Dalle “Cose Notabili …” di Giuseppe Guidicini.
Chiesa e Canonica di Santa Maria del Tempio, o Santa Maria dei Templari al qual Ordine apparteneva nel 1263. Nel 1281 si trova Cappella di Santa Maria dei Templari che dopo la sua soppressione passò a quello di Rodi. Il Ghirardacci dice che nel 1314 i beni dei Templari furon consegnati a Frà Leonardo de’ Tiberti sindaco dell’ospitale di San Giov. Gerosolomitano. Il Masini pretende che i nuovi proprietari fabbricassero un ospitale detto di San Giovanni Battista nel principio della via del Torleone ove vennero ad abitare, quando Santa Croce nei Pignattari fu atterrata per la Fabbrica di S. Petronio, aggiunge poi che fatta Commenda la Magione, fu abbandonato l’ospitale, ma conservata la Chiesa, siccome parocchia. Tutti questi avvenimenti non si sa da che sian tratti. Non si sa precisamente quando sia stata fatta cura d’anime, e quando li commendatori ottenessero il diritto di nominare un capellano curato ammovibile, al quale pagavano L. 70 mensili. La parocchia fu soppressa nel 1807 e la Chiesa fu chiusa li 16 agosto 1808.
L’una e l’altra si acquistarono con azioni nel 1798 e 1808 da Luigi Aldini segretario notorio dell’Agenzia dei Beni Nazionali dal 1796 al 1811.
La torre e campanile di questa Chiesa posta sull’ angolo di Malgrado era celebre per esservi stata trasportata nel 1445 alla distanza di piedi 35 dal luogo dove fu fabbricata. Fu fatta demolire nell’aprile del 1825 dal suddetto Luigi Aldini, coll’idea di trovare sotto di essa delle medaglie che esistevano soltanto nella sua immaginazione. Di questo trasporto, primo di tal genere, se ne dà circostanziato dettaglio, trasmessoci da un testimonio oculare, il cronista Gaspare Nadi.
Achille di Gaspare Malvezzi, rettore della Chiesa di S. Giovanni Gerosolomitano, s’invaghì dietro progetto di mastro Aristotile Fioravanti ingegnere bolognese, di trasportare la torre della Masone, che copriva il prospetto della porta di Strada Maggiore alla sua residenza.
Cominciò l’ingegnere dal fare il nuovo fondamento nel luogo dove voleva trasportarla largo piedi 13 e oncie 8 per ogni lato, e profondo piedi 7 e oncie 6, indi fece staccarla dall’ antica sua base, e raccomandarla sopra una solida platea di legname, sotto della quale eran distribuiti fortissimi cilindri di rovere cerchiati di grosse lamine di ferro. La torre fu guernita per l’alto, d’una armatura, e di funi, per mantenerla a perpendicolo, mentre altre funi proporzionate al loro uffizio erano raccomandate agli argani, che agendo le tiravano da una parte, e le allentavano dall’altra.
Disposto cosi il meccanismo, e scavata una fossa a debita profondità per dove doveva percorrere la torre dal suo antico al nuovo posto in distanza di piedi 35 si vidde li 12 agosto 1455 camminare questa mole larga piedi 11 e oncie 2 1/2 per ogni lato, alta piedi 65 e oncie 6 sopra terra, e piedi 13 e oncie 8 di vecchio fondamento, e maestrevolmente condursi per l’indicata fossa mentre suonavano a festa le sovraposte campane. Qualcuno accenna agli otto agosto 1455 siccome il giorno in cui fu fatto il trasporto di detta torre. Sopravenne un furioso temporale, che quassò la fossa, danneggiò le macchine, e riaperse certi pertugi di sorgenti, che eran stati diligentemente turati.
Arrivata la torre rimpetto la porta della Chiesa si schiacciarono due cilindri, che piegarono la torre per circa tre piedi verso settentrione. L’architetto Fioravanti non si scoraggi per questo che anzi provide a tutto tranquillamente, e con sommo plauso dei numerosi circostanti, collocandola perpendicolare al suo posto. Gaspare Nadi da cui abbiamo questi dettagli servì in questo lavoro come capo mastro muratore. Il commendatore Achille Malvezzi regalò al Fioravanti L. 100, e il cardinale Bissarione testimonio a questa straordinaria operazione gli donò Lire 50.
L’ingegnere passò subito a Cento dove il 4 susseguente settembre drizzò la torre di S. Biagio che pendeva pertiche 5 e oncie 6, ed ebbe L. 80 di provvisione.
Il vero nome di questo celebre architetto fu Ridolfo, come consta da un atto del 25 febbraio 1442 col quale Battista di Gio. da Lignano legittimò Bartolomeo naturale di Ridolfo alias detto Fioravante muratore e cosi li 14 dicembre 1450 vien pure chiamato Ridolfo Fioravanti nella convenzione passata fra lui, e il Senato per fare il nuovo portico dei Merzari, fabbrica che si eseguì poi nel luglio 1483.
Nel 1452 Aristotile Fioravanti era stipendiato del Comune come Ingegnere.
Nel 1457 furon pagate L. 450 ad Aristotile per avere drizzato un pezzo di muro tra Galiera, e le Lamme.
In una nota della Guida della Città di Mosca stampata da Augusto Semen nel 1824 è nominato Alberti Aristotile, alias Ridolfo Fioravanti. Assicurato cosi che il nome fosse Ridolfo si è perfettamente all’oscuro del suo cognome. Può cader dubbio che abbia appartenuto alla famiglia Aristoteli, o alla Fioravanti amendue bolognesi, ma l’Aristotile si trova ben tardi, e il Fioravanti è sempre accompagnato dall’alias che indica sopranome. Forse altre scoperte meteranno in chiaro la vera fonte del suo casato.
Li 14 dicembre 1464 per decreto del Luogotenente generale fu nominato architetto pubblico col salario di L. 15 mensili, del qual impiego fu privato li 31 maggio 1473, per esser stato carcerato in Roma come falsificatore di moneta. Sembra però che sortisse vittorioso da tale imputazione, ma che disgustato passasse subito in Ungheria dove fu accolto dal Re, e decorato di medaglia a memoria de’ lavori straordinari da lui, con sommo sapere, condotti a termine. Dalla suindicata guida di Mosca si raccoglie che Joan Vassilièvitch tsar di Moscovia chiamò Aristotile nella sua Capitale dove nel 1475 cominciò la fabbrica della Cattedrale, che fu consacrata il 12 agosto 1479. Questo suo lavoro si dà come molto rassomigliante alle costruzioni dei Sassoni, e dei Normandi, e che gli fosse prescritto di imitare lo stile Bizantino per cui questo Tempio è quasi quadrato come quello di Novogorod a riserva che il suo interno elevato sopra quattro enormi pillastroni dà all’opera di Aristotile un’aria di maestà sconosciuta fino allora alla Russia.
I Riformatori li 26 ottobre 1479 scrissero al Gran Duca di Russia chiedendo il ritorno del Fioravanti. Si trova che nel 1482 Aristotile insegnò ai Russi di fondere i cannoni adoprati all’assedio di Felino.
Sappiamo che mastro Aristotile servì Braccio da Montone, e che fu largamente compensato per aver diretto le acque del Velino mediante una torre con regolatore a modo che cadendo esse nel fiume Nera non danneggiavano il territorio di Terni: È probabile che questa impresa fosse fatta prima della disavventura arrivata in Roma al Fioravanti nel 1473.
Che egli ripatriasse è cosa dubbia; alcuni attribuiscono a lui la facciata del palazzo del Podestà verso S. Petronio, e fra questi il Negri, il quale racconta che nel 1485 fu fatto un gran salone per le commedie sopra il portico dei Merciari con disegno di Bramante, altri invece di Ridolfo Fioravante.
Oltre il Nadi operatore nel trasporto, vi è un altro scrittore contemporaneo che ripete i fatti da lui riportati ed altri autori poco lontani dal 1455 concordano del tutto con esso lui; per le quali cose non era a credersi che alcuno avesse mai l’ardimento d’impugnarlo, pure un Aldini l’osò che deluso dalla lusinga di trovare un tesoro, obbligato dai Magistrati a mettere una lapide nel luogo della demolita torre, reso il bersaglio del giusto risentimento dei nazionali e degli esteri che non gli risparmiavano rimproveri anche per mezzo della stampa, si dichiarò assoluto oppositore del fatto, e la sua impudenza arrivò tant’oltre, che ottenne dalla debolezza del Magistrato, fosse mandata una deputazione d’uomini dell’arte che andassero sul luogo a verificare se il sole risplendeva. I tre architetti Tubertini, Santini e Gasparini fecero la visita sul finir del settembre 1825, e cioè osservarono se la costruzione del fondamento era della data dei muri della torre. Tubertini esitò nel dare il suo voto, Santini giudicò che amendue eran di una stessa epoca, e Gasperini asserì che eran di due date diverse. In questa disparità di opinioni, per convincere i prevenuti a favore del distruttore, dovevasi scavare la fossa fino al luogo dove giaceva la torre avanti il suo trasporto, e verificare se si incontravano le traccie degli antichi fondamenti, ma ciò non fu fatto, e forse nessuno fece osservare al Santini, che 370 anni d’esistenza d’un fabbricato sotterra potevano ingannarlo nel suo giudizio. Tubertini si associò poi al Gasparini, ma la lapide non per questo fu posta in luogo, e bisognava che Luigi Aldini andasse all’altro mondo, perchè fosse murata la memoria, che con molta sorpresa è alquanto ligia alla niuna buona fede del defunto.
Atterrata la torre, la Chiesa ed annessa canonica cedute entrambe al dotto filosofo Giovanni Aldini, ridusse questi l’ una e l’ altra ad abitazione. E qui in proposito della Chiesa convien ricordare che il nuovo Masini pretende gli fosse cambiata direzione ai tempi d’Achille Malvezzi, e cioè che esistesse nella direzione di mezzodì a settentrione, e rifabbricata da ponente a levante come lo era ai nostri tempi.
Dalla pianta topografica disegnata da Gregorio Monari (1743)
L’indicazione nel 1743 è Chiesa di S.Maria del Tempio detta La Magione, comenda dei Cavalieri di Malta.
Dalla “Miscellanea” di Giuseppe Guidicini: RISTRETTO DELLA STORIA DELLE CHIESE DI BOLOGNA E DI ALTRI STABILI (Notizie – per la parte antica – prevalentemente attinte da Bologna Perlustrata, di Antonio di Paolo Masini, Bologna, 1666, volume I
Santa Maria dal Tempio, detta della Magione.
Chiesa posta in Strada Maggiore, e che fu già residenza dei Templari soppressi nel 1307 da Clemente V.
Nel 1315 era un ospedale detto di S. Gio. Battista. La chiesa vecchia aveva vestigia nell’angolo del Torleone dove rimaneva un portico, non che a sinistra delle suore di Santa Catterina dov’era la casa con torre dell’antica famiglia Leoni.
Nel 1390 fu data ai cavalieri di Malta instituiti nel 1106.
Col decreto del 24 maggio 1805 venne questa chiesa incorporata a S. Tommaso di Strada Maggiore, che poi fu confirmato dall’ Arcivevcovo.
Il 16 agosto 1808 fu chiusa, e i mobili e campane trasportati nei magazzini del Demanio.
Sotto la Masone vi era il collegio Comelli. La nomina dei collegiali apparteneva alle suore di S. Bernardino e Marta, e a D. Cesare Taruffi.
Soppresse le suore, il diritto di nomina passò alla Centrale.
Il 4 luglio 1798 la nomina fu fatta per metà dalla Centrale e per metà dal Taruffi. L’abito dei collegiali era toga nera con fascia cadente a’ piedi della quale vi era l’arma Comelli, ossia del fondatore. Fu in seguito ordinato che vestissero l’abito verde nazionale con nastro rosso. Fu poi commutato in abito nero corto, ma con coccarda nazionale al capello.
Dalla Graticola di Bologna di Pietro Lamo (XVI secolo)
E dentro alla porta a mano destra poco lontano è una chiesa nominata la Masone, ove fu da un tale Maestro Aristotile da Bologna architetto mossa da un canto di detta chiesa all’altro la torre, e portata come oggidì si vede, col suo bell’ingegno.