figlio adulterino di Bartolomeo Manzoli.
S. Lorenzo in Collina, che del 1495 vendettero ai Gandolfi.
S. Marino in luogo detto Paganello.
S. Martino in Soverzano con Castello.
Nel 1516 furon fatti conti di S. Martino in Soverzano, ma ne furon spogliati nel 1532 da Clemente VII. I Manzoli comprarono la giurisdizione, e il Castello di detto S. Martino, dagli Ariosti, i quali l’avevano comprato dai Caccianemici dell’ Orso.
Mezzolara, Molinazzo, o Molino in Fiesso. che nelle antiche scritture è detto bosco, e molino di Castenaso.
S. Nicolò di Villola. Riccardina con palazzo.
Ebbero un’ eredità da Giuliana Banzi, moglie del marchese Giorgio Manzoli, nel 1667; e una dai Ghelli in causa di Anna moglie del marchese Vincenzo.
Avevano capella in S. Giacomo dedicata a S. Bartolomeo, con sepoltura. Avevano pure capella e sepoltura nel lato destro dell’altar maggiore di Santa Maria della Misericordia, ove volle esser sepolto Marchione di Giorgio Manzoli, e volle pure vi fosse trasportata Paola sua moglie sepolta prima in S. Giacomo, come si rileva dal suo testamento fatto nel 1525. Il cappello cardinalizio di S. Carlo Borromeo si conservava in casa Manzoli, ed era loro pervenuto per l’eredità Ghelli.
Avevano arca nel claustro di Santo Stefano.
Il palazzo Manzoli in Strada S. Donato fu comprato da Cesare Malvasia per L. 50000 nel 1454.
Lodovico di Marchione Manzoli fece atterrare la chiesa di S. Donato e rifabbricarla più addietro per far la piazza davanti al suo palazzo.
Nel 1388 Marchione di Gabriello fabbricò il portico davanti la sua casa. Al tempo che i Manzoli fabbricarono questo palazzo, ritenevasi come uno dei più belli di Bologna.
Furono conti di S. Martino in Soverzano, e fatti marchesi nel 1623. Ebbero la cittadinanza di Camerino nel 1381, ed il senatorato nel 1506.
Marchese Bartolomeo del marchese Giorgio, senator IV, marito di Silvenia Davia, figlia di Pierantonio, con dote di L. 100000. Li 26 aprile 1704 rinunziò il Senatorato al conte Vincenzo suo fratello. Mori li 23 agosto 1704, e fu sepolto privatamente in S. Giacomo. Fu cavaliere di molto spirito, pratico nei pubblici e privati affari, stimato da molti principi, e particolarmente dalla casa Farnese. Fu inviato del Duca di Parma in Ispagna a Filippo IV per rallegrarsi della nascita di Carlo II. Testò li 30 dicembre 1702 istituendo erede l’opera dei Vergognosi, come da rogito di Valerio Felice Zanatti.
Marchese Francesco del marchese Vincenzo, senator VIII. Li 11 ottobre 1706 si battè alla spada col senatore conte Alamanno Isolani. Era terzogenito, e fu l’ultimo della sua famiglia. Morì li 23 dicembre 1751, senza testamento, e lasciò una sola figlia bastarda, di nome Paola, maritata nel dottor medico Sarti a S. Giovanni in Persiceto, la quale morì vedova nel 1774.
Conte Giorgio di Melchiorre, senator II. Fu secondogenito e entrò senatore li 28 febbraio 1628 in luogo di Marchione suo padre. Nel 1550 fu il primo ambasciatore di Bologna residente in Roma. Morì li 16 maggio 1560. Il suo senatorato passò ad Ercole Bandini. Sua moglie ebbe nome Semiramide, poi Isotta, ed era figlia naturale di Giovanni II Bentivogli. Maritò la figlia Isotta, bastarda legittimata, al conte Alessandro Bentivogli, il di cui figlio Ulisse fu da lui adottato, lo lasciò erede e fece sostituzione a favore dei Manzoli.
Marchese Giorgio del marchese Vincenzo, senator VI. Nel 1707 viveva alla corte di Parma, dove era gentiluomo di Camera, cav. dell’ ordine imperiale Costantiniano di San Giorgio. Morì in Piacenza li 26 gennaio 1730.
Marchese Lodovico del marchese Vincenzo, senator VII, marito di Teresa di Francesco Monti. Morì li 15 agosto 1732. Fu secondogenito. Essendo nel collegio di S. Saverio dei Nobili ebbe il canonicato in S. Pietro li 29 aprile 1700, vacato per la morte del conte Alessandro Orsi, ma non ottenne la dispensa dell’ età dal Papa, perchè aveva 22 anni, e doveva ordinarsi intra annum, essendo canonicato sacerdotale. Fu poi conferito a Lelio Sega canonico preposito di S. Petronio. Fu capitano di corazze del Reggimento Montecucoli per l’Imperatore.
Marchione, o Melchiorre di Giorgio, fu fatto senatore da Giulio II. Nel 1511 fu ambasciatore al Papa, e deposto dai Bentivogli. Nel 1512 fu carcerato per ribellione, e pagò 1000 ducati. Nel 1513 fu rimesso nel senatorato da Leone X. Sposò in prime nozze Penelope Bentivogli, in seconde Paola Perondelli Ferrarese, e in terze Giulia Vizzani, dalla quale non ebbe figli. Nel 1522, assieme ai figli, combattè valorosamente contro i Sassatelli e le genti di Annibale II venute a sorprendere Bologna. Morì li 30 novembre 1527. Pochi anni prima della sua morte era stato fatto conte di S. Martino in Soverzano. Il suo senatorato passò a Giorgio suo figlio. Nel 1506 fu uno degli ambasciatori spediti a Giulio II fino a Sant’Arcangelo, e nel 1512 a Roma, dopa l’ultima uscita dei Bentivogli, per chieder perdono a Giulio II, e a ricevere l’assoluzione della scomunica.
Conte Marchione del conte Ercole, senator III, marito di Lavinia Calderini, che rimasta vedova si disse fosse avvelenata dai figli. Entrò senatore li 14 marzo 1583 in luogo di Alessandro Gozzadini. Testò nel 1604.
Marchese Vincenzo del marchese Giorgio, senator V. Prese possesso del senatorato li 26 aprile 1704 per rinunzia del fratello. Nel 1711 s’oppose alla nuova fiera di Bagnarola. Fu marito di Anna Ghezzi.
Manzoli-Attendoli, ossia Sforza Attendoli Manzoli. Iacopo, detto Iacomuzzo Attendoli, figlio di Giovanni Attendolo da Cottignola, e di Elisa Perracini, fu poi sopranominato Muzio Sforza, ossia Sforza il Grande, e fu uno dei famosi condottieri d’ armi Italiane, e stipite di tutta la casa Sforzesca. Egli ebbe una sorella per nome Margarita Attendoli che fu moglie di Michelotto Ravignani da Ravenna, e madre del conte Marco che assunse il cognome Sforza, ed ebbe in moglie Francesca figlia di Michelotto Attendolo da Cottignola suo consanguineo, ed esso pure condottiero d’arme di gran rinomanza. Per ciò che riguarda il conte Leonardo Sforza Attendolo ne parlammo già quando descrivemmo la via degli Albari.
Nel 1419 (orig. 1919, errore non notato dal Breventani. Per l’anno esatto vedi Albari) Alessandro di Iacopo era della parrocchia di S. Nicolò degli Albari.
Avevano Benj, e il palazzo di Belpoggio, dati in dote da Giovanni II Bentivogli a Lucia sua figlia naturale, moglie del conte Alessandro Sforza Attendoli Manzoli. I medesimi erano padroni del detto palazzo anche del 1630 quando vi fu aperto un Lazzaretto. Nel 1681 fu comprato dal senatore marchese Francesco Azzolini.
Ai Casoni avevano palazzo e tenuta. Dopo la morte del conte Francesco, seguita nel 1622, senza figli maschi, passarono questi beni alle sue due figlie. Ultimamente erano posseduti parte dai conti di Bagno, e parte dal Duca d’ Acquasparta. Nel 1583 erano affittati per L. 2850.
A Cottignola vi avevano i beni e giuspatronati rinunziati al conte Alessandro da Francesco II Sforza Duca di Milano. Ne possedevano pure a Scascoli.
Erano conti di Todorano, contea composta del castello di Todorano, e delle ville di Todorano, Bagnolo, Valdiponte, e Cerano, poste nella Romagna. Il castello è situato dieci miglia sopra Forlì, di diretto dominio della Mensa di Ravenna, il di cui Arcivescovo Rinuccio Farnese ne investì con titolo di contea il conte Alessandro figlio di Iacopo Leonardo, li 10 gennaio 1511, coll’ annuo canone di scudi 141 d’oro da pagarsi alla Madonna di Marzo. Toderano è diocesi di Bertinoro. Dopo la morte del conte Francesco, seguita in Todorano li 6 novembre 1622, questo Feudo fu devoluto alla Mensa di Ravenna.
Ebbero la contea di Monzone, composta di Monzone, Riolo, Confiente, Lagari, San Cristiano, Scascoli, Anconella, Camugnano, Carpineta, Vadi e Brigadello. Il conte Filippo Sforza rinunziò detta contea alla Camera di Bologna per un’ annua prestazione di sc. 200 per sè e suoi discendenti.
Il loro palazzo, siccome altra volta fu detto, era nella piazzetta di dietro a S. Nicolò degli Albari che fu poi casa dei Gennari.