Derivarono nel secolo XI dai cattani di Sala (1). Diramarono nel XV, in seguito di un atroce misfatto, a Roma, a Ferrara, a Vicenza, non che al Bosco nell’alessandrino, ove nacque Michele che fu Pio V (2). Se vuolsi prestar fede ad un’ antica poesia francese, accolta dai biografi, un Ghisilieri avrebbe emigrato in Francia e ne sarebbe nata la celebre Giovanna d’Arco (3). Il Boccaccio mezzo secolo prima aveva fatto soggetto d’ una sua novella madonna Malgherida de’ Ghisilieri, della quale erasi invaghito maestro Alberto da Bologna « grandissimo medico e di chiara fama quasi a tutto il mondo » ma già vecchio di presso a settant’ anni (4).
I Ghisilieri seguirono la parte guelfa, ressero le patrie magistrature dal secolo XII in poi, sostenendo la senatoria trecent’ anni e noverando centosettantasei anziani. Nel secolo XIII ebbero trenta servi, nel XVII il titolo di conti, poi di marchesi. Assai volte andaron fuori a trattar negozii del comune ed a regger città. Ma Ramberto fu scacciato tumultuariamente dalla podestarìa di Padova nel 1260 e forse offeso nella persona, poichè morì poco dopo. A sua figlia Drusiana furono concesse quindi le rappresaglie in lire tremila contro il comune di Padova, pei danni patiti da Ramberto (5).
Militarono in tutti i tempi i Ghisilieri, quando per il comune, quando per diversi principi. In Palestina nel 1188; per Carlo re di Napoli nel 1248; per la Spagna nelle Fiandre nel 1572; pei Veneziani capitanando una galera contro i Turchi nel 1589. Quattro fratelli militarono nel secolo XVII; tre dei quali, Bonaparte, Cammillo e Teodorico presero parte alla guerra dei trent’ anni negli eserciti imperiali. Cammillo che aveva grado di capitano rimase ferito mortalmente e prigioniero nella grande battaglia vinta dagli Svedesi a Breintenfeld (1642), detta anche di Lipsia. Teodorico, colonnello di cavalleria, morì di ferite tocche a Nordlinghen, nella rotta data dagli Svedesi l’anno 1634. L’ altro fratello Alessandro, colonnello della repubblica veneta, perì in Candia, battagliando con i Turchi (6). Nel secolo presente Girolamo fece la campagna di Russia ufficiale nella grande armata e fu l ‘ ultimo maschio della famiglia. Morì nel 1844.
Non mancarono nè letterati, nè scienziati nei Ghisilieri, ed è notevole che tre subirono trasformazioni. Guido fu de’prischi poeti in lingua volgare ed uno dei quattro celebrati da Dante « qui doctores fuerunt illustres, et vulgarium discretione repleti » (7). Ebbe moglie e figli, e pare finisse frate zoccolante (8). Contemporaneamente Bonaparte acquistò fama insegnando pubblicamente giurisprudenza romana. Poi lessero gius canonico Amadasio, Alessandro e Alberto; gius civile Girolamo e Francesco. Un altro Francesco fu letterato eruditissimo nel secolo XVI, e, dopo aver militato per la repubblica di Venezia, si fece claustrale tra i canonici regolari e andò abate qua e là (9). Antonio tenne cattedra di gius canonico nello studio bolognese, al principio del secolo scorso. Sposò giovanissimo una gentildonna de’ Guidotti e dopo vent’anni ambidue si fécer monaci, benchè avessero figli. Morta la Guidotti, cinque mesi appresso Antonio abbandonò l’ordine dei cluniacensi, divenne prete secolare, poi fu fatto vescovo, e tutto ciò vivendo soltanto 49 anni (10).
Va ricordato anche Filippo, mecenate liberalissimo delle scienze, delle lettere e delle arti, che nel secolo scorso edificò il grandioso palazzo di Colle ameno e vi raccolse una colonia di artieri, una serie di macchine agrarie, un museo archeologico e vi impiantò un’ officina di maioliche ed una tipografia. Peccato che d’ uomini siffatti si sia perduta la stampa.
I Ghisilieri, anch’essi trascinati nel vortice delle fazioni, si azzuffarono nel 1269 con i Toschi, poi con molti altri nella suprema e lunga lotta de’ geremei e de’ lambertazzi. Ebbero inimicizie private per possedimenti sull’imolese con Ugolino de’ Fantoli, lodato da Dante (11), che cessarono per compromesso (12).
Francesco di Lippo Ghisilieri, se fosse vissuto due secoli prima, certo sarebbe stato posto dal poeta nella Tolomea al fondo della ghiaccia, accanto a frate Alberigo. È orrendo a dirsi: i Canetoli, capi di parte di gran seguito, ma soperchiati nel primato della patria da Annibale Bentivogli, non ostante le paci e le parentele meditavano vendetta insieme con i Ghisilieri e invocavan l’ aiuto de’ Visconti per impadronirsi del potere. Onde Francesco Ghisilieri perfidamente induceva Annibale a levargli al fonte battesimale un figliuolo (1455) e, dopo la cerimonia, ad andare, com’ ei diceva, alla festa in sua casa. Giunti insieme colà presso, ove ora è la piazza di s. Gregorio, sbucò fuori Baldassare Canetoli co’ suoi. Annibale mise mano alla spada, ma il Ghisilieri, afferravagli il braccio, dicendogli: Compare, bisogna che tu abbi pazienza, e fu ammazzato.
Susseguì una battaglia per le vie tra le due fazioni e molti furono i morti, tra i quali tre fratelli Marescotti partigiani d’Annibale. Tutta la città fu sossopra: i bentivoglieschi, prevalendo, misero a ruba, a fuoco e fiamma le case de’ Canetoli (13) e de’ Ghisilieri, ne saccheggiarono altre cinquanta appartenenti ai consorti di costoro. Battista Canetoli, fratello dell’ omicida, tratto fuori a sera da una fogna, venne trascinato in piazza e fatto a pezzi. Gli fu divelto il cuore e conficcato nella casa d’Annibale: strappatagli la corata da un Tedesco, che ne fece pasto, e il cadavere gettato sul fuoco fu dato nel mattino seguente in cibo a porci.
Gli anziani, poichè ebbero ottenuto un rinforzo di mille soldati da’ Veneziani ch’erano a s. Giovanni ed a Cento, ripresero le redini del governo e vietarono il passo alle milizie del duca di Milano, venute sul bolognese per spalleggiare Canetoli e Ghisilieri (14). Murate le due porte da dove erano fuggiti i sopraffatti faziosi, quella di borgo s. Giacomo non fu mai schiusa, l’ altra di s. Isaia, venne riaperta nel 1568 sotto il pontificato del Ghisilieri Pio V e perciò detta pia. L’ epigrafe appostavi nè in tutto narra, nè in tutto tace la cagione del muramento (15).
Dopo tre anni Baldassare Canetoli, uccisore del Bentivoglio, veniva preso, messo a ritroso sopra un somaro, legatagliene la coda alle mani e con in testa una mitra d’infamia, era tratto sul luogo del commesso assassinio. Decapitato, appiccato per i piedi con la testa legata ad un braccio, fu lasciato due giorni sulle forche, drizzate nel guasto delle sue case (16).
Francesco Ghisilieri fu preso anch’ egli dopo altri due anni e strangolato sul patibolo, parimente eretto sulla rovina della propria abitazione (17).
Ma, rifuggendo da siffatta barbarie di fazioni, di popolo e di governo, volgiamoci a indagare le torri de’ Ghisilieri. E primamente vediamo che in un atto d’accusa di Francesco di Benvenuto Ghisilieri, fatto nel 1325, per ferite di coltello avute nella faccia da Bartolommeo altresì de’Ghisilieri, è detto che ciò accadde sotto il portico della torre appartenente a Guidottino Ghisilieri (18). Poi l’anno dopo Ottaviano Ghisilieri avendo ucciso davidicamente con una sassata certo Cardino nel 1326, fu multato di mille lire piccole e furongli atterrate le case praeter turres (19). Le quali torri saranno probabilmente di quelle che sto per indicare.
Una era nelle case atterrate per vendicare l’ uccisione di Annibale Bentivogli e n’ è fatta menzione in una carta del 1359 (20). Non potendo la torre essere bruciata, nè facilmente distrutta dal popolo, rimase in piedi in mezzo alle rovine, poi fu ridotta a campanile nel 1532, sormontandola di acconcio edificio. Poichè i frati di s. Giorgio in Alega fabbricarono sul guasto de’ Ghisilieri, sgombrato dalle macerie rimastevi, la chiesa ed il convento de’ santi Gregorio e Siro. Ma i frati non avevano posto mente che quel suolo aveva un padrone, onde Antonio Ghisilieri vescovo d’Azzotto, (il quale ho ricordato tra gli uomini di scienze) mosse lite e la vinse, contentandosi poi di porre il proprio stemma sulla porta della chiesa e questa epigrafe (21):
IN SOLO
A NOBILIBVS DE GHISILERIIS
DONATO CONSTRVCTA.
L’esterno dell’attuale campanile lascia distinguere a colpo d’ occhio la parte che fu torre da quella aggiuntavi più ristretta, per allogarvi le campane. Il tronco antico è alto met. 21,75, esternamente è largo met. 5,49 per 5,34. I muri son grossi met. 1,11 fino ad una risega, e sopra met. 0,77. Vi è una porta antica, di quelle che corrispondevano al secondo piano del contiguo palazzo, per la quale si entra nella torre, e questa porta e le finestre hanno un arco a segmento di circolo come nella torre del podestà. Dalla parte interna i muri sono costrutti grossolanamente con pezzi irregolari di macigno.
Altre due torri de’ Ghisilieri erano una in strada s. Felice, un po’ al di là della via Imperiale al n. 76, l’ altra poco lungi e più indentro, sul vicolo Chiriazza, chiuso ora e dietro alla chiesa dello Spirito Santo. Son esse segnate in un frammento di antica carta topografica ch’ io posseggo, e v’ è notato ch’ esse e le case aderenti passarono dai Ghisilieri ai Romanzi. In fatti un rogito del 1360 attesta che Pietro ed altri de’ Ghisilieri vendettero alcuni edifizii nelle vicinanze di s. Gervasio a Bartolommeo Romanzi, per lire 300, e vi è menzionata una torre a tre solai, con un balcone dal lato anteriore verso la strada s. Gervasio (ora s. Felice) (22). È quella appartenente alla casa n. 76 e ne sono avanzo i muri del pianterreno ridotto a bottega, grossi met. 0,80. Dell’ altra torre non ho trovato alcun resto.
Dicesi sia stata dei Ghisilieri la torre della casa n. 195 in via de’ Stallatici e credesi fabbricata nel 1150 (23). È notata dall’ Alidosi (24) come una delle due appartenenti al suo tempo ai Vittori.
Lo stesso Alidosi (25) addita inoltre « una torre in capo a detta via (de’Stallatici) ch’è in uno stallatico de’ Ghisilieri hora ( 1621 ) d’una donna de’ Muratori ». Fu venduta in fatti da Alessandro Muratori nel 1627, dicendola un torrazzo, situato di dietro l’osteria (ora albergo) di s. Marco (in via Vetturini n. 85) di cui fa parte oggidì. Il troncone sussistente è largo met. 8,40, per met. 7,80 ed ha muri grossi al pianterreno met. 1 al primo piano, e met. 0,90 al secondo.
Sarà una delle cinque torri anzidette quella posseduta nel 1273 da Ubertino del già Ugolino Ghisilieri insieme con altri condomini, ch’ era situata in Porta stiera nella parocchia di s. Fabiano, presso il fratello Ranieri. Della metà della qual torre, nello stesso anno, il suddetto Ubertino comprò tre settimi per 102 lire, 17 soldi e 3 denari, da certi Bonaventura del borgo Galiera e da Jacopo di Bertalìa (26), non che altri tre settimi dai Bongiovanni pel medesimo prezzo (27).
(1) Savioli, Ann. v. 1, pag. 32.
(2) Ghirardacci, Hist. v. 1, tavola dei pontef. rom. Dolfi, cronol., pag. 349. Genealogie.
(3) Vedasi l’Itinerario stor. archeol. da Bolog. alle terme porrett. dell’ avv. Pancaldi, pag. 69 e segg.
(4) Decameron, gior. 1, nov. 10.
(5) Savioli, Ann. v. 5, pag. 123, 127.
(6) Dolfi, Cronolog. pag. 366.
(7) De vulgari eloquentia, lib. 1, cap. 15.
(8) Fantuzzi, Notiz. v. 4, pag. 145.
(9) Fantuzzi, Notiz. v. 4, pag. 144. Savioli, Ann. v. 5, pag. 343. Mazzetti, pag. 147, 148.
(10) Fantuzzi, Notiz. v. 4, pag. 142.
(11) Purgatorio, e. 14, v. 121
(12) Savioli, Ann. v. 5, pag. 434.
(13) Erano in s. Felice tra la via Imperiale e quella de’ Gombruti al di là del vicolo chiuso. Il rovinio delle case fu detto guasto de’ Canetoli.
(14) Histor. misceli, col. 676. Ghirardacci, v. 3 ms. ann. 1455. Vizzani, Hist. della sua patria, pag. 357.
(15)
D. O. M.
PORTAM CIVILIS SEDITIONIS CAVSA
CENTVM ET AMPLIVS ANNO OBSTRVCTAM
PIO V. P. U.
IN SVMMA CIVIVM TRANQVILL.
IO. BAPTISTA DORIA BONON. PRAEF.
PVB. COMMODO ATQ. ORNAMENTO APERIRI
CONSTRVI PIAMQVE NOMINARI
VOLVIT
EX S. C. MDLXVIlI.
(16) Histor. miscell, col. 691. Ghirardacci, Hist. ms. v. 3, ann. 1458. Vizzani, Hist. pag. 377.
(17) Histor. misceli, col. 697. Ghirardacci, Hist. v. 3 ms. ann. 1451. Vizzani, Ilisi. pag. 387.
(18) Toselli, Spoglio dell’ arch. crini, ms., pag. 229.
(19) Toselli, Memor. stor. docum. pag. 148.
(20) « 1359. In capella s. Fabiani iuxta viam publicam, iuxta turrim de Ghisileriis » (Toselli, Spoglio dell’ arch. crim. ms., pag. 229).
(21) Masina, Bolog. perlustr. (ricorr.) tom. 2, p. 1., pag. 303. Carati, palazzi e case, mg.
(22) Guidicini, Cose not. v. 2, pag. 116.
(23) Guidicini, Cose not. v. 5, pag. 253.
(24) Instrut., pag. 193.
(25) Instrut., pag. 193.
(26) Docum. n. 87.
(27) Docum. n. 88.