Dai Cartigli del Comune di Bologna
Basilica di San Francesco
Tra i più precoci esemplari di architettura gotica in Italia, fu compiuta nel 1263, restaurata nella seconda metà del XIX secolo e dopo i gravi danni bellici del 1943. La facciata è di forme romanico-gotiche (1250). Del XV secolo rimane la cappella di San Bernardino e, di Antonio di Vincenzo, quella Muzzarelli e il campanile maggiore, con affresco di Pietro di Giovanni Lianori. Nell’interno, sull’altar maggiore, ancona di Jacobello e Pier Paolo Dalle Masegne (1388-93); sepolcro di papa Alessandro V di Nicolò Lamberti (1424) e Sperandino (1482).
Indirizzo:
piazza San Francesco
Dai Cartigli del Comune di Bologna
Convento di San Francesco
Comprende il trecentesco chiostro “dei morti”, l’ex refettorio con affreschi trecenteschi di Francesco da Rimini e tracce della sala capitolare.
Indirizzo:
piazza Malpighi, 9
Dai Cartigli del Comune di Bologna
Ex convento di San Francesco
Dell’edificio, restaurato nel 1926, rimangono varie parti e un chiostro del 1460. Il portico esterno, compiuto nel 1646, conserva lunette raffiguranti Episodi della vita di Sant’Antonio da Padova di A. Tiarini, A. M. Colonna, G. M. Tamburini, P. Desani, F. Gessi, E. Ruggeri e di altri pittori seicenteschi. Al centro della piazza è la colonna dell’Immacolata progettata da F. Dotti, con statue in rame di Giovanni Tedeschi (1638), forse su disegno del Reni.
Indirizzo:
piazza Malpighi, 11-19
Dalle “Cose Notabili …” di Giuseppe Guidicini.
Convento dei frati minori conventuali di S. Francesco.
Il Masini dice che il B. Bernardo di Quintavalle il primo dei francescani venuto a Bologna nel 1219 ottenne un luogo nelle Pugliole coll’ assistenza del iureconsulto Nicolò Pepoli, dove edificò una piccola chiesa che si disse S. Maria della Pugliola.
Nell’ archivio avvi memoria, che mandato da S. Francesco a Bologna il B. Bernardo gli fosse assegnato prima un poco di terreno dai Lambertini per fabbricarvi una chiesuola che ora è nel claustro del convento di S. Francesco sotto il titolo di S. Iacopo, credesi che S. Francesco la dedicasse a S. Ignazio martire.
Prima del 1237 vi era in questa situazione la chiesa dell’ Annunziata di Porta Stiera e diverse ortaglie o campi detti Pugliole di porta Stiera.
Quando i frati minori vennero a Bologna andarono ad abltare a S. Maria della Pugliola e colà vi dimorò S. Francesco e S. Antonio, ma non è vero che abbandonassero quel luogo avanti la morte di quel Santo, ma bensì dodici anni dopo, e cioè nel 1237 per passare all’ Annunziata di porta Stiera, chiesa poi detta S. Francesco.
L’ Alberti dice, che nel 1221 vennero a Bologna alcuni frati molto rozzamente vestiti di panno grigio cinti da una nodosa fune e con i piedi scalzi, dicendo essi esser mandati da frate Francesco d’ Assisi, che attiravano molto popolo per vederli tanto rigidamente vestiti. Aggiunge che immediatamente gli fu consegnata l’Annunziata dalle Pugliole di porta Stieri. e che cominciarono la fabbrica della nuova chiesa. Il Ghirardacci commette lo stesso errore di data come si vedrà dal qui sotto Breve di Gregorio.
Il convento e la chiesa furon fabbricate in gran parte a spese del pubblico.
Gregorio IX con Breve delli 28 maggio 1237 dato da Terni loda il Podestà, e il Comune di Bologna per aver dato ai padri di S. Francesco il luogo da questi desiderato, per farvi la fabbrica del convento, e della chiesa di S. Francesco. Li 2 Giugno susseguente lo stesso Pontefice con altro Breve ordina da Terni all’ arciprete della Cattedrale di Bologna di applicare i beni tratti dalle usure comesse dagli ebrei fatte nella Città e Diocesi di Bologna a pro della fabbrica di detta chiesa e convento.
Il primo aprile 1247 in data di Lione, Innocenzo IV ordinò alla Badessa e Monache del Monastero di S. Francesco di Bologna dell’ordine di S. Damiano di dover stare sotto l’ obbedienza e governo del generale dei padri minori di S. Francesco, concedendo loro gli stessi privilegi attribuiti ai detti padri.
Nel 1250 li 20 aprile lo stesso Pontefice con bolla da Lione ordinò agli Arcivescovi e Vescovi della Lombardia, Marca, Trevisana, e Romagna di non lasciar fondare nessun Monastero nelle loro città sotto il nome d’ ordine di S. Damiano senza il beneplacito dei provinciali dei PP. minori.
Li 15 maggio 1256 Alessandro IV concesse ai frati minori di poter sepellire nella loro chiesa salve però le ragioni parrocchiali.
Li 24 susseguente giugno, lo stesso Papa ordinò da Anagni agli Eremitani di S. Agostino di andare fuori colle cuculle e in certa forma prescritta ad effetto di distinguerli dai frati minori di S. Francesco.
Nel 1258 li 7 luglio lo stesso Pontefice ordinò ai Vescovi di far venerare S. Francesco, e le sue Stimate, e di scomunicare quelli che maltrattassero le immagini di detto Santo, e predicassero contro le dette Stimate.
Dall’ archivio dei frati di S. Francesco e da un atto nel libro dei memoriali sotto il 1373 si rileva. Che Giovanni da Oleggio Governatore di Bologna nel suo testamento lasciò alla moglie Antonia Benzoni da Crema una somma per impiegarla in un opera pia, e che Ventura Benzoni di lei procuratore nel 1373 comprò terreni fuori di porta S.Stefano a Fossa Cavallina (ove sono le prime case passate il detto torrente) per fare un Ospitale dedicato a S. Giovanni Battista, secondo l’intenzione di detto Oleggio e il governo fu dato ai padri di S.Francesco; si crede che Sisto IV applicasse i beni di questo ospitale all‘infermeria dei detti padri.
Si attribuisce a Marco Bresciano l’ architettura della chiesa di S. Francesco, alla quale si deve aver posto mano nel 1237. Continuava il lavoro nel 1253 quando in quell’ anno caddero alcune volte per le quali diversi muratori furon morti, ed altri feriti, fra quali lo stesso architetto. Accorse il Comune con larghi sussidi, e presto si riparò alla ruina.
La navata di mezzo è larga piedi 34. 11. Le laterali piedi 17 once 9 e mezza ciascuna. La chiesa senza il coro è lunga piedi 163. 06 a cui aggiunto il coro di piedi 38 e la piccola navata di dietro al coro di piedi 17 once 9 e mezza, sono piedi 219 once 3 e mezza senza la capella in seguito della detta piccola navata.
La navata principale è alta piedi 68 once 10 e le laterali piedi 32, la chiesa aveva 28 cappelle.
Li 27 marzo 1334 il Capitano e Consoli di Bologna confirmarono l’ ordine che i padri di S. Francesco dovessero avere l’altar grande con tutte le sue pertinenze dove si celebrava la messa comunemente del Legato, come pure le pietre di marmo dove si poneva l’acqua della purificazione presso detto altare, e più l’ immagine di Maria Vergine di detta cappella, l’Angelo dell’ Annunziazione con la colomba che era nell’ ingresso di detta cappella e finalmente potessero portar dette robbe alla chiesa di S. Francesco. Rogito Giovanni di Giacomo di Simone.
L’ altar maggiore e il coro era secondo l’ uso antico alla metà circa della navata di mezzo.
Nel 1388 Giacobello, e Pier Paolo d’ Antonio Dalle Masegne Veneziani assunsero di intagliar in marmo l‘ altare per ducati 2150 d’ oro come da rogito di Nicolò Dalla Foglia, che per sentenza di giudici compromissari, del 29 settembre 1392 fu ridotta a ducati d’ oro 1860.
Dai libri del convento risulta che i Dalle Masegne scultori veneti avevano avuto:
1388 2 Dicembre . . . . . ducati 250
1390 12 Agosto. . . . . . » 1390
1391 8 Luglio . . . . . . » 120
—————————————————
ducati 1760
Restarono a pagarsi per la sentenza del 1392. . . . . ducati 100 pagati li 10 maggio 1396 per una somma di ducati 1860.
Matteo Guastavillani lasciò scudi 500 per dote del suddetto altare, legato adempito dal Cardinale Filippo Guastavillani di lui nipote con suo testamento delli 8 agosto 1587, rogito Andrea Martini romano, col quale volle impiegata quella somma, e più ancora se occorresse pel trasporto dell‘altar maggiore della chiesa di S. Francesco all’ imboccatura del coro, sull’ esecuzione della qual cosa si riportano qui i dettagli della spesa.
A Lazzaro Casari per levare la tavola, lustrarla, porla nel nuovo luogo, far le porte laterali introducenti al Coro, far gli scalini, le balaustrate, e le due statue di marmo di S.Francesco e di S. Antonio. L. 5200.
Il detto Casari morì d’ anni 47 nel 1588 e fu sepolto in questa chiesa.
A Giovanni Battista Ballardini per levare gli stalli di legno dal vecchio coro, risarcirli, porli nel nuovo coro, e fare i due usci di legno alle porte laterali del nuovo altare . . . Lire 800.
A Giulio Maurini per la pittura delle pareti e della volta nuova della cappella maggiore . . . Lire 1600
Al vetraio Maffei . . . Lire 210
Agli Architetti . . . Lire 700
———————————-
Totale Lire 8510
———————————-
Nel 1800 fu levata questa ancona, e per cura del benemerito marchese Antonio Amorini depositata ne’ sotterranei della chiesa di S. Petronio.
La B. V. in basso rilievo che era il principal soggetto di questo gotico monumento si venera nella Certosa.
Li 24 dicembre 1801 le due statue di marmo dei santi Francesco e Antonio che erano sopra i due usci laterali, che dal presbitero della cappella maggiore passavano al coro, furon trasportate nella Basilica di S. Petronio, e collocate nei due piedestalli contro i pillastroni dell’imboccatura del coro di detta Chiesa.
Questo tempio era ornato di non pochi monumenti sepolcrali due dei quali furon trasportati nella Certosa destinati in oggi al Senatore Francesco Albergati, ed al conte Zambeccari. Parte di quello che racchiudeva le ceneri di Pietro Filardi Bolognese nato in Saragozza come egli asserì negli ultimi momenti di sua vita, e che poi fu Alessandro PP. V. morto in Bologna li 3 maggio 1410 trovasi anch’ esso nel suddetto cimitero. Per la sua morte il Comune spese lire 414 in braccia 28 di brocato d’ oro cremesino per vestirlo, e lire 1605 in libbre 6420 di cera consumata pei suoi funerali che si celebrarono in questa chiesa.
La sagristia fu fatta a spese di Lippo Muzzarelli nel 1397, che pagò a Giovanni Antonio muratore lire 2350 di bolognini grossi.
Il piccolo campanile detto torre dell’ orologio era forse compito nel 1261 a spese della Comune non dei Canetoli come alcuni han lasciato scritto. Era desso sormontato da una piramide di mattoni verdi, che fu tolta per tema di ruina.
ll campanile grande sembra che si cominciasse nel 1399. Nel 1401 fu convenuto di pagare ai mastri muratori Bonino e Nicolò lire 1500, rogito Giovanni Moroni.
Il Convento è stato fabbricato a più riprese, e qualche porzione si sarà cominciata quando i padri minori vennero nel 1237.
Il chiostro grande fu finito nel 1460 da mastro Nicolò dei Giursi muratore bolognese.
Li 13 dicembre 1589 fu determinata la costruzione del gran dormitorio lungo piedi 328, largo 14, alto 28 con 10 appartamenti, e 12 camere più altre al pian terreno, e 54 di sopra. Questa fabbrica fu compita nel 1620.
La magnifica scala di 60 gradini fu fatta nel 1601, nella quale il Curti detto il Dentone dipinse il sofitto nel 1625 che quantunque ritoccato nel 1737 da Francesco Rovioli pittor ferrarese meritava l’ammirazione degli intelligenti.
Il chiostro del noviziato dov’ erano ottantacinque sepolture di varie famiglie bolognesi, è la parte più antica di questo vasto convento.
La libreria fu fatta in giugno del 1681.
Si ha memoria che del 1321 erano già stati legatati non pochi codici ai padri minori e che altri eran da loro stati raccolti avanti l’ invenzione della stampa. Ma questi tesori qualificati per libri vecchi di carta pecora furon cambiati dai frati in altrettanti di carta bombacina con mastro Sebastiano libraio accettandone il prezzo che la sua coscienza seppe ispirargli.
La spezieria si fabbricò e si fornì di medicamenti nel 1617 dov’ era l’oratorio della compagnia di S. Francesco dedicato alle Stimate di detto santo fondato secondo il Masini nel 1329 quando questa compagnia teneva l‘ospitale della Nosadella. Pagava essa ai minori annue L. 3 di bolognini, ed i confratelli dovevano sloggiare, ma l’oratorio fu conservato al culto, l‘abbandonarono soltanto nel 1609, e fu acquistato dai frati li 15 novembre anno stesso dando in permuta alla compagnia due case in Sozzonome, e una terza presso S. Maria della Neve.
Li 28 marzo 1647. Paolo Aldrovandi speziale comprò i capitali, e vi instituì l’accademia degli speziali sotto la protezione della B. V. Annunziata.
Il portico sulla seliciata di S. Francesco a cominciare dalla parte della pesa nel fieno, fino all’ingresso del convento fu cominciato nel 1588.
Li 14 ottobre 1624 l’Ornato concesse ai Francescani di fare il vestibolo al loro convento nonchè la chiesa sulla seliciata largo piedi 23 once 8 verso oriente, e profondo piedi 18 once 10.
Li 22 marzo 1725 fu concesso suolo ai medesimi per continuare il portico dal detto vestibolo sino a strada S. Isaia.
La porta grande, o arco del Convento fu fatto dopo il 1639.
Li 4 agosto 1630. Andrea Donducci detto Mastelletta pittore insigne, ed organista, si ritirò in questo convento in causa della pestilenza e vi fu sepolto li 26 aprile 1655, siccome rilevasi da memorie che trovansi nell’archivio di detto Convento. Il prato, o cimitero di S. Francesco, comunicava colla via del Pradello, e colla seliciata mediante strada per carri, e carrozze e mediante un passaggio aperto nel portico all’arco N. 4 numerato a settentrione ed a mezzogiorno cominciando dalla parte della pesa del fieno.
Fu cominciato questo Cimitero col lascito di Aglassia di Sarto da Dugliolo che lasciò la metà della casa da lei abitata per l’oggetto predetto come da rogito di Figliocaro di Domenico Trotti dei 18 novembre 1261.
Nel 1576 l’ ospitale della Vita che seppeliva i suoi morti nella piccola chiesa di S. Eligio, o S. Maria in Solario nelle vecchie Pescarie ottenne dai padri conventuali di costruire in questo sacrato due grandi arche, le quali nel 1580 furon fatte demolire, e riempire di terra dai Francescani. Ciò risulta dall’istanza fatta il 1 agosto del predetto anno dalla compagnia al Senato, per la ripristinazione di dette sepolture.
Li 26 gennaio 1592. riportò sentenza favorevole l‘ ospitale, che non ebbe etfetto, a cui fu riparato dal Senato concedendo suolo nel mercato presso al cimitero dell’ ospitale della Morte come da decreto delli 16 aprile 1599.
Nel 1655 furon poste due linee di fittoni lungo le fronti della strada del Borghetto, e di quella del Pradello.
Appoggiata al muro del portico prossimamente all’apertura di passaggio dal sacrato al portico stesso vi era il sepolcro di marmo rosso a piramide di Rolandino de’ Romanzi celebre iureconsulto, fatto erigere nel 1284 da Guidesto o Guidotto di lui figlio nel 1285, – XI die intrante sept. – colla spesa di lire 255 per mercede degli artefici, come a carta 954 del memoriale di Cuzzano.
Alla metà circa di luglio 1803 fu demolito per solo spirito di distruzione. Il sarcofago e le poche ceneri raccolte in piccola cassetta furon trasportate nel cimitero della Certosa.
Fuori della porta del convento a sinistra una piccola lapide afissa nel muro di un mausoleo indica esser quello il sepolcro di Accursio Glosatore morto nel 1260, e dall’altra parte del medesimo mausoleo un altra ricorda che fu innalzato dal di lui figlio Francesco.
Più avanti si trova il sepolcro di Martino di Borgo Panigale.
Finalmente nell’ arco del portico con vestibolo eravi il sarcofago del famoso Oddofredo morto il 3 dicembre 1265 , ed eretto nel 1268 da Alberto suo figlio. Fu risarcito in settembre 1497, in dicembre 1548, e nel 1713.
Corrispondeva a questo prato il principale ingresso alla chiesa di S. Francesco. Le due porte laterali al medesimo non che quella di fianco in faccia al Pradello sono murate.
Il N. 836 di questo prato dalla parte sinistra, sortendo dalla porta laterale della chiesa di S. Francesco per passare al Pratello segna il luogo dove fu la chiesa della Compagnia di S. Bernardino da Siena, che cominciò mercè l‘unione di devoti nella chiesa di S. Francesco nel 1440, vi prese forma nel 1453, e teneva le sue adunanze nella magnifica capella del Santo loro tutelare finita nel 1455. Dicesi che i suoi statuti fosssero compilati nel 1488.
I Confratelli comprarono nel 1514 una casa con orto ed altre vicinanze in questa situazione dove eressero la stabile loro residenza abbellita poi nel 1757, e riaperta li 25 giugno.
Fu poi soppressa li 26 luglio 1798 ed il locale fu venduto a Teresa Tizzoni di Milano moglie del dottor Aureli li 20 febbraio 1799, rogito di Luigi Giuseppe Aldini.
Divisa la religione Francescana in Osservanti e Conventuali, questo Convento ricco di rendite appartenne alla classe dei secondi con approvazione di Leone X nel 1517 e poi soppresso li 6 giugno 1798.
Fra i beni posseduti da questa comunità godeva l’ ospitale, le adiacenze lasciate col testamento 8 febbraio 1363 da Giovanni di Filippo Visconti detto l’Oleggio Governatore della Marca Anconitana e vicario della S. Sede Apostolica in Fermo, fatto a rogito di Lodovico da Gubbio, nel qual testamento ordinava ad Antonia di Sozino Benzoni da Cremona, sua moglie, di fare una casa per ricevere poveri, che fu da essa edificata fuori di strada S. Stefano a Fossa Cavallina.
Li 8 febbraio 1369 fu instituito il suddetto ospitale e li 5 agosto 1385 dotato di beni, come da rogito Filippo Marsili.
La prima destinazione di questo convento fu quella del quartiere delle milizie Urbane bolognesi che vi presero posto li 15 luglio 1796, e partirono li 20 settembre susseguente per passare a S. Procolo; dopo divenne quartiere generale della guardia Nazionale e caserma per soldati, per cui li 27 febbraio 1798 furon decretati tali lavori che divisero il locale in tre parti a modo, che la guardia, la truppa e i religiosi vi coabitavano senza reciproco incomodo.
Li 20 novembre 1798 fu venduta una porzione di convento nell’ angolo della strada di S. Isaia, e del Borgo di S. Francesco al perito Domenico Ferri, che la cedette al perito Andrea Stagni coi rogiti 3 e 24 maggio 1799. Una rimessa, o camerone con accesso al prato di S. Francesco fu comprato da Angelo Ferrarini li 26 aprile 1799, rogito Luigi Aldini.
Un altra porzione di convento annessa a quella del Stagni fu optata li 3 settembre 1802 da Carlo Natali a comodo di Andrea Stagni, a cui fu deliberata con rogito dottor Serafino Betti li 1 luglio 1805.
Nel 1800 il convento e la chiesa fu tutto destinato alla finanza.
Li 19 giugno 1801 si aprì la nuova Dogana.
La chiesa servi poi a deposito delle merci, la sagristia per l’ esazione dei Dazi, il chiostro dei morti a vari uffici di Dogana, di dietro alla sagristia al pian terreno pei magazzini delle merci di transito. Il gran dormitorio superiore fu occupato dal ufficio dell’ intendente di Finanza, e dei suoi subalterni. La biblioteca, destinata per la cassa e per la contabilità. Dalla parte del chiostro maggiore vi furono gli Uffici, e la stamperia dei lotti e varie abitazioni di ministri addetti alla Finanza.
La salara, il bollo, lo spaccio dei tabacchi erano rami di Finanza qui con centrati, poi traslocati altrove.
Dalla “Miscellanea” di Giuseppe Guidicini: RISTRETTO DELLA STORIA DELLE CHIESE DI BOLOGNA E DI ALTRI STABILI (Notizie – per la parte antica – prevalentemente attinte da Bologna Perlustrata, di Antonio di Paolo Masini, Bologna, 1666, volume I
S. Francesco.
Chiesa dei Conventuali, che fu incominciata, unitamente al campanile, nel 1240 con architettura di Marco Bresciano, e il 15 ottobre 1251 fu consacrata.
Nell’ agosto del 1254 caddero due archivolti della navata di mezzo, per cui perirono 16 persone, tra le quali due frati, e molte restarono ferite.
Nel 1255 i detti archi furono riedificati, nella qual occasione fu aggrandita la chiesa.
Nel 1269 fu compita la fabbrica.
La macchina in marmo che ornava l’altar maggiore costò scudi 2150 d’oro. L’ultimo pagamento fu fatto nel 1396.
Nel 1590 fu levato il coro che era nel mezzo della chiesa, e trasportato dietro l’ altar maggiore, il qual lavoro fu compito il 19 aprile 1594.
Nel 1717 fu compita la capella nuova, già de’ Lombardi, con architettura di Alfonso Torreggiani.
Nel 1606 fu terminata la fabbrica della capella di S. Francesco.
Nel 1612 il convento fu abbellito assieme ai portici fatti sulla seliciata.
Nel 1673 fu cominciata l’altra capella rimpetto a quella di S. Francesco, e dedicata poi a Sant’Antonio.
L’amplissima capella di S. Bernardino, dove si pretende vi avesse già predicato S. Francesco, fu incominciata nel 1453, e consacrata il 26 maggio 1455.
Eravi a destra del coro il sepolcro di Alessandro V della famiglia Filardi, nato a Saragozza, e morto in Bologna il 3 maggio 1410. I funerali furon fatti a spese del Senato. Fu vestito con 28 braccia di broccato d’oro cremisino, che costò L. 414. Si spesero L. 1605 in libbre 6420 di cera a soldi 5 la libbra. Il deposito del Papa era opera di Nicolò Aretino.
Il bellissimo porticato di 54 archi sulla Seliciata fu finito nel 1646.
In uno dei claustri del convento evvi una capella, che si pretende eretta da S. Francesco nel 1220.
Contigua al campanile, edificato nel 1261, evvi la torre nella quale i i Canetoli nel 1440, dopo averla fatta fabbricare, fecero porvi l’orologio.
Nel 1640 fu eretta la colonna con statua di rame dorato sulla Seliciata, che fu abbellita e restaurata nel 1748.
La piazza è lunga piedi 860, e fu seliciata nel 1635. Quivi erano le fosse del penultimo recinto della città, riempite nel 1163. Le strade che segnano le antiche fossa della città sono la Nosadella, la via della Neve, il Fossato dal convento della Concezione, la via dei Mussolini, l’orto delle monache di Sant’Agnese, il Prato di S. Antonio, il Borgo delle Tovaglie, il di dietro del convento di S. Domenico, il Cestello, la via della Castellata, Cartoleria Nuova, la Seliciata di Strada Maggiore, i Pelacani, il Guasto dei Bentivogli, dalle Stadiere delle Moline, dal Guazzatoio, da S. Bartolomeo di Reno sino al Borgo delle Casse, e da detta strada fino alla Seliciata di S. Francesco.
Questo convento fu soppresso il 6 giugno 1798.
Il 3 settembre 1797 il capo mastro muratore Gibelli presentò alla Centrale la lista di L. 4000 per lavori fatti nel quartiere che guarda sulla piazza vicino alla porta, e sopra il portico dalla parte di S. Felice, il qual quartiere fu destinato per la Municipalità di questo cantone.
Il 10 gennaio 1798 la municipalità suddetta pose quivi la sua sede.
Il 15 luglio 1796 si cominciò a radunare la milizia che guardava il palazzo e le porte della città, ma il 20 agosto passarono al quartiere destinato loro dal Senato in S. Procolo. La centrale fu obbligata a metter riparo a certe differenze insorte fra i frati e il loro guardiano minacciato di morte, pel qual motivo il medesimo, che era il P. Maestro Bergonzoni, chiedeva la sua dimissione. Il Commissario Caprara si portò al convento per rimettervi la disciplina e il buon ordine, e volle che il Bergonzoni rimanesse nella sua carica. La causa di queste divergenze provenne dall’aver alcuni frati, fra i quali certo P. Masetti bolognese, uomo torbido, che dopo la soppressione prese moglie, forse l’ unico che facesse simil cosa, poi interessato nei pubblici giuochi, e poscia ritirato a Venezia, piantato un albero della libertà nel prato d’uno dei chiostri del convento. Il P. Guardiano voleva che si atterrasse, ma i frati insubordinati si opposero. Egli allora insistendo, e volendo usare della sua autorità, provocò lo sdegno dì tre o quattro di quei malaugurati frati, che lo minacciarono della vita, anzi gli tirarono un archibugiata, che fortunatamente non lo colpì.
Nel dicembre del 1801 fu disfatto il magnifico altare di marmo che era nella capella maggiore.
Tutte le asche della chiesa e del convento furono riempite di rottami lasciandovi dentro i cadaveri.
I dormitori dei due piani si ridussero a magazzeni di mercanti. Vari quartieri che potevano aver accesso dalla parte del portico, furono ridotti a quartieri affittabili.
II 10 aprile 1802 fu quivi installati la posta delle lettere facendo sloggiare il farmacista che passò colla sua bottega vicino al voltone.
Dalla parte del portone delle carra vi fu messa la dispensa del tabacco e del sale.
Da questa parte furon pure installate l’impresa del lotto, l’uffizio dei pesi e misure, la regolatoria delle finanze, la cassa alla quale fu poi unita quella del Demanio, che pagava le pensioni, il bollo della corda, le computisterie, le rimesse per i legni dei corrieri, ecc.
Nella sagristia vi furon posti gl’impiegati della Dogana, e la chiesa servì a deposito delle mercanzie, che per la sua vastità sarebbe stata capace per tutto lo Stato Pontificio e forse più. La guardia nazionale vi ebbe per vari anni il suo quartiere di riunione, fino a che fu poi traslocata nei Servi. I monumenti che erano nella chiesa, alcuni pochi furono collocati nella Certosa, e la massima parte o furono distrutti, o giacciono nei magazzeni. Nel prato di S. Francesco si giustiziavano i condannati sì alla fucilazione che al taglio della testa.
Dalla Graticola di Bologna di Pietro Lamo (XVI secolo)
Ora andiamo alla parte del ponente dov’ è la porta nominata di Strada S. Felice, e quivi non si trova cosa notabile di queste tre scienze sino a S. Francesco, dove si vede un bel tempio tutto d’una pasta, e finito secondo l’ ordine dell’ architettura tedesca, che ha una bellissima facciata di maton cotto altissima, la quale fece fare i Guastavillani gentiluomini antichi Bolognesi, che tale è il loro cognome. In delta chiesa all’altar maggiore è una gran macchina di marmo, la quale serve per tavola tutta piena di figure intiere, e mezze, ed è molto diligentemente fatta, ed ornata di bella architettura tedesca, e perchè molti dicono che è tutta di un pezzo, io Pietro Lamo pittor bolognese ho voluto vedere e palpare con le mani, e trovo la verità, cioè che detta opera di marmo è di più di 100 pezzi, ma non resta che non sia bellissima per cosa tedesca. Sopra il coro vi è un bellissimo organo di buona architettura. di grata armonia, ed è ottimo. Suona vari istrumenti, ed è fatto di mano di mastro …… Sotto la volta dell’ organo vi sono due altari, e a quello posto a mezzo giorno vi è un operetta sull’ altare di terra cotta di mano di Donatello, in cui sono quattro Evangelisti, ed altre figure di basso rilievo, ed io ne ho improntata una parte, perchè sempre sta coperta da una tela dipinta con Santi; e lì appresso vi è una cappella dei Felicini nobili bolognesi, dove è una tavola di mano di lacopo Francia figlio del Francia vecchio, ove ha dipinto la Madonna, S. Giorgio, S. Sebastiano e S. Francesco, ed è la più bell’opra che egli facesse mai, con un bell’ ornamento di legname tutto intagliato, ed in certi nicchi sono figure di legname di tutto rilievo, e tutte dorate, di buonissima architettura corintia, di mano di mastro Andrea Formigine, e lacopo suo figliuolo. Da questa banda vi è la cappella dei Caprara, dov’è sopra l’ altare un quadro di pittura, la quale fece fare messer Francesco Caprara ad un mastro nominato Lodovico Manzolino Ferrarese, dov’ è dipinta la disputa di Cristo con tanta diligenza, che Baldassarre da Siena, architetto raro, ebbe a dire che Raffaello non l’avria condotta tanto diligentemente al fine, ed io l’udii, ed in vero è diligentissima, ma con brutto ornamento. E qui appresso è una delle tre porte, che sono poste al ponente all’uscir fuori di detta chiesa, e per ornamento di dentro Giulio di Raffaelle fece un disegno con l’ invenzione d’ una sepoltura dov’è sepolto il gran filosofo Boccadiferro Bolognese gentiluomo, e Girolamo Coltellino fece di marmo fino il suo ritratto molto onoratamente e lodevole, ed è posto sopra l’arco di detto ornamento della sepoltura, la quale è tutta di marmo. Qui appeso nella medesima facciata è una memoria di una sepoltura di messer Bonaparte Ghisilieri posta dritta nel muro, così quadra, dov’ è un fregio di bronzo di fogliami, puttini, teste di tutto rilievo, che scaturiscono fuori del piano, e animali dalla centura innanzi, e fanno un gran bel vedere a segno, che sempre vi è chi l’impronta.
Rincontro alla porta della sagristia vi è la natività di S. Gio. Battista fatta a fresco di mano di Gio. Faloppia da Modena, e per cose antiche sono belle, e furono fatte l’anno 1428. Di dietro all’altare grande nella cappella degli Albergati vi è una tavola dove è su dipinto una Madonna e il putto che sposa Santa Catterina, e un Sant’Antonio da Padova molto diligente, e ben fatta, di mano di Giuliano Buggiardino, e all’incontro vi è un altare delli Gambari orefici, l’ uno è Battista, e l’ altro Biagio fratelli, i quali hanno fatto dipingere in tela una cena di Cristo fatta a olio per mano d’un giovinetto bolognese nominato Orazio Samacchino, ed opera molto lodevole. Nella sommità della navata di mezzo della chiesa rincontro all’altar maggiore è attaccato un piedestallo che serve per candeliere al cereo pasquale, e si può tirar su e giù, il quale è fatto a sei faccie tutto dorato, e per ogni faccia vi è una figura colorita a olio, molto belle e lodevoli, di mano del mio maestro Innocenzo Francucci da Imola. All’uscir fuori della porta verso levante fuor della chiesa è una cappella delli Bottrigari gentiluomini nobili, nella quale è un sepolcro di pietra di macigno, dov’è di sopra un Dio padre e due puttini con due faci ammortate in mano, e una figura coricata dormendo. È un vescovo coricato sopra un cassone con la mano sotto la guancia, e son di terra cotta, di mano d’Alfonso Ferrarese, e l’architetto fu lacopo dei Ranucci.