Il Ciacconio (1), attribuì, con poca verisimiglianza, ai Foscarari quel cardinal Guarino che fu vescovo di Palestrina nel 1144 e si potrebbe meglio attribuir loro il Pietro Rustico di Foscherardo, che nel 1187 vendeva del terreno in Bologna (2). Ma la prima notizia certa di loro è il consolato de’ mercanti tenuto da Egidio o Zilio nel 1218. Un Rolando era del consiglio generale allorchè pel comune fu giurato al sindaco di Modena d’ osservare la tregua « consigliata dal tempo delle messi che approssimavasi » (3) il che pare un rimasuglio dell’ età dell’ oro.
I Foscarari erano allora geremei popolani e tali ancora alla pace del 1279. Provenzale e Foscararo furono citati dal conte della Romagna dinanzi al parlamento di Ravenna (1280) e Petricciuolo vi diede ostaggi (4). Gualmaccio fu inquisito e citato da Federico imperatore (1313), Foscararo venne posto in bando per aver tumultuato con Romeo Pepoli ( 1321 ) e Guidocherio concorse iniquamente all’ uccisione di Passipovero Arrivabene che ascoltava predica in s. Maria di Valverde (1323) (5). I figli e i nipoti del giureconsulto Egidio, banditi nel 1306 per aver favoreggiato gli Estensi, furono assolti nel 1328 e Raffaello fu decapitato per aver tentato di rovesciare il governo democratico (1411) (6).
Illustre giureconsulto del secolo XIII fu Egidio di Guglielmo Foscarari, il primo laico che interpretò jus canonico nelle scuole bolognesi. La cattedra, il foro e le consultazioni gli procacciarono lautissimo patrimonio. A suo consiglio il comune rinvestì della dittatura i frati gaudenti Loderingo e Catalano. Consigliere e fedele di Carlo I re di Sicilia n’ ebbe incarico, con lettera che si conserva (1267), di esigere da’ Fiorentini il restante delle taglie dovute a lui (7). Oratore a’ Veneziani, lagnossi in pieno consiglio dell’ infrazione de’ patti e annunziò che il comune di Bologna era costretto a fortificarsi vicino al mare, chè il comune fin là estendeva allora il dominio (1270) (8).
Pel suo sapere e per la sua autorità Egidio fu preso più volte ad arbitro di liti ed a compositore di civili discordie, ed è segnatamente ricordata la pace, già da me accennata, ch’egli conchiuse solennemente (1285) tra i Pepoli e gli Algardi, i quali da gran tempo si contraccambiavano omicidii ed incendii. Egli molto ancora si adoperò come sapiente dal 1285 al 1287 per tener a freno gli espulsi lambertazzi e per comporli co’ geremei, affinchè potessero poi essere richiamati. Ebbe tre mogli, l’ultima delle quali, Ghisella di Giovanni Pepoli, non contava che quattordici anni quantunque Egidio fosse già vecchio. Morì nel 1289 ed ebbe insolita pompa funebre decretatagli dal consiglio. Il suo cospicuo sepolcro, arcato e piramidato, sussiste tuttora in un canto della piazza di s. Domenico. Uno degli archi, scolpito a pavoni ed a rose, appartiene ai primi tempi del cristianesimo (9).
Contemporaneamente insegnava legge, altresì nelle nostre scuole, Filippo di Provenzale Foscarari e anch’ egli ebbe in moglie una figliuola di Giovanni Pepoli, e trattò anch’ egli i negozii dello stato. Perciò nel 1289 fu de’ sapienti che stabilirono convenzioni con le città della Romagna. Intervenne al parlamento di tutte le città della Flaminia per rannodarle in lega (1294) (10): andò ambasciatore a’ Firentini pel trattato di pace con Azzo d’Este (1298), al papa e a Carlo di Valois figlio del re di Francia, quando come corse il motto andò a Firenze per mettervi pace e lasciolla in guerra (1302). Ebbe incarico con altri di riformare gli statuti del comune e, dopo esser stato ambasciatore in Romagna, fu dei sapienti ai quali venne commesso di decidere sulla domanda fatta di soccorso, contro ai nemici, dai Forlivesi (11).
Un altro Egidio Foscarari fu dei sapienti deputati a fiaccar la baldanza de’ fuorusciti, che nel 1323 ponevano a ruba e a fuoco le terre e le castella del bolognese. Fu ancora di quelli che fecero provvisioni a difesa della parte guelfa (12) e andò ambasciatore al legato pontificio Du Pojet allorchè i Bolognesi temendo di cader nelle mani di Lodovico il Bavaro si gettarono in quelle di Papa Giovanni XXII (1327) (13) e fecero come que’ pesci che per sottrarsi all’ ardente padella vanno d’ un lancio nelle brace.
Quattr’ anni dopo Tommaso andò a presentare allo stesso papa il frutto della scaltrezza d’ esso legato, cioè la sommissione, che diceva perpetua, de’ proprii concittadini (14).
Francesco di Simone in vece, banchiere doviziosissimo, fu uno degli anziani ai quali venne dato il titolo spesse volte sprecato di padri della patria, e la missione di liberar Bo logna dalla tracotanza de’ raspanti (1379). Andò anch’esso al papa, ma per trattar di pace e per mantenere le franchigie repubblicane, (1382) (15) poi fu dei X (1389-1390) di balìa con potestà illimitata, tanto per le cose di pace quanto per quelle di guerra, allorchè il conte di virtù Giangaleazzo Visconti, che mirava a formarsi un regno, aggiravasi attorno a Bologna come falco che ha adocchiata la preda (16).
S’ era a lui contrapposta una lega formata da Carlo VI re di Francia, dai Bolognesi e dai signori di Ferrara, di Padova e di Mantova; l’ ultimo dei quali fu attaccato pel primo da Giangaleazzo con forte esercito, e con armata sul Po; onde implorò aiuto e l’ ebbe da’ Bolognesi, tanto di barbute quanto di galeoni. Era al suo campo, come rappresentante del comune di Bologna, Francesco Foscarari, il quale scrisse poi agli anziani che il signore di Mantova faceva istanza affinchè i galeoni di Bologna rimanessero colà pel terzo mese e l’ ottenne. Nell’ anno seguente Francesco venne a morire ed i suoi funerali furono onorati dai patrizii e dai magistrati (17).
E Bologna, fu preda di Giangaleazzo Visconti, che minacciato da un esercito condotto dal cardinal Coscia, diede a custodir la città ad alcuni cittadini, un de’ quali fu Romeo figlio del sopraddetto Francesco ( 1403) (18). Ma poichè facevane tristo governo Facino Cane capitano di Giangaleazzo, e poichè i Bolognesi mal sopportavanlo, inviarono secretamente al Visconti alcuni cittadini per querelarsi e Romeo Foscarari fu di coloro che sostennero le spese di cotesta missione (1403) (19), la quale dovette costargli il bando. Avvegnachè Giangaleazzo venuto a morte in quel torno e la sua vedova cedendo Bologna al papa, fu convenuto il ritorno de’ fuorusciti, tra i quali era Romeo (20).
Questo ritorno spiacque alla parte scacchese che tentò di muover tumulto e allora un Raffaello Foscarari, il quale s’ atteneva a questa parte, uccise un Filippo Ligo favorito del popolo e fu bandito. L’ anno dopo Romeo Foscarari andò pretore a Faenza, poscia fu dei XII della pace (21), dei XVI riformatori quando Bologna rivendicò la libertà (1416) e a quel tempo riformò il patrio statuto. Ma nel 1421 convenne in casa de’ Canetoli, ove tramossi d’ uccidere i Bentivoglieschi. Andò poco stante a rabberciare col papa i capitoli della sommissione di Bologna e finì coll’ essere dei X di balìa (1435) (22).
Il fratel suo Raffaello, dopo essere stato oratore al duca di Milano e novello signore di Bologna ( 1402), ebbe l’esiglio per aver preso parte a tumulti; nel 1438 contribuì a sottrarre Bologna dalla soggezione papale col favore dei viscontiani capitanati da Niccolò Piccinino e venne eletto degli VIII di balìa e ne fu capo o gonfaloniere di giustizia. Veduto poi che il Piccinino la faceva da padrone anzichè da amico, procurò ad infrenarlo il ritorno d’Annibale Bentivogli militante sotto Micheletto Attendolo (23). Così fu sgabello ad Annibale per salire alla signoria ma n’ebbe un tristo guiderdone, chè due anni dopo venne fatto uccidere da lui sì come narra il contemporaneo scrittore della cronaca miscella (24). « La cagione della sua morte fu ch’ egli usò cattive parole contro Annibale Bentivoglio, dicendo che farebbe tornar a far le torze lui e gli amici suoi. Il detto Raffaello aveva operato per due volte con Niccolò Piccinino che Annibale stesse assai in campo con Niccolò. Onde esso Annibale andò quella mattina con certi suoi amici e famigli e incontrò il detto Raffaello che veniva in piazza. Et erano con lui dodici provvigionati armati, i quali egli pagava con volontà di Niccolò (Piccinino). Annibale disse ai suoi amici e famigli : tagliate a pezzi questo traditore. Alle quali parole fu morto Poi esso Annibale andò da Niccolò Piccinino e dissegli la cagione per cui aveva fatto ammazzare Raffaello. Quello che Niccolò gli rispondesse non so: ma mi parve di comprendere, che chi ha male, suo danno, e non ne fu fatto altro ».
Fra Egidio Foscarari, vescovo di Modena, si segnalò per dottrina nel concilio di Trento, e per beneficare vendette in sino l’ anello vescovile e il pastorale. Egli viveva così modestamente che, recandosi da Modena a Trento « il suo equipaggio era portato da un giumento che seguiva a lenti passi il padrone ed un servo assiso sopra un muletto » (25).
Dei Foscarari due diconsi crociati e alquanti sono ricordati in parecchie guerre o sostenute o favoreggiate dal comune di Bologna dal 1237 al 1511. Qualcun di loro fu dei XVI riformatori, quattro ebbero il grado senatorio e novantasei l’ anzianato dal 1280 al 1711. Ultima Anna di Giuseppe, morta monaca nel 1743 (26).
Una delle antiche case de’ Foscarari, in cui finì la famiglia e ch’ è distinta per una bella porta ogivale col n. 1191, è nella via che trae il nome dalla famiglia stessa, come lo trasse la parocchia di s. Maria detta prima dei Carrari. A destra dell’ ingresso i muri sono di tal grossezza da far credere che vi’ s’innalzasse una torre. La casa segnata del n. 1168, nella medesima strada, appartenne anch’essa ai Foscarari e in un atto del 1458 è detto che aveva annessa una torre (27).
Non so se siano queste o altre le due torri, fra loro vicine, che Misina d’ Egidio Foscarari appigionava per 25 lire annue nel 1377 (28). Erano certamente in que’ dintorni, perchè situate nella parocchia di s. Remedio, la cui chiesa stette ove sorse l’ ospitale della Morte presso la via Foscarari. Ma potrebber essere le due torri in via Marchesana (n. 1996, 1997) tuttavia in parte sussistenti e che credesi abbiano appartenuto nel secolo XV ai Foscarari (29). Dell’ultima delle quali torri il troncone è largo met. 9 ed ha muri grossi met. 0,85.
(1) Vitae pontif. v. 1, pag. 1019.
(2) Guidicini, Cose not. v. 2, pag. 149, che cita un documento.
(3) Savioli, Ann. v. 3, pag. 377; v. 5, pag. 65; v. 6, pag. 94.
(4) Ghirardacci, Hist. v. 1, pag. 252, 254.
(5) Ghirardacci, Hist. v. 1, pag. 567; v. 2, pag. 14, 28.
(6) Ghirardacci, Hist. v. 2, pag. 83, 84, 546.
(7) Savioli, Ann. v. 5, pag. 405.
(8) Savioli, Ann. v. 5, pag. 431.
(9) Sarti, De dar. archig. v. 1, pag. 368. Fantuzzi, Notiz. v. 3, pag. 341. Savioli, Ann. v. 5, pag. 343, 382, 405.
(10) Ghirardacci, Hist. v. 1, pag. 319. Fantuzzi, Noliz. v. 3. pag. 352.
(11) Ghirardacci, Hist. v. I, pag. 362, 439, 441, 460, 463. Fantuzzi, Notiz. v. 3, pag. 352.
(12) Ghirardacci, Hist. v. 2, pag. 73.
(13) Ghirardacci, Hist. v. 2, pag. 76.
(14) Ghirardacci, Hist. v. 2, pag. 434, 435.
(15) Ghirardacci, Hist. v. 2, pag. 363, 394.
(16) Ghirardacci, Hist. v. 2, pag. 421, 434, 435.
(17) Ghirardacci, Hist. v. 2, pag, 501.
(18) Ghirardacci, Hist. v. 2, pag. 543.
(19) Ghirardacci, Hist. v. 2, pag. 544.
(20) Ghirardacci, Hist. v. 2, pag. 545.
(21) Ghirardacci, Hist. v. 2, pag. 546, 562, 589.
(22) Ghirardacci, Hist. v. 2, pag. 604, 608, Sii, 638. Dolfi, Cronolog., pag. 327,
(23) Dolfi, Cronolog., pag. 327.
(24) Histor. miscell. col. 663.
(25) Fantuzzi, Notiz. v. 3, pag. 347.
(26) Guidicini, Aggiunte ms. al Dolfi, nella collez. Gozzadini.
(27) Guidicini, Cose not. v. 2, pag. 152.
(28) Alidosi, Vacchettino ms. 458.
(29) Guidicini, Cose not. v. 3, pag. 130, 131.