Dai Cartigli del Comune di Bologna
Teatro Comunale
Sorge nell’area detta del “Guasto” un tempo occupata dal palazzo, o Domus Magna, dei Bentivoglio, demolito a furor di popolo nel 1507, dopo la cacciata della famiglia dalla città. Il Teatro, iniziato dall’architetto Antonio Galli Bibiena nel 1750, venne inaugurato nel 1763 con il Trionfo di Clelia di C. W. Gluck. Le decorazioni interne vennero rifatte nel 1866 da Luigi Busi e Luigi Samoggia, che dipinse anche l’atrio con Silvio Faccioli. La facciata fu completata nel 1935-37.
Indirizzo:
via Zamboni, 30 (piazza Verdi, 1)
Dalle “Cose Notabili …” di Giuseppe Guidicini.
Teatro Nuovo in oggi detto Comunale, fabbricato su parte del suolo del demolito palazzo Bentivogli.
Questo guasto era largo piedi 194 e lungo piedi 410.
Due rami Bentivogli abitavano in Bologna derivanti da uno stesso ceppo, dei quali si dà qui la loro discendenza tratta dal libro dei Memoriali.
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Toniolo
T. 1374
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Giovanni I Seniore
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Antonio Galeazzo con Francesca Gozzadini
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Annibale I con Donina Visconti
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Giovanni II
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Andrea
Bente
T.1407
Francesco d’ Ivano Bentivogli fu eletto nel 1320 uno dei quattro Sapienti destinati a far lega per la difesa della patria in occasione della venuta in Italia di Filippo e di Carlo di Valois. Questa è la prima circostanza nella quale i Bentivogli cominciano a figurare in Bologna.
Giovanni di Toniolo s’impadronì del governo il lunedì 14 marzo 1401. Egli s’intitolava “Nos Johannes Bentivogli Bononiae Dominus, ac Pacis, et Justitiae conservator”. Queste due notizie son tratte dal cartolario Bolognese, che trovasi nella Biblioteca dell’ Istituto.
Giovanni I, perduta la battaglia di Casalecchio il lunedì 26 giugno 1402, fu dai suoi concittadini orribilmente trucidato sulla piazza li 29 dello stesso mese, giorno in cui Bologna cambiò per ben tre volte il suo padrone.
Annibale I fu figlio di Antonio Galeazzo del suddetto Giovanni, e di Francesca di Gozzadino Gozzadini, sulla leggittimità del quale piacque al Ghirardacci nel suo terzo tomo, che corre manoscritto, spargere dei dubbi, ripetuti dalla cronaca Seccadenari sotto la data delli 17 marzo 1441, in cui annunzia il matrimonio di Lisabetta, figlia legittima di Antonio Bentivogli, con Romeo Pepoli, ed aggiunge che Annibale era bastardo. Queste asserzioni sono però smentite dai documenti risguardanti la tutela di Giovanni II presa li 8 luglio 1445, a rogito di Cristoforo del fu Antonio Fabri, da Donina di Lancillotto Visconti, affine del Duca di Milano, vedova del detto Annibale, e da Francesca di Gozzadino Gozzadini, avola di Giovanni II. In essi vien provata la legittimità di Annibale, prima perchè le tutrici accettano ut proximiores de jure delatam; poi perchè nell’ atto sono più volte nominate mater et avia.
Antonio Galeazzo sposò la Gozzadini in agosto del 1420, e fu bandito per ragione di stato li 20 giugno 1423. Nel bando vi figura per primo il detto Antonio, e Annibale per il secondo, così se fosse stato bastardo non si sarebbe tenuto conto di lui in età sì tenera nel bando stesso, nè vi sarebbe stato nominato di preferenza a tanti altri adulti e di rango rispettabile. La cronaca Bianchetti dice che nel 1438 Annibale aveva 25 anni, e se ciò è non era figlio della Gozzadini, o la Gozzadini era stata sposata prima del 1420. La cronaca Tagliacozzi dice che aveva 30 anni quando fu ucciso; il suo assassinio fu commesso li 24 giugno 1435, e ciò pure non combina col suddetto matrimonio seguito nel 1420, e che pare piuttosto avesse luogo nel 1410, e che quando fu bandito col padre fosse in età d’ anni 13.
I Bentivogli dominanti si trovano sempre della parrocchia di Santa Cecilia, e possedendo più case in Strada S. Donato. Innalzata la famiglia al grado di ricchezza e di potere a cui fu portata da Sante tutore di Giovanni II Bentivogli, stabilì di fabbricare un magnifico palazzo in Strada S. Donato sull’angolo della via dei Castagnoli, dove la famiglia aveva già qualche possedimento, mentre fino dalli 3 agosto 1448 a nome di Giovanni Bentivogli fu comprata metà di una casa venduta dai poveri di Cristo, posta sotto la capella di Santa Cecilia, nell’ androna dei Castagnoli, in confine del compratore da due lati, di Stazio Paleotti e di Simone Manfredi mediante fossato, pagata L. 70, come da Rogito di Lorenzo Pino. Per eseguire la divisata fabbrica furono acquistate, siccome ne riferiscono gli storici, sedici case, fra le quali quelle degli Avogli e dei Lettacori.
1459, 12 settembre. Concessione, o licenza del Cardinal Reatino Legato, a Matteo Avoglio, o dall’ Avoglio, di vendere certe case di Gio. Battista Avoglio, poste sotto la parrocchia di Santa Cecilia, a Sante Bentivoglio, che vuol fabbricare un nuovo palazzo. Le case furono quattro, una delle quali nell’ angolo di Strada S. Donato e dei Castagnoli, altra in confine di Bartolomeo d’ altro Bartolomeo Dugliolo, e le ultime due confinanti colle suddescritte. Rogito Evangelista di Michele da Sassuno.
L’architetto di questo palazzo fu Pagno, o Pago da Firenze, come dal Borselli autore contemporaneo.
Alcuni hanno preteso che I’ architetto fosse Gasparo Nadi Bolognese, ma costui fu muratore, e non architetto, come apparisce dal suo diario del quale ne corrono molte copie.
Comincia questa sua cronaca dal dire:
“Recordo, come a dì due de novembre 1418 nacqui da Filippo di Domenico Nadi Pellacano sotto la capella di S. Vitale ecc”. Si applicò all’arte del muratore li 25 aprile 1436; entrò nella compagnia dei muratori li 7 novembre 1456, della quale fu fatto massaro per la prima volta li 24 settembre 1459. Ebbe un figlio di nome Girolamo accettato nella predetta compagnia nel mese di luglio 1488, e morto li 13 dello stesso mese. La sua cronaca termina nel novembre 1503 essendo morto li 9 gennaio del 1504 d’ anni 86, mesi 2 e giorni 7, e sepolto nella chiesa di S. Vitale con gran pompa dalla compagnia dei muratori. Fu dettagliatissimo nello scrivere tutto quello che lo riguardava, non tacendo le stesse azioni cattive che commise, ricordando le cadute da lui fatte dai ponti, ecc. ecc., ma non dice mai nè di aver studiato l’architettura, nè di aver fatto disegni per fabbriche, circostanze che sicuramente non avrebbe ommesso di narrare nel suo diario.
Il primo febbraio 1460 in giorno di venerdì si cominciò l’ atterramento delle case che dovevano dar posto al palazzo Bentivoglio.
“Li 12 de marzo 1460 recordo (così il Nadi) se comenzò a cavar li fondamenti per fare el ditto palazzo, e a dì 24 aprile se comenzò a murare, e io Guasparo mise la prima preda, e fu in sul cantone sotto el portego verso la casa piccola dei ditti Bentivogli, dopo se fè una crescimonia di trè pile”.
1460, 12 novembre. Fu accordato per Senato consulto a Sante Bentivogli l’esenzione dei dazi dei materiali necessari alla fabbrica del di lui palazzo. Il Ghirardacci dice che nel 1460 Sante cominciò il suo palazzo vicino a quello di Annibale.
Sante prevenuto dalla morte il primo ottobre 1462 non potè vedere compita l’opera da lui cominciata, che fu proseguita ed ampliata da Giovanni II, come raccogliesi dai seguenti acquisti. Giova però il sapere quanto in proposito di questo palazzo vien detto nella transazione segnata li 23 febbraio 1475 fra Giovanni ed Ercole Bentivogli sopra l’ eredità di Sante, così espressa:
Che il palazzo Bentivogli non finito confinava la Strada S. Donato, la via dei Castagnoll, cert’ altra via di dietro, una casa venduta a Sante da Cesare Montianulo, ed altra casa con stalla sotto Santa Cecilia presso il detto palazzo, che confina con strade davanti e di dietro, e anch’essa venduta a Sante dal detto Montianulo.
1479, 27 giugno. Compra Giovanni e Annibale Bentivogli da Battista Bentivogli, ovvero da Floriano e da Aldrovandino Caccialupi (in altro rogito si dice da Aldrovandino Malvezzi e da Lodovico Caccialupi certe case nei Castagnoli per L. 1800) una gran casa nei Castagnoli, in confine di due strada, di altra casa, di Antonio Oraboni, e di un orto. Altra casa annessa alla precitata, in confine di Antonio Pannolini, di due casette antiche ad uso di stalla, e di un guasto presso quello dei Filippini di Granarolo, per L. 1780. Rogito Bonaventura Paleotti.
1479. Giovanni Bentivogli cominciò a fare una fontana facendo venire nel mese di marzo un maestro da Reggio, il quale univa più abeti l’uno all’altro e con un trivello in capo li profondava quanto voleva. Arrivato alla profondità di piedi 162 si ruppe la macchina, e Giovanni non volle che si riprendesse il lavoro.
1480, 12 aprile. Fu concesso a Giovanni Bentivogli di chiudere una strada nella parte posteriore del suo palazzo in Strada S. Donato. Questa è la strada ricordata nella transazione li 23 febbraio 1475.
1487, 30 maggio. Compra il detto Giovanni da Virgilio Lombardi una casa sotto la Maddalena nel Borgo della Paglia, presso altra strada e il compratore di dietro. Più altre due case, mia delle quali confina cogli eredi di Giovanni Guidotti, di Giovanni Beroaldi, e col compratore, per ducati 400 larghi. Rogito Floriano Aldrovandi.
1488, 29 novembre a ore tre di notte. Congiura di Gio. Filippo, di Gio. Girolamo e di Francesco di Battista Malvezzi, che fu causa dell’inimicizia poi fervente fra le due famiglie, e conseguenza della non mai abbastanza compianta rovina di questo magnifico palazzo.
1489, 9 febbraio. Compra Giovanni da Giacomo Cedroni una casa in capella della Maddalena nel Borgo della Paglia, per L. 130. Confina i Guidotti e Tommaso da Milano. Rogito Filippo de’ Zanetti.
1490, 12 gennaio. Compra il suddetto da Giacoma degli Azzoni da Quarto, moglie di Sinibaldo Cattaneo, una casa sotto Santa Cecilia in via Castagnoli, per L. 400. Confina Tiberio ed Ercole Bentivogli, la detta via e Strada S. Donato. Rogito Floriano Aldrovandi.
1492, in settembre. Fu finita l’ incominciata fontana prendendo acqua dal canale del molino fuori di Porta Castiglione, la qual acqua si depositava prima in una cisterna per depurarsi, poi passava a questo palazzo (vedi Fiaccacollo N. 228).
1497, 27 giugno. Compra Giovanni II da Bernardino da Carpi una casa con bottega, per L. 120, posta nel Borgo della Paglia, in luogo detto le Cento Trasiende. Confina la strada da due lati, e il compratore. Rogito Floriano Aldrovandi.
1497, 13 luglio. Compra Giovanni da Giovanni di Giovanni da Reggio una casa sotto la Maddalena in Strada S. Donato, per L. 320.
1497, in luglio e agosto. Giovanni prese per la sua fontana acqua dai condotti delle sorgive di S. Michele in Bosco, e la fece condurre al suo orto in Strada San Donato.
1498. 2 marzo. Il detto Giovanni fece la permuta con Filippo detto dei Bentivogli, e figlio di Giacomo Balduini da Milano suo segretario, nella quale il Balduini cedette una casa nella via dei Castagnoli, in confine di Filippo e dei fratelli Beroaldi di dietro mediante chiavica, di Giovanni Sabattini mediante certa casa che fu di Giacomo Contaglini di Saliceto, e di Gio. Bentivogli. (Vedi Strada S. Donato N. 2597, e via dei Castagnoli NN. 1296 e 1295).
Sul suolo dei predetti stabili fu fabbricato il palazzo Bentivogli, uno dei principali d’ Italia per la sua vastità, per la sua architettura, e per le opere cospicue di Francesco Francia e della sua scuola, che lo adornavano con tanta profusione.
Corre fra le mani di molti la pianta e la facciata di questo palazzo, ed un esemplare è conservato nell’archivio Bentivogli di Ferrara, sottoscritto dal perito Bolognese Domenico Viaggi sotto la data delli 8 febbraio 1756, il quale attesta d’ averlo copiato da quello del senatore Marsili, che fu copiato dal perito Pellegrino Canali dall’originale posseduto dai Beccadelli.
L’originalità attribuita al disegno Beccadelli è però dubbia per molte considerazioni. Presenta questi una regolarità di angoli e di linee nel suo perimetro, che non si accorda con quelli, e con quelle delle strade e degli stabili che contornavano il palazzo Bentivogli; le misure del disegno non combinano con quelle del guasto; Si può dubitare che il portico sulla Strada di S. Donato fosse architravato perchè forse non era dello stile architettonico del 1459, e perchè un disegno presso i Bentivogli (riputato per quello del fianco dalla parte dei Castagnoli) è di tre piani abitabili, e non ha alcuna somiglianza, nè può avere alcun legamento colla facciata di Strada S. Donato come la presenta l’ originale Beccadelli, il quale, per quanto riguarda la pianta, si attiene alla descrizione che hanno fatto gli storici del predetto palazzo, e in quanto alla facciata ha preso per modello la facciata del palazzo degli strazzaroli, perchè si dice che questa fosse un’ imitazione di quella.
Non è a meravigliarsi però se si manca di disegni veridici di un edifizio cominciato nel 1460 e distrutto nel 1507, ma è però imperdonabile che nel 1756 si sia trascuràto di rilevare la pianta del palazzo Bentivogli per tutta quella parte almeno che fu scoperta per innalzare nel guasto il Teatro Nuovo. Da questa potevansi verificare tante cose per l’ alzato, e segnatamente sull’ architettura del portico, della quale, anche per il modo che si esprimono gli storici, si ha gran ragione di dubitare.
Per mancanza di più precisi dati, si darà la descrizione del palazzo medesimo secondo che ci fu trasmessa dai migliori e più accurati nostri autori.
Il palazzo Bentivogli aveva un lato sulla Strada di S. Donato, uno su quella dei Castagnoli, un terzo lungo tutta una via vicinale che cominciava da Strada S. Donato e terminava nel Borgo della Paglia dietro le case dei Paleotti, ed il quarto fronteggiava in parte il Borgo della Paglia, e in parte diversi stabili d’altra ragione corrispondenti al Borgo predetto e alla via dei Castagnoli.
La facciata guardava sulla piazzetta dei Bentivogli in Strada S. Donato. Cominciava essa dal portico costituito da colonne, sormontato da cornice e basamento sul quale poggiavano altrettanti pillastri d’ordine Corinto con ricco cornicione nel cui fregio eranvi distribuite finestre circolari per lume dei granari.
Terminava la facciata una elegante merlatura secondo gli usi di quel tempo. Le finestre sotto il portico erano di figura quadrata, e quelle del piano superiore di stile gotico, la cui luce era divisa da una colonetta, che sosteneva due piccoli archi sotto al principale.
Corrispondeva al quinto arco del portico, a cominciare dalla via Castagnoli, la porta d’ingresso con ornato di marmo, per la quale si passava al primo vestibolo che faceva capo a un cortile quadrilatero contornato da portici. Sopra questo porticato veniva il loggiato del piano nobile i cui archi sul cortile erano doppi di numero degli inferiori.
A capo del primo vestibolo dalla parte dei Castagnoli trovavasi la scala principale del palazzo; e a destra verso i Paleotti si comunicava ad un secondo cortile paralello al primo con loggia da tre lati solamente. Verso la via dei Castagnoli non avea loggiato, e dalle due altre parti di Borgo Paglia e di Strada S. Donato le loggie erano formate di sette archi. Verso la via vicinale in confine Paleotti ed in faccia alla scala primaria trovavasi una seconda scala per servizio dei quartieri superiori verso questa regione.
In seguito del primo cortile, ed in faccia alla porta d’ingresso eravi il secondo vestibolo per cui si passava al terzo cortile con loggiato dalla parte solo della via Castagnoli, sotto del quale stavano le artiglierie, e la porta che introduceva alle tre camere ove si custodivano le armi, le armature, e le munizioni da guerra. In prospetto della porta dell’ armario, e verso le case dei Paleotti trovavasi una loggia mediante la quale si comunicava ad un quarto cortile, che chiameremo rustico, privo affatto di portici.
In prospetto sempre della porta d’ ingresso e nel muro del cortile delle artiglierìe era aperto un arco nel quale eranvi cinque gradini che discendevano al giardino piccolo. Verso la via dei Castagnoli era praticata una loggia di tre archi vagamente dipinta, e presso la medesima, rimpetto al suo arco di mezzo, era costrutta una fonte con vasca che traeva le acque dal canale di Fiaccacollo.
Da questo piccolo giardino fino al Borgo della Paglia, restringevasi la latitudine del palazzo dalla parte della via Castagnoli in causa di alcuni stabili appartenenti a vari proprietari, i quali facilmente sarebbero stati uniti al palazzo Bentivogli, se le circostanze e i tempi avessero permesso di renderlo perfettamente isolato.
Al piccolo giardino succedeva il grande, fra loro divisi da un muro nel quale era aperto l’ arco in faccia sempre alla porta d’ ingresso del palazzo. Il piano del giardino grande, era più alto di quello del piccolo di cinque gradini, si vedeva ornato di verdura e di piante d’alto fusto, e terminava al Borgo della Paglia.
Dalla parte del giardino dei Paleotti tanto il piccolo giardino che il grande avevano per lato le stalle di Annibale capaci di 40 cavalli, e al di là di queste, sempre dalla parte stessa, un gran guasto che serviva per deposito di letami, e di altre immondizie, che si esportavano per la via vicinale in confine dei Paleotti, e che ora porta il nome di via del Guasto. Il pian terreno dalla via dei Castagnoli alla porta d’ ingresso del palazzo era dedicato alla cancelleria, ai falconieri, e alle guardie, e da detta porta al vicolo vicinale era destinato a quartiere del protonotario, in seguito del quale venivano gli appartamenti ove si alloggiavano i forestieri.
Fra il primo e il secondo cortile continuava il quartiere assegnato al protonotario, che è fama avesse costato più di mille ducati in pitture, e fra il primo, ed il terzo cortile vi erano gli appartamenti di Alessandro.
Giovanni II e madonna Ginevra abitavano il secondo piano dalla parte della via dei Castagnoli, dove ammiravasi il famoso salotto in cui il Francia dipinse il torneo dato da Giovanni li 3 ottobre 1470, più le strade che conducevano dalla piazza al palazzo Bentivogli, e i personaggi che operarono ed assistettero a quel magnifico spettacolo cantato in ottava rima da Giovanni degli Arienti.
La gran sala di rappresentanza, fatta in volto, e a compartimenti dorati, guardava sulla piazzetta, e comunicava colla magnifica capella, e cogli appartamenti di Annibale e della sua famiglia.
Le scale erano moltiplicate in più luoghi, le cantine e i granai estesi, le officine copiose, e ben distribuite.
Alcuni han lasciato scritto che il numero delle camere fosse di 240 da letto, ad altri è piaciuto di portarlo a 350.
Dopo il matrimonio di Annibale con Lucrezia d’ Ercole I d’ Este, Duca di Ferrara, seguito li 24 gennaio 1487, fu fatta la piazza seliciata di pietra cotta davanti il palazzo, per cui furono atterrate alcune case, e fra queste quella venduta da Astorio, Giulio e Gaspare dei Ghetti, e dai Piacentini, li 19 febbraio 1487. pagata L. 200.
In questa circostanza si fabbricò il portico di detta piazza, che anche oggidì sussiste, coprendo gli sbocchi delle due strade dei Pellacani e dei Vinazzi. Sotto il portico furon stabilite sette botteghe con abitazioni annesse, una banca da macellaro sull’angolo della via dei Pellacani dalla parte di S. Giacomo, e superiormente le stanze pei soldati di guardia di Giovanni II. Il prospetto fu fatto dipingere dai primari maestri della nostra scuola, che vi espressero la storia di Carlo Magno e dei Paladini.
Sul finire del predetto portico della piazzetta verso la porta di Strada S. Donato eranvi le stalle di Giovanni II, acquistate poi dal confinante Paleotti, le quali nel gennaio del 1581 furon messe ad uso di magazzeno di legnami, poi di deposito del Monte della canepa, finalmente di quartiere del presidio pontificio, poi nuovamente di fondaco di legnami, ora appartenente alla famiglia Aria.
Giovanni volle una torre isolata sulla via dei Castagnoli, e cominciossi lo scavo dei fondamenti li 3 novembre 1489, dove oggidì è il portone dei conti Malvezzi Locatelli, e cioè quasi sulla fossa del secondo recinto della città, ove non trovandosi terreno solido alla profondità di piedi 24 convenne palificare. Pietro Alberti e Bartolomeo da Novellara furono i muratori.
Li 18 gennaio 1490 si cominciò a fondar ghiaia. Li 10 marzo furon poste le prime cinque pietre nel muro a mezzodì, ossia verso Strada S. Donato, da Giovanni e dai quattro suoi figli. I fondamenli eran di grossezza piedi 19. La torre aveva di scarpa piedi 4, e sopra questa piedi 28 da un lato e piedi 32 dall’ altro. La sua altezza superava il campanile di S. Giacomo e tutte le altre torri di Bologna meno l’Asinelli, e quella dei Baciacomari.
Era sormontata da un ballatoio sostenuto da modiglioni e contornato da merli nei quali erano scolpite le armi delle principali famiglie congiunte di sangue ai Bentivogli. Nel mezzo del ballatoio sorgeva una torretta, che fu poi mutata nel 1497 in altra tutta aperta e sostenuta da quattro colonne di macigno. Li 8 agosto 1495 la torre fu finita di murare, li 15 settembre fu compito il coperto, e nell’ottobre si terminò d’ intonacarla e di chiudere i colombai dei ponti. L’ interno, diviso in varie stanze in volto, comunicava col palazzo per via sotterranea, e per un ponte levatoio che si gettava dal quartiere di Giovanni alla torre medesima sopra la strada dei Castagnoli.
Li 12 luglio 1497 fu posta la campana di libbre 4360, gettata da Mauro Pietro di Giacomo dalle Campane, in Strada S. Vitale in una casa degli Eremitani, e che si ruppe li 18 del mese stesso. Per questo accidente si cambiò forma alla torretta, e li 16 settembre 1497 vi si pose una nuova campana di libbre 4600.
Il terremoto, fra le 9 e 10 ore, del 2 gennaio 1505, produsse immensi danni al palazzo, e alla torre dei Bentivogli, non che a quelle di Rinaldo Ariosti in faccia a San Pietro, di Annibale Sassoni in Strada S. Vitale, a quella a capo delle Giupponerie, e a quella in Strada S. Vitale rimpetto a S. Bartolomeo. Caddero le volte dei cinque primi archi del portico di Strada S. Donato dalla parte dei Castagnoli, soffrirono moltissimo danno quelle degli appartamenti, e specialmente della gran sala; la facciata fu messa in isfacelo, cadde il torricino della torre, e la torre stessa si dovette ridurre all’altezza di soli piedi 150, poi li 30 agosto 1508 fu ridotta ad un basso troncone, demolito anch’esso circa il 1786 al piano della strada in occasione che si costruì la facciata del fianco del palazzo Malvezzi nella via dei Castagnoli.
Nel tempo che si ripararono le rovine prodotte dal detto terremoto, passò Ginevra nel monastero del Corpus Domini, dove erano monache Camilla e Ginevra Bentivogli. Annibale abitò il palazzino della Viola da lui fabbricato nel 1497. Alessandro alloggiò nel palazzo di Astorre Rossi, detto poi la Contea, fuori di porta Santo Stefano, ed Ermete con Giovanni II rimasero soli nelle loro abitazioni.
La notte della domenica venendo al lunedì 2 novembre 1506, Giovanni e tutta la sua famiglia dovette abbandonare Bologna, e cedere l’ assoluto dominio al pontefice Giulio II. Alcuni di loro sortirono per porta S. Mamolo, ed altri per quella di S. Donato. Ginevra mori in Busseto li 17 maggio 1507, e Giovanni in Milano li 10 febbraio 1508 d’ anni 63.
Li 22 novembre 1506 il Gonfaloniere Giovanni Antonio Gozzadini e gli Anziani vennero ad abitare nei quartieri di sotto, e il Legato in quelli di sopra del palazzo Bentivogli.
I nemici dei Bentivogli immaginarono di rinnovare il vandalismo dei secoli barbari distruggendo questo palazzo che era l’ ammirazione degli esteri, e uno dei più ricchi ornamenti della nostra patria. Ercole di Galeazzo Marescotti comunicò questo infame progetto a Camillo Gozzadini, che l’approvò, poscia ne fecero parte al Legato Antonio Ferrerio, dal quale avrebbero dovuto aspettarsi tutt’altro fuori che il suo consenso. Perciò li 3 maggio 1507 il Marescotti si portò a cavallo sulla piazza con un fascio di legna, accompagnato da gran numero di seguaci muniti di mannaie e di materie incendiarie, s’ incamminò verso Strada S. Donato, dove incontrato Lucio Malvezzi, fu da questi fervidamente esortato, ma inutilmente, a rinunziare a questa disonorevole ed obbrobriosa impresa.
Dopo un generale saccheggio, Giovanni Pasi per il primo mise fuoco al palazzo, e dove questo non poteva agire, si adoprarono ogni sorta d’ utensili ed ordegni atti a rovinare una robustissima fabbrica. Per tutto il mese di maggio non mancò la folla del popolo ad esercitarsi in questo lavoro spinta dalla cupidigia e dall’ avidità di trar denaro, specialmente dal ferro che in copia levavasi dalle catene e dalle armature, senza previdenza alcuna però, di modo che nelle giornate 19 e 27 del predetto mese perirono molte persone sotto le rovine dei muri e dei volti abbandonati al loro peso e fuori di centro di gravita. Così fu barbaramente ed iniquamente distrutta questa immensa mole ad eterna vergogna ed infamia di coloro che ne furono gli sciagurati artefici, ed al principiar di giugno non rimanevano che pochi muri isolati e pochi avanzi delle loggie terrene.
I materiali ammonticchiati formarono un’ altura detta Guasto dei Bentivogli, nella quale col tempo cresciuta l’ erba serviva ai nobili specialmente per esercitarsi nel maneggio dei cavalli.
Assunto al pontificato Leone X, volle fare ripatriare i Bentivogli, ma voleva che a questa misura non fossero contrarie le famiglie principali di Bologna. Cominciò egli dal pubblicare il breve delli 25 maggio 1513 col quale assolveva dalla scomunica, e restituiva ad Annibale, Antonio Galeazzo, e ad Ermete di Gio. Bentivogli tutti i beni loro confiscati.
Li 6 marzo 1514 con altro breve riservò dalla restituzione i beni che spettarono ai Malvezzi ed ai Marescotti, e ordinò che fossero restituiti alle rispettive famiglie. Molte altre pratiche usò il Papa per riescire nel suo progetto, ma furono tutte inefficaci. La gelosia dei nobili vi si oppose ed ottenne di tener lontana e proscritta la più grande, e la più generosa famiglia bolognese, alla quale molto doveva la patria e per innumerevoli titoli e per gloriose azioni.
Li 23 gennaio 1581 Cornelio Bentivogli spedì da Ferrara un suo segretario detto dei Magnanini a perlustrare questo guasto, e specialmente i sotterranei, ma senza riescita di sorta.
Reso indecente il teatro detto della Sala nel palazzo del Podestà, ed abbruciato quello dei Malvezzi da S. Sigismondo il venerdì di quaresima 19 febbraio 1745, fu pubblicata colle stampe di Clemente Maria Sassi, li 4 maggio 1751,. un progetto del Senatore Filippo Carlo Ghisilieri, per fabbricare un nuovo teatro degno di questa città.
Si proposero a tal uopo dai progettisti le seguenti località:
1. Palazzo Dolfi in S. Mamolo.
2. Le stalle Vittori e Rossi in Strada S. Stefano.
3. Il suolo in Strada Castiglione fra le vie di Miola, e di Fregatette in faccia ai Pasi.
4. In Strada Maggiore fra le vie della Pusterla, e di Borgo Nuovo.
5. Nella stessa strada dov’ è il palazzo Bianchetti.
6. In Strada S. Mamolo le case dette volgarmente dei Palmieri fra i palazzi Legnani, e Marsili Duglioli.
7. In Strada S. Vitale le case dei Riguzzi, e cioè dalle case Ranuzzi Cospi fino alla Seliciata di Strada Maggiore.
8. Nella predetta strada la casa Orsi assieme alla casa Bibiena.
9. In Porta Ravegnana l’ isola dell’eredità di Tarlato Pepoli.
10. In S. Mamolo le case dei Landini e dei Mattasellani.
11. In Strada Sant’ Isaia l’orto dei Conventuali posto fra la Nosadella e la clausura delle suore di S. Mattia.
12. In Strada Maggiore il palazzo degli Orsi nell’angolo di Gerusalemme.
13. Nella piazza dei Calderini la casa già Tibaldi e quella dei Bottrigari.
14. L’isola formata dalle strade di S. Mamolo, della via Urbana, di Val d’ Aposa e Calcaspinazzi.
15. Nella Seliciata di Strada Maggiore dalla parte della pesa del fieno.
16. Il Guasto Bentivoglio, che fu la preferita, quantunque ben lungi dal centro e scomoda ai due terzi della città.
1756, 12 aprile. Compra del Reggimento di Bologna, da D. Guido Bentivogli di Aragona, del suolo detto Guasto dei Bentivogli per costruirvi un nuovo teatro dietro facoltà ottenuta da Benedetto XIV, per L. 17000 provenienti dal legato del fu conte Vincenzo Ercolani per il premio ai giostranti; inoltre la Camera accorda un palco gratis nel detto teatro al venditore. Rogito Cesare Camillo Faloppia cancelliere di detta Camera.
Fu scelto ad architetto Antonio Bibiena, il quale, oltre il disegno, presentò anche il modello, che stette esposto nella residenza dell’ Assuntaria di Munizione per raccogliere il parere del pubblico, e da esibirsi in iscritto nella cassetta degli avvisi secreti esistente nella loggia del pubblico palazzo, all’ingresso delle camere del Gonfaloniere. Li 3 giugno 1756 fu pubblicato l’ invito per tutto li 24 giugno a produrre le eccezioni in iscritto sul modello esposto nella residenza della Monizione. Si volevano molti cambiamenti, contro la qual opinione fu presentato al Legato Serbelloni un memoriale sottoscritto da molti nobili, e cittadini, i quali desideravano che il progetto Bibiena rimanesse intatto. Li 13 settembre 1756 una congregazione senatoria tenuta avanti il Legato deliberò che fosse eseguito il progetto suddetto, salve alcune poche modificazioni. Il conte Cesare Malvasia pubblicò alcuni riflessi sul modello, e rispose al memoriale del Bibiena diretto agli assunti di Camera.
Dopo infinite contrarietà, e dopo varie modificazioni fatte al progetto del Bibiena, si mise mano alla fabbrica li 21 aprile 1756 dal capo mastro muratore Michel Angelo Galletti.
A primi sopraintendenti alla fabbrica furono destinati il senatore Teodoro de’ Buoi, il conte Luigi Muzzarelli. Antonio Lorenzo Sampieri, e Petronio Francesco Rampionesi, a secondi i senatori Ghisilieri, Fantuzzi e Bolognini, i conti Galeazzo Pepoli, marchese Francesco Angelelli, e Vincenzo Corazza.
Li 9 giugno susseguente fu sospeso il lavoro, poi ripigliato li 26 agosto. Li 24 settembre del 1757 fu aperto il portico di 12 archi sulla via di Strada S. Donato. Li 10 aprile 1758 si cominciò la pittura del gran soffitto della platea. Dal 1758 al 1762 fu abbellito di ornati, di meccanismi, del scenario, e di quant’ altro potesse renderlo compito. Li 27 novembre 1762 fu dato conto al Reggimento d’ essersi spese L. 156872, 19, 5, somma oggi appena sufficiente per lo spettacolo autunnale.
Il primo custode fu eletto li 28 giugno 1762 nella persona di Giuseppe Venicelli.
I palchi del primo e second’ ordine furono venduti per L. 1200, 1100, 1000, 900 e 800, e furon 17 non compreso quello a destra della porta della platea dato gratis a Bentivoglio. I prezzi del terz’ ordine erano di L. 1100, 900, 800, 700 e 600, dei quali se ne vendettero 13. Quelli del quarto erano da L. 600, 500 e 400, che nessuno fu comprato.
L’ apertura fu fatta li 14 maggio 1763 coll’ opera “il Trionfo di Clelia” musica di Gluck. L’ ultima recita fu data a benefizio dell’ architetto Bibiena, che produsse nette L. 384.
Manca al teatro la sua facciata e varie camere progettate dal Bibiena per il ridotto.
Dopo alcune aggiunte fatte in diversi tempi per corredarlo di comodi necessari, e dopo aver levato il terriccio addossato ai muri presso il palco-scenico, che lo rendevano inarmonico, si diede mano il lunedì 12 luglio 1819 all’alzamento del coperto sopra il palco-scenico per renderlo capace dei tanti meccanismi usati negli spettacoli d’ oggigiorno pei balli, a pregiudizio della parte più sostanziale che è il canto, a modo che tutto il diletto è consacrato più alla vista, che all’ udito. Si rimodernò la bocca d’ opera e i parapetti dei quattro ordini di palchi. Si ricostrusse e si dipinse la volta della platea, il piano del palco-scenico e l’orchestra; finalmente si volle movibile il piano della platea per montarlo al piano del palco-scenico in occasione di feste di ballo. Tutte queste operazioni furon dirette dall’ architetto Giuseppe Tubertini, il quale seppe rendere il teatro di Bologna uno dei migliori e più magnifici d’ Italia. La riapertura ebbe luogo la sera delli 6 febbraio 1820 con un veglione. (Vedi aggiunte, o appendice).