Alcuni credono che il cognome provenga dal serpe Magnano che portano sul cimiero; egli è certo però che è famiglia molto antica.
L’annua entrata dei beni liberi Magnani del marchese senator Paolo Scipione Magnani, tanto urbani che rurali, usufruttuati dalla Marchesa Elisabetta Bentivogli di lui vedova, detratta però l’eredità Lupari, ascendeva all’annua rendita di L. 36000 circa, la proprietà dei quali era del marchese Sigismondo Malvezzi.
Avevano palazzo, orto e giardino nella contrada degli Apostoli presso il Naviglio, che del 1765 dava l’annua rendita di L. 150.
Una parte dei beni li avevano a Casalecchio in luogo detto Braiola, e a Castagnolo, ossia Molini Nuovi, entrati in casa Magnani per eredità Gozzadini, passati poi ai Malvezzi; ed a Cento dì Budrio una possessione di semina corbe 54; la Gaiana, tenuta che fu dei Campeggi, presso il Gallo sulla strada di Castel S. Pietro, fu comprata per L. 80000 dal marchese Paolo Scipione, di semina corbe 215; Lavino, ossia le Tombe, con palazzo; la chiesa di Santa Maria delle Tombe fu fabbricata nel 1358 da Tommaso Magnani. Mezzolara con palazzo, possessione venuta in casa Magnani nel 1603 per eredità Lupari. Pegola, già di ragione dei Varani di Ferrara. Pianoro avuto per eredità Lupari. Prunaro, beni provenienti da eredità Gozzadini.
Nel 1535 ebbera un’ eredità Tartagni, e nel 1489 un’ eredità Lodovisi.
Avevano, fino dal 1464, il padronato di Gaibola.
Sepoltura in S. Giacomo.
Era pure di loro proprietà il palazzo da S. Giacomo, fabbricato circa il 1583 dal senator Lorenzo, con disegno di Domenico Tibaldi.
Il palazzo del capitano Vincenzo Magnani era in Strada Maggiore ed aveva due facciate, una in detta strada e l’ altra nella via del Luzzo. Questo ramo fu erede di quello da S. Giacomo.
Avevano casa nel Mercato di Mezzo fino dal 1374, che fu venduta in detto anno ai Bentivogli.
Il palazzo nel Borgo della Paglia nel 1774 era del conte Adriano. Dopo che questo successe a quello di Lorenzo, per morte del marchese Paolo Scipione, vendettero questo stabile ai Felicori.
Ebbero il senatorato nel 1511. Furono conti di Teri, e marchesi di Camagna fatti dal Duca di Mantova nel 1604.
Conte Adriano del conte Cristoforo, senatore VIII, ebbe in moglie una Tubertini. Marchese Enea del capitano Vincenzo, senator III, marito di Orsina Leoni, poi di Laura Riario. Fu dottor in leggi, lettor pubblico, governatore d’ Argenta, Lugo, e S. Severino; ambasciatore residente in Roma, e vice-duca della Mirandofa. Fu il Duca di Mantova che lo fece conte di Teri, marchese di Camagna, e cavaliere del suo ordine. Morì nel 1640, e il suo posto fu dato al marchese Gregorio Spada. La sua prima moglie Leoni morì nel 1615, e fu sepolta in S. Iacopo.
Nel 1600 abitava sotto S. Tommaso di Strada Maggiore.
Fu consigliere e maggiordomo del Duca di Mantova.
Si adottorò li 17 gennaio 1590. Era del collegio dei Giudici, e lesse nella sapienza.
Ebbe l’eredità di Matteo Lupari fratello di Gentile sua madre, con obbligo di assumerne il cognome. Fu fatto senatore li 5 ottobre 1604 in luogo di Lorenzo suo congiunto. Dovendosi, come si è detto, chiamar Lupari, ne fu dispensato dal Papa, col patto però che il primo figlio maschio che da lui fosse nato succedesse nell’eredità o assumesse il cognome Lupari.
Li 16 novembre 1607, essendo nell’anticamera del Legato, venne a parole con Valerio Bolognini cortigiano del Legato, al quale Enea diede uno schiaffo in risposta di una mentita. Per questo fatto si assentò Enea dalla città, ma pochi giorni dopo costituissi prigione nel Torrone per far valere le sue ragioni. Nello stesso giorno si costituì anche il Bolognini, e nel giorno susseguente, interpostosi gentiluomini, parenti e amici, fecero la pace, e il Legato li graziò entrambi.
La cronaca Bianchini racconta questo fatto nel modo seguente:
“Li 9 dicembre 1607 il sig. Enea Magnani e Valerio Bolognini stettero prigioni in segreta, perchè nell’ anticamera del Legato fecero i pugni. Essendo venuto il Magnani a palazzo, e avendo salutato alcuni gentiluomini, niente disse al Bolognini, il quale proruppe in alcune parole, che riferito al Magnani dal suo servitore, tornò indietro. Il Magnani stette fuggitivo alcuni giorni per questa causa. Tutti quelli presso cui fu il Magnani in questo frattempo ebbero a soffrire disturbi. Il signor Lorenzo Ratta pagò 100 scudi e stette prigione. Il signor Ippolito Marsili, che gli die da mangiare, stette prigione e pagò 50 scudi. L’ arciprete Guastamigli, che condusse il signor Enea alla Carità ove aveva un fratello frate, egli pure pagò e stette prigione. Il signor Enea andò alla Carità, e colà vestissi da frate, e pensava uscire per porta S. Felice, ma dubitando essere preso, tornò indietro col compagno, o andò a casa del dottor Valentini, ove furono gli sbirri che cercaronlo e non lo trovarono, benchè vi fosse. Il dottore andò prigione. Il signor Vincenzo Merighi, per essere stato coll’ arciprete alla Carità, dovette costituirsi; insomma per questo fatto furono più di venti persone a Venezia, e il signor Enea, che fu cagione di tutto il rumore, uscì di carcere, dopo esserci stato un mese, senza pagar niente”.
Nel 1608. per le nozze di Cosmo figlio del Gran Duca Ferdinando I, si portò a Firenze con magnifico treno.
Li 17 dicembre 1610 fu eletto per tre mesi ambasciatore, poscia confermato in tal carica per un anno.
Li 28 febbraio 1611 Camilla Leoni sua moglie coi figli e la famiglia parti per Roma.
Li 30 maggio 1613 il Senato l’elesse ambasciatore in Roma in luogo di Silvio Albergati, e partì per Roma li 3 novembre 1613.
Nel 1615 fu padrino del marchese Andrea Barbazza nel torneo fatto li 2 maggio nella sala del Podestà.
Nel 1616 andò nelle scuole a difendere il dottor Orazio Giovagnoni contro gli scuolari.
L’ ultimo di novembre del 1616 stando un paggio di Enea Magnani sulla porta con una torcia ad aspettare il padrone che tornasse dalla commedia, passò il prete Ariosti, e disse al ragazzo: “Tieni su la torcia” nel frattempo vi si imbattè uno dei Bianchi, e gli disse: “Tienla come vuoi ” e mostrò voler battere l’ Ariosti ; in quel punto sopraggiunse Enea Magnani, al quale l’ Ariosti tirò due colpi di pugnale, ma essendo egli armato, e così pronto alla difesa non restò offeso. L’ Ariosti fuggì. Fecero poi la pace, ma il Legato, volle che il Bianchi, che era stato autore della rissa, fosse appiccato.
Nel 1619 in Strada Maggiore, davanti la sua casa, uno degli Argellati fu assalito da quattro individui, fra i quali un fiorentino molto coraggioso, che cacciatosi innanzi, ebbe dall’ Argellati una stoccata in un occhio, e cadde morto; mentre l’ Argellati difendevasi dagli altri tre, Enea, sentito il rumore, uscì con un’alabarda e mise in fuga gli assalitori.
Marchese Enea Carlo Maria del marchese Vincenzo, senator VI, detto Magnani-Lupari. Ebbe in moglie Giulia Albergati vedova del conte Ercole Aldrovandi. Era figlio d’Artemisia Caprara.
Lorenzo di Lodovico, senator II, marito di Elena Fantuzzi, poi d’ Isabella Campeggi. Fu dei dieci aggiunti da Sisto V. Nel 1597 comprò una filza di perle orientali dal conte Filippo Pepoli per L. 10000.
Marchese Paolo Scipione del marchese Enea, senator IV, marito di Fulvia Parati. Fu Ambasciatore residente in Mantova per il Re di Francia. Fece parte del torneo avuto luogo in Bologna nel 1632, detto Amare Dio della vendetta, assieme a Vincenzo suo fratello. Nel 1630 assunto di sanità pel contagio.
Marchese Paolo Scipione del marchese Enea, senator VII, marito di Lisabetta Bentivogli. Ebbe l’eredità Lupari dopo la morte di Vincenzo suo fratello. Sua moglie aveva l’eredità Bentivogli, Paleotti e Coltelli. Fu richissimo e molto stimato. Fu ambasciatore ordinario a Roma dal 1715 al 1724. Nel 1711 accompagnò monsignor Marabottini nella visita delle acque. Li 29 ottobre 1708 fu spedito a Imola per invitare a Bologna D. Alessandro Albani nipote del Papa, e distoglierlo dalle male impressioni che aveva contro Bologna, e vi riuscì.
Li 11 maggio 1702 fu secondo del principe D. Camillo Panfilio quando si battè col conte Emilio Zambeccari.
Li 17 dicembre 1708 partì per Roma, apparentemente pe’ suoi affari, ma con istruzioni segrete per far ricorsi al Papa contro il procedere del Legato cardinale Nicolò Grimaldi.
Li 13 giugno 1709 ripatriò senza che alcuno avesse potuto penetrare l’esito della sua missione.
Nel 1710 fu capo lizza nella giostra al rincontro.
Nel 1711 fu sfidato dal general Marsili, ma senza conseguenze di sorta.
Morì egli li 20 aprile 1753. Il suo erede fu il marchese Sigismondo Malvezzi, e usufruttuaria la moglie Bentivogli, che morì all’ improvviso li 18 aprile 1767 a ore 24, e fu sepolta ai Capuccini.
Conte Verzuso di Antonio, senator I, marito di Lucrezia Tartagni. Nel 1611 fu dei trentuno dei Bentivogli. Nel 1508 fu accusato di congiura, e pagò 500 ducati. Gli fu saccheggiata la casa per essere di fazione bentivolesca.
Marchese Vincenzo del marchese Enea, senator V, marito di Artemisia Caprera poi di Teresa Grassi. Nel 1653 fece un legato ai Gesuiti di Santa Lucia per fare due torcieri di argento alla capella di S. Francesco Saverio. La suddetta Grassi era vedova del conte Guidantonio Barbazza. Questa morì li 26 gennaio 1701, e fu sepolta negli Scalzi.