Crediamo oltremodo interessante questo documento a mo’ di lettera descrivente alcune giostre datesi nel carnevale del secolo XVIII. È a credersi certamente sia stato tolto da un opuscolo di qualche rarità se l’autore se ne procurò la copia che testualmente qui diamo.
Copia di lettera scritta da un Forastiero ad un suo confidente in occasione delle Giostre e Feste fattesi in Bologna, havuta mandata alle stampe, e dedicata al merito sempre grande dell’Illustrissimo Signore Antonio Bolognini Amorini.
Illustrissimo Signore Sig. Padron Colendissimo Va’ molto tempo, ch’ io sospirava qualche favorevole congiuntura per umiliare a V. S. Illustrissima la mia reverentissima servitù. Quando capitatami alla mano la presente Relazione delle Giostre fattasi qui in Bologna questo Carnevale passato, e desiderando di consegnarla alla stampa mi viddi aperto l’adito all’effettuazione del mio desiderio col dedicarla a V. S. Illustrissima. Non isdegni dunque che io adempia le mie giuste brame col presentarle un racconto, in cui V. S. Illustrissima ne tiene la maggior parte della gloria, già che in esso per due volte si vide riportarne l’onore della Vittoria nelle due famose Giostre di Rincontro, nelle quali con ben distinto valore singularizò se medesimo, e ne trasse universale l’applauso. Animato da sì vere rifflessioni non dispero compatimento all’ardire, che mi son preso. Et assicurandomi di ritrovare unita a tanto valore pari la cortesia nel gradimento, m’affido di farmi conoscere qual sono, e desidero d’essere sempre.
Di V. S. Illustrissima
Bologna 2 aprile 1710
Umiliss. Devotiss el obbligatiss. servo N. N.
Carissimo Amico,
In esecuzione della promessa già fattavi, ecco che adempio a miei doveri col darvi un sincero ragguaglio delle. Giostre seguite in Bologna nella fine di questo carnevale, ove accidentalmente mi ero trasferito non essendomi mai imaginato d’ havere ad essere spettatore d’ operazioni veramente regie, e degne da ammirarsi da ogni più, che gran personaggio come sono state quelle, alle quali per mia buona sorte sono rimasto stupido ammiratore, et ho conosciuto in esse la generosa splendidezza, e valore di nobiltà così illustre. Cercherò colla maggior brevità possibile di tediarvi il meno, che potrò, non ostante che la materia di cui devo trattare richiedesse un ben lungo racconto per descrivere a minuto tutto ciò, che fosse necessario per intelligenza di queste belle, e magnifiche operazioni. Scusate voi pertanto la semplicità dello stile, come propria maniera, con cui scrivo ad un amico. Essendo dunque Confaloniere l’ illustrissimo signor marchese e senatore Guido Antonio Barbazza, ed Eccelsi Anziani Consoli gli illustrissimi signori conte Leopoldo Malvezzi dottore, conte Pirro Capacelli Albergati, Fabritio Fontana, Silvio Antonio Marsigli Rossi conte cavaliere dell’ordine reale di S. Michele, Alessandro Maria Favi, Lodovico Antonio Boccadiferro, marchese Giorgio Manzoli, e Camillo Gessi, ansiosi questi per aderire al genio universale di questa città di far palese al mondo la sincera, e debita osservanza verso l’ eminentissimo signor Cardinale Casoni loro degnissimo, e moderato Legato, e per darne qualche contrasegno della stima ben grande d’un tanto Porporato fecero eriggere nella piazza grande un magnifico steccato in forma ovata vago non meno per la struttura, che ammirabile per la grandezza, e per l’apparato, disposto in maniera, che sembrava un ben regolato anfiteatro, mentre veniva formato da vari ordini di palchi, o loggie una sopra l’altra per più comodo, e facilità de’ spettatori. Veniva questo recinto rinserralo dalle due estremità da rastelli, o barriere, che proibivano l’ingresso nel campo alla plebe per evitare le confusioni e rendere più vaga e decorosa una sì nobile attione; nel mezzo al detto teatro eravi la lizza con la tenda per l’abbattimento. Da un ala del sudetto teatro più eminente delle altre vedevasi una ben lunga, e spatiosa loggia sostenuta da quantità di colonne quadre, tutta ornata di damasco cremesi, e nel mezzo di essa sotto un ben disposto padiglione sostenuto, da vari Amorini dorati veniva distinto il luogo per gli Eminentissimi Signori Cardinali Legato, ed Arcivescovo Boncompagno, che ancor egli degnossi d’ honorare di sua grata presenza un tanto nobile divertimento, Illustrissimo e Reverendissimo monsignor Vice-legato, Illustrissimo signor Confaloniere, ed Eccelsi Signori Anziani, e sotto di essi in palco apparato eravi il loco de’ signori destinati per giudicare nel caso delle differenze tra cavalieri giostranti. In giorno dunque di domenica 23 di febraro scorso; Primi d’ ognuno comparvero sul mezzo della piazza alle hor. 20 in circa tutti li volontarii delle milizie a piedi, ed occuparono il campo destinati alla guardia dei rastelli con loro brandistocchi, e tutti vestiti d’abiti proprj, e con divise uniformi, e nel medesimo tempo ancora una compagnia di cavalli disposta in varj siti della piazza teneva occupati i luoghi più gelosi di quella, e rinforzava al di fuori le dette avvenute nel campo. Intanto empiutosi tutti i palchi di innumerabili spettatori, mascare. e nobiltà forestiera concorsavi in gran numero, viddesi la sudetta loggia ripiena di dame, e cavalieri tutti vestiti in gala, e con pompa tale, che veramente facevano conoscere la splendida magnificenza di questa nobile, e generosa città. Preceduto il suono di varie trombe sulla ringhiera del palazzo del pubblico comparvero nel luogo destinato gli Eminentissimi Cardinali Legato, ed Arcivescovo, illustrissimo e reverendissimo Monsignor Erba Vice-legato, illustrissimi signor Confaloniere ed Eccelsi Anziani Consoli accompagnati dal solito corteggio delle loro guardie de’ cavalli leggieri, svizzere, loro corti, e famiglie, e nello stesso tempo si posero ne’ loro siti gl’illustrissimi signori giudici, che erano i signori Girolamo Alamandini, conte Nicolò Vezza Albergati, e cavalier Donato Legnani Ferri, con quattro staffieri per ciascheduno vestiti propriamente, e col notaro destinalo da signori Anziani. Posti dunque tutti questi signori a luoghi si presentarono i signori Mastri di campo, che furono i signori Alessandro Sampieri, e senator marchese Paolo Magnani vestiti ambedue d’abiti ricchissimi, e gioiolati cappelli, sopra bellissimi cavalli preceduti da due trombetti, e duoi corrieri vestiti di panno scarlatto con trine di voluto cremesi, solita divisa del publico, havendo ciascheduno di questi cavalieri sei staffieri proprii con nobili, e vaghe livree. Riveriti da questi signori i signori giudici deputati, chiesero loro la permissione d’ introdurre i cavalieri giostranti nello steccalo secondo l’ordine solito, e questi per debito, e gentilezza presentarono la medesima istanza agli emìnentissimi Cardinali, ed ottenutala si partirono con vago passeggio sul campo passando fuori dello steccato ad incontrare il primo de’ cavalieri che fu il signor senator conte Alamanno Isolani, che comparve sotto nome di Feraspe lo sventurato preceduto dai suoi proprii trombetti a cavallo, e quattro paggi pure a cavallo, due dei quali portavano su le spalle due grande aste dorate, gli altri due uno una mazza dorata, e scudo, e l’altro una nobile valigia solito equipaggio, e precisa pragmatica di questa giostra, seguitavano questi, quattro cavalieri, il primo de’ quali fu il senator Alessandro conte Pepoli, conte Ercole Aldrovandi, conte Cornelio Malvasia, cavalier Paolo Spada tutti accompagnatori, e tutti quattro con ricche bardature sopra spiritosi cavalli, ed abiti così ricchi, che nella diversità dello sfoggio non mi diedero l’animo di distinguere, chi di loro fosse da preferirsi nella generosità della spesa, portando inoltre ciascheduno quattro staffieri a piedi di propria bella, e bene intesa livrea, a questi seguitava il signor senator Ghiseglieri per uno de’ padrini con sei proprii staffieri, a cui seguitava il detto senator Isolani, che vi giuro, a me non dà l’animo di descriverlo con la penna, quale lo viddi cogli occhi, dirovvi solo, che tutto coperto di lucidissima armatura, e sopravesta di veluto color bleu tutto trinato d’oro portava sopra del capo un altissimo cimiero di color bianco e turchino, dal quale pendeva un pomposissimo manto, che lo ricopriva, cadendo sopra del cavallo anch’egli armato tutto, ed ornato, e coperto delle medesime divise del cavaliero che portava in mano nobile, e vaga lancia dorata pendendo dal di lui braccio ricchissima sciarpa del suo colore; veniva inoltre seguitato da otto staffieri proprii con livrea di fondo turchino quasi tutta coperta di larga trina d’ oro, della quale erano pure fregiati i già sopradetti paggi, e trombetti a cavallo, Dopo di lui veniva il signor senatore conte Girolamo Bentivogli, come altro padrino con lo stesso seguito di sei staffieri di propria livrea. Passeggiato che ebbe il campo, ed inchinati i giudici, e suddetti eminentissimi Cardinali, si portò al luogo destinatoli, ed intanto i suoi cavalieri presentarono a detti eminentissimi e magistrati cartelli di drappo con merli d’oro, come parimenti a tutte le dame e cavalieri spettatori, fu poscia da medesimi mastri di campo introdotto il secondo cavaliere, che venne dalla parte opposta del primo, e fu il signor Antonio Amorini, che si vidde comparire con non disuguale corteggio e pompa del primo, e preciso numero di trombetti, paggi, e staffieri, e cavalieri, portando egli sopra l’armatura la sopraveste di veluto color d’oro, ricamata d’argento, come pure dello stesso colore, e richissima fregiatura d’argento era vestita tutta la sua gente di seguito; furono i quattro cavalieri, che l’accompagnarono i signori conte Giovanni Nicolò Tanari, marchese Macherano Romano, marchese Francesco Zambeccari, e marchese Ercole Bevilacqua; suoi padrini furono i signori conte Francesco Ranuzzi, e marchese Antonio Albergati, quali tutti non disuguali a primi nella pompa degli abiti, capelli gioiellati, numero di staffieri, varietà delle livree mostrarono i loro spiriti generosi, onde passeggiato il campo, inchinati, e fatte le medesime rimostranze d’ ossequio del primo, e dispensato i cartelli, nei quali sì faceva passarlo sotto nome d’ Armidoro dal Gange fermossi anch’ egli nel sito a lui determinato. Così alternativamente successe del terzo cavaliere, che dalla parte, d’onde venne il primo fu introdotto nello steccato, ed era il conte Camillo Grassi, che col seguito descritto delli altri, ed equipaggio non dissimile nella magnificenza, e splendidezza comparve colla divisa verde e bianca, e sotto nome di Melindo di Diserta accompagnato dai signori marchese Paris Grassi di lui fratello, cavalier Antonio Godronchi come padrini di esso, e delli quattro cavalieri accompagnatori, che furono i signori marchese e senatore Albergati, conte Giuseppe Malvasia, conte Filippo Legnani Ferri, Alberto Budrioli, che alla forma de gli altri fermossi ad attendere il quarto, che fu il signor Gio. Paolo Odofredi Gandolfi, che sotto nome di Filonicetta il Costante si fece vedere nelle forme praticate dagli altri accompagnato da suoi padrini che furono i signori marchese Filippo Bentivogli iuniore, e conte Filippo Marsigli freggiati nel braccio destro di ricca e nobile sciarpa della di lui divisa, come pure un bastone per ciascuno contornato d’argento di nobile manifattura solito dono praticato sempre in simile giostra da cavalieri giostranti a loro padrini, come fu ancora eseguito dagli altri tre già detti signori; l’accompagnarono i signori conte Girolamo Bolognetti, conte Annibale Renghiera, conte Vincenzo Vittorii, Alberto Gandolfi fratello del giostrante. Dal corteggio degli altri potete arguire non dissimile il trattamento di quest’ultimo, e ciò faccio per brevità, non già che non meritasse un ben distinto racconto. Posso ben dirvi, che si vedea nella piazza dello steccato da più tra cavalieri, trombetti, paggi, e staffieri da duecentocinquanta persone, che con la varietà degli abiti, con la vaghezza delle piume, con gli ori, argenti, e gioie facevano all’ occhio una così ammirabile confusione, che non si sapeva ove ultimare lo sguardo alla distinzione dell’oggetto più ammirabile, e credetemi, che vi parlo senza finzione. Ritrovatisi tutti dunque in campo, dopo le solite circostanze, che per esser forestiere non potei in sì poco tempo ritrarne le precise formalità, come ancora sarò degno di scusa, se non havrò serbato tutta quella puntuale esattezza, che richiedevano tali e tante circostanze; so ben dirvi, che tutti si portarono nei rincontri con valore e legiadria ammirabile, battendosi per ciascheduno quattro volte con l’avversario, cioè Isolani, et Amorini, Grassi, e Gandolfi, e in cosi nobile arringo rimase vincitore il sig. Antonio Amorini, riportando della vittoria il solito premio consistente in due ricche collane d’oro, con loro medaglie, premi stabiliti per sì degna funzione in perpetuo dalle due nobili case Franchini ed Ercolani per mantenere in questa città una sì degna emulazione nel costume singolare di questa attione cavaleresca. Applaudito da tutto il popolo il valore del vincitore si portò egli al luogo destinato per la sera, ove diede sontuosa festa di ballo, e splendido rinfresco a tutta la nobiltà concorsavi in numero immenso, compresovi ancora I’onore con cui fu qualificata dalla presenza degli eminentissimi Legato, et Arcivescovo, Vice-legato, e Gonfaloniere. E così viddi terminata questa funzione, alla quale per quel poco d’ Europa, che ho veduta non ho trovata l’eguale. Io voleva tosto partire la mattina vegnente, credendomi aver veduto tutto ciò, che di più vago mi havessi potuto immaginare, ma trattenuto da varii amici, che mi avvisarono doversi vedere altre funzioni cangiai ben presto pensiero allettato dalla passata contentezza ad essere spettatore d’ altre non minori funzioni.
Il martedì dopo pranzo nel medesimo teatro fui introdotto a vedere una giostra alla quintana da sette cavalieri, trà quali vi erano i quattro della giostra di rincontro, con abiti veramente alla reale, e nuove livree di non minor valore, e vaghezza delle passate, e gli altri tre furono i signori Antonio Maria Ghiseglieri, conte Giovanni Nicolò Tanari, Antonio Malvezzi tutti con loro padrini con seguito. Alla presenza dunque de’ medesimi superiori, dame e cavalieri situati ne’ loro soliti posti si principiò il nobile arringo, nel fine del quale riportò la vittoria il sig. Gandolfi, havendo ottenuto il premio di una ricca guantiera d’ argento di singolare manifattura, premio proposto dalla generosa splendidezza de’ medesimi signori Confaloniere et Anziani. Questi la sera diede sontuoso trattenimento di ballo e rinfresco alla nobiltà, non disuguale alla prima. Stordito da tante nobili apparenze non seppi dipartirmi di qui, se non terminato il carnovale, che in vero, e senza una minima iperbole il simile non ho mai veduto in alcun luogo d’ Italia, e per la nobiltà delle maschere universalmente con gran lindura e ricchezza, feste di ballo si private, come nobili in numero prodigioso, tre drami in musica, commedie private ne’ collegi de’ reverendi Padri Gesuiti, nell’accademia dei nobili al Porto Naviglio, nel collegio Montalto, passeggi di carrozze e carri trionfali, concerti di strumenti con più di settanta sonatori, che più volte si sono veduti per li corsi, e alla presenza de’ signori medesimi. Ma fra tante vaghezze che viddi oltrepassò la mia ammirazione il nobile ingresso al Confalonierato di Giustizia per la prima volta del signor senatore conte Alessandro Pepoli, che in tutte le sue parti rese estatica l’aspettazione d’ognuno, mentre oltre le immense merende date alla famiglia di palazzo, e alla guardia svizzera, particolarmente con più d’ ottanta portate di robbe tutte scelte, e quelle del capitano, che veniva distinta con un bellissimo sturione, e trute, e fagiani, ed altre cose rare, si vidde il maestoso apparato, con cui era addobbato, e ornato il suo gran palazzo, girandosi per più di 40 stanze alla reale, oltre una scuderia di superbi cavalli, con suoi arredi, e bardature ricchissime per l’oro, e l’argento, e manifattura, il tutto riuscì d’ universale ammirazione sì alla nobiltà, che alla cittadinanza, che in gran numero ivi concorse. Terminata la sontuosa funzione d’andare egli a prendere il possesso nel palazzo pubblico conforme il costume. Per seguito de’ divertimenti espose egli unito a signori Anziani Consoli, che erano gì’ illustrissimi signori Pietro Aurelio Piastri dottore, conte Sighizzo Gambalunga, Giuseppe Malvezzi, conte Rizzardo Isolani, marchese Filippo Maria Bentivogli, marchese Paris Maria Grassi, marchese Francesco Zambeccari, e conte Ercole Aldrovandi, due nuovi premii per nuove giostre, quali furono eseguite la domenica e lunedì di carnevale, la prima di rincontro, l’altra della quintana, che seguite nella medesima forma delle precedenti pompose, e belle. Toccò l’onore del premio della prima al signor Antonio Amorini, e l’ultima al signor Ghisiglieri, che rinnovarono ambedue le feste di ballo non mai inferiori delle passate. Non so darvi maggiori notizie di tanti divertimenti, perchè non ho termini sufficienti per esprimere tante vaghezze. E pure bisogna che io passi a maggiori espressioni, se pure averò tanto talento. Posciachè negli ultimi tre giorni del medesimo carnevale dalla magnifica splendidezza di questo eminentissimo Legato fu trattenuta tutta la nobiltà sì cittadina, che forestiera ogni mattina con pubblico e sontuoso rinfresco d’ acque, ciocolate e rare bevande, come con dolci forestieri, e prodigiosa quantità di fiori, ed agrumi, de’ quali ne restorno regalate le dame, e contenta la nobiltà, che v’intervenne, che dopo passava da monsignor Vice-legato che ancor egli fece distinguere la propria generosità in copioso rinfresco, ma di tutto più deve ammirarsi in tanta confusione di allegrezza in una città così popolata, e di genii tanto diversi, la quiete e tranquillità in tempo di tante libere occasioni, ammirandosi in essa una singolare uniformità di pareri nel non abusarsi della gentile condiscendenza d’ un così degno Porporato veramente amato e temuto, unica cagione del totale sollievo di una città per altro abbattuta dalle correnti miserie. Scusate se mi sono dilungato e credetemi più breve di quanto richiedeva l’occasione presente, e salutandovi di tutto cuore resto Di voi amico carissimo.
Bologna li 2 aprile 1710
Vostro affezionatissimo amico N. N.