Erano di parte ghibellina o come qui dicevasi lambertazza, dalla famiglia bolognese che ne fu antesignana; ma anziché nelle guerre trovansi ricordati nella pace delle fazioni procurata dal legato e nipote del papa Nicolò III. La cerimonia fu solennemente compiuta nel 1279, il 4 d’agosto, sulla piazza di Bologna ornata di drappi e di fiori. Presso il palazzo del comune, in una cattedra coperta di broccato d’oro, sedeva il legato pontificio, con attorno arcivescovi e vescovi vestiti pontificalmente. Il legato, esortati alla pace i cittadini, fece giurarla sul vangelo in nome di tutti a cinquanta de’ primarii d’ ogni fazione, che si abbracciarono. Seguirono feste; ma quanto abbondò la pompa, altrettanto difettò la volontà ferma di concordia (1).Mellone Abati, console de’ mercanti, fu presente a’ patti stipulati nel 1203 tra i comuni di Bologna e di Firenze. Falcone ed Arrighetto andarono ambasciatori a Milano nel 1229, per la riforma della lega(2). Spagnolo di Bencivenne, celebre professor di diritto civile, votò per la proposta de’ geremei nella quistione d’infirmare lo statuto (1272), il che fa credere che anteponesse alla propria parte ciò che parevagli giusto. Emigrò con essa nel 1274 e per essa andò nel 1278 ambasciatore a Nicolò III, per ottenerne la mediazione a ripatriare. Nella susseguente cacciata della fazione lambertazza fu espulso con tutta la famiglia, eccetto il fratello Jacopo, e credesi morisse in esilio nel 1293 (3). Cotesto Jacopo, insieme con Guglielmino Sangiorgio, fu largo di cure amorevoli e di sussidii al re Enzo nella sua prigionia ventiquattrenne e n’ebbe per testamento (1272) un lascito di 2700 lire, comprese le 1700 prestate ad Enzo e alla sua corte. Il regal testatore impose a’ suoi nipoti ed eredi conti di Donoratico di soddisfare a ciò dentro sei mesi dalla sua morte, sotto pena di perdere l’ eredità. Legò ancora a Jacopo e al Sangiorgio i proprii, diritti contro Albertino Spavaldo e suoi beni, e considerando i devoti servigii e la diuturna fedeltà di costoro, i quali non poteva rimunerare con i dovuti benefizii, raccomandavali supplichevolmente ai proprii eredi e a tutti i re e principi, agli amici della sua casa, pregando per essoloro grazie e favori. Affidò ad essi la custodia delle lettere, degl’istromenti, dei privilegii, de’ libri de’ Romanzi e delle altre cose ch’egli aveva in Bologna, a fine di salvarle e consegnarle agli eredi suoi. In pari tempo Enzo assolse Bencivenne degli Abati e suoi figli di tutto ciò che per usura (mutuo) avevan preso da lui, non volendo egli che ciò fosse loro di gravame peccaminoso (4). Nel terz’ ultimo giorno della sua vita dettò un estremo suo atto di volontà ed aveva presso di sè l’ Abati e il Sangiorgio (5).
Ma passati i sei mesi, e non ricevuti i legati, l’ Abati e il Sangiorgio reclamarono l’ eredità di Enzo, onde Ugolino conte di Donoratico venne con loro ad accordi (6).
Gli Abati non entrarono fra gli anziani nè prima del 1352, nè dopo il 1368, nè di loro trovò notizie storiche oltre questo tempo. Una famiglia di questo nome è però sussistente.
Il suddetto Spagnolo professore di diritto, e i suoi fratelli Antonio e Bombologno, possedevano una casa con tre botteghe in Porta Ravegnana presso al monastero di s. Bartolommeo e alla strada (Broilo degli Asinelli), sì che pare sia la casa n. 253 (*). Accanto a quella casa verso via S. Vitale (cioè lungo il Broilo Asinelli) i suddetti fratelli Abati possedevano un’ altra casa con torre, e fecero divisione fra loro di questi edificii nel 1270 (7).
(1) Ghirardacci, Hist. v. 1, pag. 248. Histor. misceli, col. 288. De Griffonibus M. Memor. col. 126. Muratori, Ann. v. 11, pag. 477. Sismondi, Hist. des republ. italiennes, chap. 22.
(2) Ghirard. Hist.T. 1, pag. 248. Savioli, Ann. v. 4, pag. 248.
(3) Sarti, De clar. archigymn. profess. v. 1, pag. 207. Savioli, Ann. v. 5, pag. 464.
(4) Il testamento del re Enzo fu pubblicato dal Savioli (Ann. v. 6, pag. 448). N’ era stata data la versione italiana dal Petracchi nella Vita di Arrigo di Svevia re di Sardegna, volgarmente Enzo chiamato.
(5) Petracchi, Vita di Arrigo, pag. 78, 81.
(6) L’atto di questa composizione è riportato dal Savioli, Ann. v. 6, pag. 456.
(7) Docum. n. 49.
(*) Nel testo originale è riportato n. 1253, ma si tratta evidentemente di errore