Ardizzone, detto Boccaccio, dell’ illustre famiglia de’ Lambertazzi è il capo stipite di quella che si nomò da lui alla metà del secolo XII. La quale si tenne così lontano dalla vita pubblica da non aversi a notare altro che Iacopino, presente all’ arbitrato del podestà di Bologna sulle discordie de’ Firentini e sulle riforme della loro città (1257), e Giovanni di Cambio anziano del 1284 (1). Alla vita privata appartiene il possesso di cinquantadue servi tenuti da Guglielmo e da Iacopino sopraddetto nel 1257, e la compra cui Niccolò fece nel 1268, dai canonici della chiesa bolognese, di giuspadronato e di decime in Argellata (2).
Pare, ed è molto probabile, che nelle devastazioni succedute alla proscrizione della parte lambertazza andassero demolite le case de’ Boccacci e fosse confiscato ciò che ne rimase, avvegnachè un atto del 1275 ci fa conoscere che i muri della casa (si noti l’espressione) di Guglielmo Boccaccio e la sua torre, insieme con altre due torri e case dei Guarini e de’ Lambertazzi, erano state messe all’ incanto per il comune di Bologna, e che un Basacomare, un Pegolotti, un muratore ed altre tre persone, avevano comprato per lire 214 tutti quegli edificii (3).
Cotesti muri e torre dei Boccacci non possono avere appartenuto a loro case situate ove ora è il palazzo del podestà, perchè il comune le aveva comprate settantaquattr’ anni prima da Ardizzone Boccaccio, per 166 lire (4). Questi muri e questa torre confiscati avevano invece fatto parte d’ altri casamenti dei Boccacci, situati altresì sulla piazza maggiore nella parocchia di s. Tecla presso i Lovello, che furono venduti da Arriverio del già Niccolò Boccaccio nel 1293 (5). Ond’ è a supporre che gli fossero stati resi dopo la pace delle fazioni ed il ritorno della parte lambertazza (1279). E qui occorre per la prima volta una strana locuzione, cioè che Arriverio vende casamenta, super quibus consueverunt esse domus sue et quedam turris. La qual locuzione in altri documenti (6) non si riferisce se non che ad un cambiamento di proprietario della torre ancora sussistente; ma qui a tale significato pare contrasti l’ esser la casa e la torre o tutta via, o di nuovo, in proprietà d’ Arriverio e che il periodo sopraddetto continua così: et nunc presentialiter sunt super ipsis hedificia comunis Bononie.
Ma ciò che non lascia dubbio è che questi edificii furono venduti per l’ egregia somma di 1450 lire al sindaco dell’ università de’ notari di Bologna, che ora è di parte geremea (dice l’atto), con la dichiarazione che se in alcun tempo qualcuno de’ Lambertazzi o della parte loro fosse dell’ università sopraddetta, non s’ abbia a intendere fatta in nome suo o per sua utilità questa vendita, nè ch’ egli abbia per ciò acquisito verun diritto. Acconsentirono alla vendita Bolnisia Codemati, vedova d’ Ubertino Lovello e Rustigano suo figlio, rinunciando a’ loro diritti sulla quarta parte indivisa degli edificii. Acconsentirono anche Gilia del già Guiduzzo Lambertazzi, vedova di Niccolò Boccaccio e madre del venditore, non che le figlie di lei Beatrice, Placidia, Imelda ed Agnese. Acconsentì inoltre Giovanna detta Vannuzza de’ Rustigani, moglie del venditore, rinunciando tutte codeste donne a’ loro diritti inerenti.
Per determinare la postura di queste case e torre dei Boccacci, è da por mente come il Ghirardacci dica che l’ università dei notari comprasse casamenti presso la piazza e vi facesse nel 1287 una fabbrica detta il palazzo de’ notari (non però l’ attuale ch’ è del 1340) « successivamente del 1293 comprando da quella parte ch’ è nel prospetto della piazza presso la via Chiavature » (7). Il che, per osservazione del Guidicini (8) « farebbe sospettare che di quei giorni la via Chiavature fosse maggiormente prolungata di quel che è al presente ed occupasse anche parte dell’ attuale suolo della piazza ». Quivi pertanto saranno stati i sopraddetti edificii dei Boccacci, comprati appunto nel 1293 da essa università; anche perchè son menzionati nel libro dei termini del 1294 siccome vicini alle case de’ Lambertazzi, le quali erano sulla piazza tra le vie Orefici e Chiavature, prossime alla chiesa di s. Tecla, ch’ era nell’ area della basilica petroniana.
Un Giovanni Boccaccio era comproprietario nel 1282 della torre dei Boccadiforno.
(1) Savioli, Ami. v. 1, pag. 122, genealog. v. 5, pag. 343.
(2) Savioli, Ann. v. 5, pag. 412
(3) Docum. n. 99.
(4) Alidosi, Instrut., pag. 131. Guidicini, Cose not. v. 2, pag. 397. Registro novo ( neh’ arch. notar.) Ibi. 238 e Registro grosso (nell’ arch. notar.) fol. 100, v. 173, v.
(5) Docum. n. 195.
(6) Docum. n. 162, 198.
(7) Ghirardacci, Hist. v. 1, pag. 306.
(8) Cose notab. v. 4, pag. 185.