Se ne ascrive un Azzolino tra i campioni della prima crociata. Furono geremei e concorsero a giurar pace con i lambertazzi. In seguito di questa pace il magistrato de’ sapienti, in cui sedeva Parte Vataliani, ordinò si cancellassero dal libro de’ banditi i lambertazzi che l’ avevan giurata (1). Codesto Parte fu deputato a capitano delle castella del comune, non che a sorvegliare la demolizione della cinta antica ed il riempimento del fossato, per comprendere i borghi nella città.
Pietro Vataliani fu mandato nel 1376 con cavalli e fanti ad espugnare il castello montano di Monzuno, tenuto da un cattano omonimo. Lo attaccò con vigorosi assalti, e con ingegno pari al valore lo costrinse ad arrendersi, e ne rovinò le mura e le case d’ intorno. Iacopo fu nel 1363 il ventesimo ed ultimo anziano di sua famiglia della quale il novissimo ricordato e Paolo, che andò ambasciatore al papa nel 1412 (2).
Le case e torre dei Vataliani, che furono divise nel 1281 tra Pietro del già Jacopo ed i fratelli Bartolommeo e Jacopo del già Guezzo, erano situate secondo che narra l’atto di divisione (3) in via s. Vitale, presso il Broilo e la casa d’ Alberto Asinelli. Il qual Broilo è un vicolo, di cui rimane piccol tratto accanto la chiesa di s. Bartolommeo e passava in via s. Vitale. La casa di questo Alberto Asinelli fu atterrata nel 1288, per isolare le torri Asinelli e Garisendi e farvi presso un piazzale. Per lo stesso motivo fu atterrata anche una casa del suddetto Bartolommeo Vataliani (4). Da tutto ciò risulta che le case e la torre dei Vataliani erano a destra sul principio di via s. Vitale, la quale si prolungava allora di più verso la Garisenda. Ho detto la torre dei Vataliani; ma nell’ atto sopraccitato è indicata in tre modi diversi, cioè torre, parte di torre e piede di torre. Sì che può credersi che nel 1288 non ve ne rimanesse se non un tronco, forse perchè era stata condannata a parziale demolizione.
(1) Ghirardacci, Hist. v. 1, pag. 58, 249, 267.
(2) Ghirardacci, Hist. v. 1, pag. 456; v. 2, pag. 458, 594.
(3) Docum. n. 113.
(4) Ghirardacci, Hist. v. 1, pag. 281.