Dai Cartigli del Comune di Bologna
Palazzo del Podestà
Eretto nel XIII secolo con la Torre dell’Arengo; fu rinnovato, forse su progetto di Aristotele Fieravanti, a partire dal 1484. Sotto il voltone, antico quadrivio romano, sono poste le statue in terracotta dei quattro Santi Patroni di Bologna (Petronio, Procolo, Francesco, Domenico) di Alfonso Lombardi (1525).
Indirizzo:
piazza Maggiore, 1
Palazzo Re Enzo
Costruito a partire dal 1244, fu sede di magistrature civiche e di archivi. Al primo piano vi è una sala a volte su progetto di Antonio di Vincenzo (1386). L’aspetto attuale si deve al restauro diretto da Alfonso Rubbiani tra il 1905 e il 1913. Qui fu tenuto prigioniero Enzo, figlio dell’Imperatore Federico II, dal 1249 al 1272. Di fronte di trova la Fontana del Nettuno progettata da Tommaso Laureti e realizzata da Giambologna (1563-66).
Indirizzo:
piazza del Nettuno, 1
Dalle “Cose Notabili …” di Giuseppe Guidicini.
L’antico palazzo del Comune trovavasi fra la strada di S. Mamolo, e la Corte di S. Ambrogio. Fu abbandonato in causa d’essere troppo angusto, dopo di che servì ben di rado ad alcune radunanze del popolo , e qualche volta a Scuole per i famosi lettori in diritto.
Si crede che l’epoca certa dell’abbandono sia stata nel 1179 perchè cominciasi in quell’anno a trovar gli atti pubblici e le provvisioni datate dalla Casa di Bulgaro, nella quale flno al 1200 si radunarono i Consigli , e vi tennero la loro sede le autorità esecutive dell’allora nascente Repubblica Bolognese.
1198 XV Kal. Aug. Actum in domo quondam Domini Bulgari ubi moratur prefata Potestas – Ego Tettacapra Not. presente Dom. Azone Juris professore. Durante quest’ intervallo pensò il Comune di fabbricare una comoda e dignitosa residenza per i suoi Magistrati e ne affidò la cura ai due Sindaci Guido Lambertini ed Egidio Pritoni.
Stabilitosi di far la fabbrica sulla Piazza Maggiore dalla parte di settentrione, fu nominato il giureconsulto Bagarotto in procuratore del Comune per far l’acquisto delle case che furono di Torello di Salinguerra, possedute da Pietro di Remengarda o Ermengarda fratello di Salinguerra, da Albertino di Arriverio nipote di Pietro e di Salinguerra , e da Salinguerra stesso suo fratello, siccome Giovanni, e in allora probabilmente podestà di Verona. In una carta di Lamberto di Ermengarda pare indicato per di lui parente Giovanni III Vescovo di Bologna, che era morto nel 1017, forse zio di Lamberto, il quale Lamberto fu il più potente uomo fra i Bolognesi. La sua eredità passò ai Torelli di Salinguerra, e non sarebbe improbabile che in detta eredità vi fossero comprese queste case in piazza.
Partì il Bagarotto , e stipulò il primo contratto con Pietro il 25 Settembre 1200 in Treviso rogito Guido di Rosso. Passò a Ferrara, e colà contrattò con Albertino di Arriverio il primo Ottobre 1200 a rogito del predetto Guido. Li 30 Ottobre era in Verona, ove combinò il terzo acquisto con Salinguerra di Torello per gli atti del predetto notaio. Finalmente andò alla Fratta nel Polesine di Rovigo di cui Salinguerra era Signore, e vi riportò da Aica Madre di Salinguerra, e di Pietro, ed Avia d’Albertino, la sua rinunzia alle ragioni do tali che gli competevano sopra i beni venduti come da rogito dello stesso Guido di Rosso.
Confinavano gì’ indicati stabili con beni della Chiesa di S. Giusta e con Ugolino di Attone di Conte e con Ardizzone che si disse Bocazio a mattina, con Alberto Rustigani, colla Chiesa di S. Maria dei Rustigani, e con Ugolino di Attone di Conte a mezzodì, con beni della Chiesa di S. Silvestro, con Rainerio di Moricio, con Ardizzone de Rustigani, con Viviano Pisano, con Rodolfo di Malgermo, e con Alberto Cattaneo a ponente, con beni della Chiesa di Santa Giusta con Ugolino di Attone di Conte, e . con Ardizzone che si disse Boccazio a tramontana. Furono pagate Lire 1545. Nei tre rogiti succitati, i confini sono sempre ripetuti senza alcun cambiamento.
1201 22 Marzo. Il Comune comprò le Case di Alberto Rustigani mediante i suoi procuratori Sellano e Zaccaro. Confinavano a mattina la piazza del Comune, a sera la piazza Maggiore, e a mezzodì altri beni del venditore sui quali vi era la sua Torre , e a settentrione la Chiesa e Canonica di S. Silvestro per Lire 100 rogito Agnello. Secondo questo rogito dicevasi piazza Maggiore anche quel tratto dove fu poi fatta la pubblica fonte, ed esisteva una seconda piazza detta del Comune fra la piazzola della Canapa, e le Spaderie, se però le regioni indicate sono giuste.
1201 22 Luglio. Pietro Prete di Santa Giusta vendette la sua Canonica , e il suo Portico al Comune, che confinavano a mattina colla Chiesa di Santa Giusta, a sera col palazzo del Comune (che si stava fabbricando, a mezzodì colla Via pubblica) dunque fra Santa Giusta e la piazza Maggiore Nuova vi erano altri stabili, e a settentrione con una Tubata , che fu già di Montanara, poi del Comune. Pagata Lire 70 rogito Agnello.
Nello stesso mese di Luglio fu comprata anche la Chiesa di Santa Giusta, di jus patronato degli Atticonti, ed alla stipulazione dei detti due contratti concorsero i vicini alla predetta Chiesa , che furono Guido Lambertini, Ubertino Sarti , Gerardo Panceria, Alberico Gardini, Birolfino e Enrighetto Gambarini.
L’ Instrumento della compra della Chiesa si celebrò In Curia Nova Communis lo che prova che la fabbrica era avanzata. Questo palazzo ebbe originariamente per confini la Via del Voltone della Madonna del Popolo a mezzodì, la piazza del Nettuno a ponente, la via del Voltone della Corda a settentrione, e la Piazzola della Canapa a levante, e cioè dall’angolo della via del Voltone della Corda, al primo angolo della via del Voltone del Popolo. La sua principale facciata era sulla Piazzola della Canapa.
L’Alidosi non vide le vendite fatte dagli eredi di Torello di Salinguerra non facendone menzione nella seguente nota che egli dà degli acquisti fatti per erigere questo palazzo:
Compre nel 1201.
Da Guido Prete di Santa Maria dei Rustigani …………. L. 60
Da Alberto Rustigani …………………………….. L. 270
Da Montanaro di Rolando Vecchio …………………… L. 100
Da Pietro Prete di Santa Giusta ……………………. L. 70
Da Donna Greca ……………………………………. L. 7
Da D. Guido Prete di S. Silvestro ………………….. L. 10
Da Isnardo , ed Enrico Fratelli Rustigani ………….. L. 120
Da Ardicio Rustigani ………………………………. L. 7
Da Rolandino di Tegrino …………………………… L. 60
Da Nicolò Notaro …………………………………. L. 10
Da Belliono ………………………………………. L. 4
Da Michele di Palmirolo di Calveto …………………. L. 25
Da Bomerio Fornaro ……………………………… L. 4,13
Da Alberto di Girardo Gottifredo …………………… L. 18
Da Pietroboni suo fratello …………………………. L. 7,11,6
Da Ardiccio di Boccaccio Lambertazzi ………………. L. 166,12,8
Da Nicolò di Vado ……………………………….. L. 153,07,4
Da Engildisia, e da Spinello Tintori ……………….. L. 72,10
Da Alberto Cattanì ……………………………….. L. 80
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L. 1244,54,80
Compre ne1 1202.
Da Alberto Boccamata ……………………………… L. 80,10
Da Pietro Cotto ………………………………….. L. 25
Da Gualfreduzzo Avogoli …………………………… L. 19
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L. 124,10,00
Compre ne1 1203.
Da Alberto Cattani ………………………………. L. 220
Da Alberto e da Graidano …………………………. L. 130
Da Vigolino Malgermi ……………………………… L. 75
Da Viviano ………………………………………. L. 80
Da Ridolfo di Pietroboni Guidofredo ………………… L. 13
Da Alberto Boccamata ……………………………… L. 20
Da Alberto Corticelli …………………………….. L. 24
Da Giacomo di Raimondino, Notaro ………………….. L. 216
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L. 778
Somma Totale 2148,4,6
1208 26 Settembre. Il Comune procedette alla locazione degli edifizi congiunti al nuovo Palazzo della Ragione, i quali vennero qualificati per case del Comune, e per le Volte dello stesso Palazzo poste sulla strada, che viene dal Mercato di Mezzo davanti la casa di Alberto di Gerardo, di Guidifredo flno alla scala del Palazzo dal lato di mattina verso la Curia, con la casa della Moneta di sopra, rog. Giacomo Secondo. Da questo rogito sembrerebbe che la strada che viene dal Mercato di Mezzo, possa intendersi quella oggidì detta della Piazzola della Canapa e che le case d’Alberto di Gerardo fossero le aderenti alla già residenza della Società dei Mercatori dalla parte di detta via, che il Palazzo del Comune avesse il portico , e che sotto il medesimo vi fosse la scala per salire ai piani superiori e fosse esterna, come solevasi non di rado praticare a quei giorni.
Nel 1223 il Gonfaloniere della giustizia e della libertà prese in affitto parte delle case dei Lambertini che erano fra il voltone della Madonna del Popolo e la Via delle Accuse, e la loro torre sussiste ancora in gran parte nell’angolo della predetta via.
Nel 1226 fu concesso di erigere un oratorio privato nel palazzo Pubblico della città, forse il costrutto al primo ripiano delle antiche scale del palazzo, per cui si disse Santa Maria delle Scale. Questa Cappella secondo il Masini prese nel 1337 il titolo di S. Maria delle Notarie per essersi queste collocate presso la medesima residenza dei Notari del Podestà. Nel 1485 essendosi cambiato l’ingresso e il sito alle scale del palazzo cessò di esistere la suddetta Cappella.
Sul finire dell’anno 1245 dicono gli storici che si comprassero altri stabili per ampliare il palazzo.
1249 26 Maggio. Prigionia di Enzo Re di Corsica e di Sardegna, figlio naturale di Federico Imperatore, custodito in questo palazzo fino alli 15 Marzo del 1272 in cui seguì la sua morte.
1250 13 Agosto. La Chiesa di S. Appollinare e le case di detta Chiesa poste sopra il palazzo della Ragione, appartenenti al Plebanato di S. Maria di Monteveglio, furono distrutte senza il consenso del Vescovo, e del Capitolo di Bologna. Si sdegnò altamente il Pontefice Innocenzo IV per tale attentato, ma supplicato dal Vescovo, dal Capitolo, dal Comune, e dal Podestà, che ne aveva ordinata la demolizione, perdonò il delitto a condizione che in luogo della distrutta Chiesa di S. Appollinare, e in compenso del danno sofferto dal Plebanato di Monteveglio, vacando la Chiesa di S. Ambrogio di jus patronato del Comune di Bologna fosse questa nelle sue giurisdizioni e pertinenze surrogata alla demolita. Dato in Perugia li 17 Maggio anno IX del suo Pontificato ( 1251 ). Così nel Cartolario Bolognese esistente nella Biblioteca dell’ Instituto. Pietro Arciprete di Monteveglio accettò il compenso colla facoltà di trasferire alla Chiesa di S. Ambrogio i frati già dimoranti in quella di S. Appollinare, per le quali cose intervenne il consenso dei parrocchiani di S. Ambrogio. Si noti che gli storici, copiandosi l’un l’altro , dicono che la Chiesa di S.Appollinare era nel cortile del palazzo del Podestà, ed era di grande imbarazzo. Forse avranno inteso dire che corrispondeva al cortile, e forse vi aveva il suo ingresso, altrimenti come idearsi mai che la detta Chiesa fosse nel cortile, tanto più che aveva presso di lei un Convento o Ospizio di Frati, come vien detto dall’unito autentico recapito ? Di fatti il rogito di Tommasino de Magra di Perugia del 1250 decimatertia intrante Augusti dice – Rizzardo de Villa Podestà – La chiesa di S. Appollinare e le case di detta Chiesa poste presso il Palazzo del Comune di Bologna appartenenti al Plebanato di Monteveglio ( di cui era Arciprete D. Pietro ) devesi trasferire ai Frati che erano in S. Appollinare nella Chiesa di S. Ambrogio.
Nella facciata fu fatto nel 1256 un Arringatorio, ossia Ringhiera dal quale si proclamavano gli Statuti, e le ordinazioni del Comune, del Podestà, e del Capitano del Popolo. Si leggevano le sentenze capitali esponendosi le insegne del Podestà e si gettavano i condannati al Capestro, uso che continuò fino al 1598.
Nel 1264 si cominciò la fabbrica della Torre dell’Arringo , così detta dal vicino Arringatorio, elevata sopra quattro grossi pilastri, larga piedi 20 per un lato, e piedi 22 per l’altro , e finita nel 1269. Vi fu posta una campana che chiamava il popolo a udir la lettura dei decreti, delle sentenze, o a radunare le Tribù, e le Compagnie d’Armi per reprimere le turbolenze interne, o per accorrere contro il nemico. Questa campana si ruppe nel 1294 e gliene furono sostituite due nel 1295, una per gli Anziani Consoli, e l’altra per gli ufficiali della Biava. Nel 1324 fu fusa una campana di Libre 11666 in S. Procolo, che fu detta dell’Arrengo e posta sulla torre li 6 Ottobre del medesimo anno. Nel 1358 fu cambiata una delle predette campane in un’altra di libbre 7700 pagata 135 fiorini a Francesco Puzzi fiorentino, la quale fu rifatta nel 1377, e portata al peso di libbre 11366, indi aumentata nel seguente anno fino a libbre 12,000 e nel 1453 rifatta di libbre 11,000 per cui furono pagate L. 1095 ad Antonio Bonafede per fattura e metallo aggiunto. Nel 1510 fu fatta la campana detta Cavaliera.
Nel 1436 si comincia a trovare Campanazzo, e Torre del Campanazzo. La Cavaliera, e la campana grossa, detta Campanazzo, suonavano per gì’ ingressi dei Gonfalonieri, e per tutte le feste della città, si popolari che ecclesiastiche.
Nel 1594 il Campanazzo cominciò .a ribattere le ore dell’orologio pubblico, e suonò sempre per le esecuzioni di sentenze capitali e per quelle di Frusta e della Berlina e cioè per pene infamanti.
Le case e la torre dei Lambertini furono vendute nel 1294 da Filippo e suoi fratelli, e da Paolo dei Lambertini al Comune di Bologna, poi unite in progresso di tempo al palazzo della Ragione. La torre si pretende fabbricata nel 1142. Le dette case confinavano a levante e a settentrione colla via delle Accuse, a ponente colla Piazzola della Canepa, e a mezzodi colla via del Voltone del Popolo. Per unirla al palazzo del Podestà fu costrutto il Volto verso settentrione appoggiato a mezzodì alla torre dell’Arrengo.
L’antica sala del Podestà, ossia delle sue udienze, si dà per costrutta nel 1299 colla spesa di lire 200. Nel 1305 si spesero Lire 309 in risarcimento della torre.
1306 21 Gennaio. Fu fatta istanza dal popolo e dal Comune di Bologna al Podestà, perchè fosse riparato il Disco dell’ Orso, e il Palazzo Nuovo del Comune, rogito Alberto di Ugolino Vesenda, e Giovanni di Pariso.
1306 7 Giugno. Gli Anziani Consoli ordinarono che fossero pagate a Giovanni di Gherardino, pittore insigne, le pitture da esso fatte nel Palazzo Vecchio, rogito Gherardo Rombolini. Li 30 Giugno 1306 ricevette Lire 30 in acconto, e il 6 Luglio susseguente fu saldato. Questo è il primo rogito che intitoli Vecchio questo Palazzo, e ciò in causa di essersi già cominciato l’altro , che fu poi del Legato.
Racconta il Ghirardacci che il 17 Luglio 1321 essendo fuggiti da Bologna Romeo e figli Pepoli, fu fatto il primo Gonfaloniere di giustizia Guido Pasquale dei Mastri. Questo nuovo Magistrato abbisognando di residenza e di alloggio, fu ordinato dal Comune che si fabbricasse una casa sul suolo dov’erano le beccarie a oriente, servendosi dei materiali delle case dei ribelli da atterrarsi, la qual fabbrica dovevasi cominciare dalla casa della Società dell’arte della Lana Bisella, e seguitarla fino alla via , per cui si va verso le case dei Mattugliani (credesi sbaglio, e che debba invece dire: dei Falegnami).
Si cominciò quindi dal ruinare le Beccarie di Mezzo presso le case, che già furono dei Lambertini presso le case dei Fabbri, e di quei dalle Lane presso la Piazza, e la via che conduceva ad esse , e qui si principiò l’edifizio , per il quale furon subito sborsate Lire 4000. 51.
Sotto l’anno 1327 lo stesso Ghirardacci avverte che il progetto della fabbrica del palazzo per il Gonfaloniere fu sospeso. Poscia nel 1336 dice che fu fatto il decreto che gli Anziani abitassero nel palazzo della Ragione, e che a tale effetto si misero in ordine le case dei Lambertini, e quelle della Lana Bisella, dove abitarono fino al 4 Ottobre di detto anno, e che poi passassero al palazzo della Biava di nuovo accomodato per la loro residenza, e cosi chiamato perchè ivi si mercanteggiavano le biade, la maggior parte del quale fu già abitazione dei Lambertacci.
Partiti li Anziani Consoli e il Gonfaloniere di Giustizia il 4 Ottobre 1330 , fu data esecuzione a quella parte di decreto del 2 Ottobre di detto mese ed anno stesso, che riguardava l’unione delle case dei Lambertini al palazzo della Ragione.
A parere del Ghirardacci, le case della Lana Bisella confinavano con quelle dei Lambertini, e, ciò essendo, non potevano esser queste che verso mezzodì dalla parte della piazza maggiore.
Taddeo Pepoli Conservatore di Bologna, sugli ultimi giorni della sua vita, fece fabbricare la loggia del palazzo del Podestà nel 1347. Per loggia s’intendeva un porticato, ma potrebbe cader dubbio che fosse il Voltone della Madonna del Popolo.
Rampone architetto milanese ricevette nel 1355 Lire 500 per aver accomodate le scale.
Li 6 Novembre 1355 il Comune ordinò che fosse posto un orologio sulla torre degli Asinelli a comodo dei mercanti, al che si oppose Giovanni da Oleggio, che dominava la città, e Io fece porre sulla torre già dei Lambertini che cominciò a batter le ore il 19 Maggio 1357 sulla campana fatta levare dal palazzo della Biava, dove abitava l’Oleggio. La spesa ammontò a L. 1810, che fu fatta pagare in ragione di undici denari per ogni cittadino dalli venti anni in avanti.
Nel 1357 la Camera degli Atti, ossia l’Archivio fu collocato sotto la sala detta del Re Enzo, che è un ambiente lungo piedi 88, e largo piedi 46, il quale nel 1380 fu diviso nella sua larghezza in tre navate mediante due ordini di pilastri di pietra, che sostengono gli archi e le volte. Il documento più antico che si trovi in quest’archivio è del 1150.
Il lunedì 19 Febbraio 1442 furono terminate varie botteghe per le Merzerie sotto il palazzo cominciate nel 1441. Potrebbesi intender quelle che sono sotto il Voltone della Madonna del Popolo.
Nel 1441 si atterrarono le scale sotto le quali vi era il dazio del sale. Il Ghirardacci dice: e la scala con un portico rimpetto alle Pescarie, ov’era posto il dazio del sale, è gettata a terra.
Nel 1441 parimenti fu data un’aggiunta al palazzo sulla via delle Orevarie, dalla parte delle Pescarie. Pare che per Via delle Orevarie si potesse intendere via delle Ore, nel qual caso sarebbe la strada delle Accuse dov’era l’orologio.
Li 17 Maggio 1442 furono pagate L. 100 a Mastro Bartolomeo Fioravanti per saldo delle scale fatte nel cortile del palazzo sostituite alle demolite.
In Dicembre del 1447 Pietro Garganello, Tommaso dalle Rode, e Tommaso Cavicchioli assunsero di fare una sala grande a tutte loro spese per L. 2200.
Li 14 Dicembre 1450 si convenne coll’architetto Ridolfo Fioravanti di fare il portico detto dei Merzari, e nel 1453 fu emanata sentenza sulla divisione del terreno per le nuove botteghe dei Merciari dal lato della ringhiera vecchia, da assegnarsi a coloro che perderebbero le vecchie botteghe da demolirsi.
Il bestemmiare era punito anticamente con pena pecuniaria la prima volta la seconda e la terza aumentata del duplo e del triplo la somma, se poi ricadeva la quarta volta era frustato per la città e gli veniva tagliato la lingua.
Nel 1464 Giovanni II Bentivoglio proibì severamente la bestemmia sotto pena della Berlina, al qual effetto fece murare due collari con catene di ferro al palazzo del Podestà. Il primo condannato fu Giovanni Borlini. Fatta la facciata nuova del suddetto palazzo in faccia a S. Petronio i collari di ferro per la Berlina furono murati alle due colonne laterali all’arco che corrisponde al Voltone della Madonna del Popolo, ove rimasero al detto posto fino all’anno 1796.
Giovanni Visconti da Oleggio, figlio di Filippo Visconti, Governatore della Marca Anconitana e Vicario della S. Sede in Fermo, testò li 9 Febbraio 1363, rogito Lodovico da Gubbio, nel qual testamento ordinò ad Antonia di Sorini Benzoni di Cremona, sua moglie, di fare una casa per ricevere poveri, e che essa instituì li 8 Febbraio 1369 fuori di Strada S. Stefano a Fossa Cavallina, e che fu poi anche dotata li 5 Agosto 1385 rogito Filippo Marsilii.
Nel 1483 il Martedì 6 Maggio, altri dicono in Luglio, si cominciò l’atterramento delle botteghe dei Merzari per fare una gran Loggia (un gran Portico) e Salone, e per la stessa causa nel 1484 si demolì l’antica facciata dov’era la Ringhiera verso mezzogiorno. Un altro storico racconta questo fatto nel seguente modo: Nel mese di Maggio del 1485 si cominciò a fondare i pilastri grandi del palazzo del Podestà dov’erano i Merzari , e furono gettati a terra molti coperti e case basse, che erano brutta cosa a vedersi, e tolti molti cassoni di legno, che andavano sino a mezzo della piazza. Secondo il detto di due autori si può conchiudere che l’antica facciata del palazzo del Podestà verso mezzo giorno , e cioè sulla Piazza Maggiore, era in gran parte priva di portico. Il Negri nei suoi annali dice che l’architetto fu Bramante e Berlingero Gessi e nel capitolo 16 delle Prose dei Gelati dice che la sala del Podestà è opera di Bramante, altri dicono che sia stato Ridolfo Ferravante, e la Guida di Bologna Bartolomeo di Ridolfo Fioravanti.
Uno storico racconta che il 4 Febbraio 1485 si cominciò a scavare i fondamenti del nuovo portico e facciata di prospetto alla Chiesa di S. Petronio, e che alla profondità di dieci piedi si trovò un bel selciato a mosaico. Il magnifico portico, compresa la grossezza dei pilastri, è largo piedi 20 e lungo piedi 173 e once 6. La gran sala sopra il portico è larga piedi 44 e lunga piedi 170 non compresi i muri delle testate. Sotto il portico furono fabbricate molte botteghe per Merciari, alcune delle quali furon messe anche ad altri usi, e diverse furon vendute a particolari; rispetto agli usi convien credere che molte delle botteghe fossero condotte da fabbricatori, o venditori di cappelli, perchè il portico è detto da molti anni Portico dei Cappellari, e rapporto alla proprietà è gran tempo che le botteghe appartengono a privati, niuna eccettuata.
Un rogito di Bartolomeo Ghisellardi cancelliere dei XVI, stipulato li 7 Dicembre 1485, ci apprende che Annibale e Pirro Malvezzi deputati dal Reggimento per l’ampliazione della piazza, per la rinnovazione di certe botteghe esistenti davanti e sotto il palazzo del Podestà e per la fabbrica delle volte, convenissero con Andrea del fu Alè , mercante, che cedesse certa sua bottega larga piedi 6 lunga piedi 25 once 9 con portico in volto davanti largo piedi 8 posta sulla piazza davanti di detto palazzo, e che accettasse la terza parte di un terreno della Tesoreria Vecchia posto sotto il palazzo medesimo, lungo piedi 20 circa, e largo piedi 7, once 6, sopra il quale vi era una bottega di merzaria sotto il portico del medesimo palazzo dal lato della piazza verso le Oreficerie, concedendo di più all’Alè di fare una porta dal lato esistente nella Notaria in contro Santa Giusta.
In occasione di questa fabbrica fu chiusa l’antica porta del palazzo del Podestà sulla piazzetta ora detta della Canepa ed aperta a ponente sulla piazza poi detta del Nettuno ed alle dette porte vi stette sempre la guardia dei sbirri dall’instituzione del Podestà del Popolo, e Comune di Bologna finchè cessò questo Magistrato nel 1535.
Li 16 Luglio 1500 furono assegnati nuovi fondi per la riedificazione, e riforma del palazzo del Podestà verso S. Petronio, non però sufficienti per compiere la facciata e la sala rimase perciò imperfetta.
Durante il governo del Landriani fu fatta, e rinnovata la ringhiera sopra il colonnato del portico. Nel Giugno del 1603 si cominciò a rimettere i balaustri, e si terminò nel vegnente anno sotto il Gonfalonierato di Girolamo Boschetti. Si oppose a questo lavoro l’ Uditore del Torrone perchè si occupava l’angolo della facciata del palazzo dalla parte della Via degli Orefici, da dove fino dal 1436 si dava il tormento della corda, ma poi condiscese col proporgli di murare la girella sopra il voltone della piazza del Nettuno, detto poi della Corda, pel quale cambiamento il pubblico spese Lire 4000. Nel 1604 cominciossi ad applicare il tormento nel nuovo posto.
Li 15 Settembre 1626 fu intimato a tutti i proprietari delle botteghe sotto il portico del Podestà di rimettere nello stato primiero i pilastri delle Volte tagliati per allargar le mostre, e l’ interno delle botteghe suddette.
Li 19 Agosto 1732 il Senato assegnò ai Pozzari la metà del primo anno del portico del Podestà alias dei Cappellari dal lato delle Pescherie per loro uso e stazione.
Nel 1828 in occasione che si fece la seliciata della piazza Maggiore fu regolato il corso delle acque introducendole per un chiavicotto la cui bocca è contro il pilastro del portico del Podestà dalla parte del palazzo del Legato. Fu poscia costrutto da questo punto alla antica chiavica un nuovo condotto, nel costruire il quale si incontrò un Fumolo o Carnario a poca distanza dell’angolo settentrionale del Voltone del Popolo, e della fontana del Nettuno, nel quale si rinvennero non poche ossa di adulti e di bambini, indizio d’arco di una delle Chiese demolite nel 1200 per la fabbrica del palazzo Pretoriale. Le Chiese prossime a questa località erano: S. Appollinare, S. Giusta, S. Silvestro, e S. Maria dei Rustigani. Non poteva appartenere a quest’ultima Chiesa perchè fu demolita nel 1286, non a S. Appollinare perchè atterrata nel 1250.
Questo palazzo nella sua origine fu destinato alle convocazioni dei Consigli, a residenza dei tribunali civili, e criminali , nonchè dei Consoli che ressero per qualche tempo la Repubblica dopo la sua erezione, perciò ebbe il nome di Palazzo della Ragione. Se è vero che nel 1253 vi prendessero sede i Podestà, il primo ad essere fu Pietro Grillo veneto, ed il secondo Alamanno Dalla Torre milanese, e se del 1265 i Capitani difensori eletti per governare la Repubblica popolare, il primo fu Gordano Bupani di Como o di Cuneo.
Qui cade in acconcio il dire che nel 1123 si trovano per la prima volta nominati i Consoli in atto autentico, ma non si sa il loro numero, nè quando cominciassero; forse vi furono avanti la vera libertà bolognese, mentre ìn tempo del dominio Imperiale era già stabilita in Bologna una forma comunitativa.
Nel 1130 si incontra il primo atto in cui è citato il nome di Podestà.
Eugenio III nel 1151 mandò a Bologna una Bolla datata da Ferentino diretta da G. Rectori Populi Bononiensis per la riedificazione di S. Cassiano. Questi è il primo Podestà di cui si abbia memoria autentica, ed era Guido di Riniero Sasso, come da recapito esistente nell’archivio di S. Giovanni in Monte. Questo Guido trovavasi in Bologna nel 1146, essendo notato qual testimonio in un rogito dell’archivio di S. Francesco.
I bolognesi nel 1164 si ribellarono all’Imperatore, uccisero Bozzo e si misero in libertà.
In Luglio si trovano subito nominati i Consoli.
Nel 1165 coprì la carica di Podestà Guido Canossa.
I Consoli del 1178 erano di due classi dette di Giustizia e di Governo.
Prendiparte, autore della famiglia Prendiparti, era Podestà nel 1186, e fu il primo bolognese che abbia esercitato questa carica. Nel Dicembre seguì la conferma della celebre pace di Costanza.
È necessario il sapere che anno per anno il Consiglio Generale determinava se nell’anno entrante si voleva il Governo del Podestà che era di un solo, o quello dei Consoli, il numero dei quali era indeterminato, quindi a volta per volta se ne fissava il numero. In allora non era stabilito che il Podestà fosse un estero; i Consoli erano sempre nazionali, e qualche volta è accaduto che fossero nominati per due anni, mentre il Podestà non poteva star in carica più di un anno. Nel 1191 l’Imperatore Enrico essendo in Bologna fu alloggiato dal Vescovo Gerardo Gisla della famiglia Scannabecchi, e durante il suo soggiorno concesse il privilegio di batter moneta. È molto probabile che Enrico e la fazione imperiale contribuissero perchè il Vescovo fosse eletto Podestà per tutto l’anno 1192, e che fosse confermato anche per il 1193. In quel tempo non vi era nè nome, nè carattere di Magnati, ma vi era il fondamento di questa qualità per le famiglie distinte per ricchezze, e per estesi rapporti di parentele. Nel 1230 la legge caratterizzò diverse famiglie per magnatizie, e le escluse dal Governo; ed allora fu che si formarono due Consigli, uno del Comune, di tutti i cittadini compresi i Magnati, l’altro del Popolo, al quale non erano ammessi i Magnati. Manchiamo però dello statuto che stabilì le condizioni dei Magnati. Prima del 10 Maggio 1193 il partito popolare, veggendo di malocchio la conferma di Gherardo in Podestà in causa dei suoi maneggi assistiti dal partito dei ricchi, scoppiò in una rivolta che lo depose dalla carica. Da questo fatto ebbero principio le discordie che desolarono la nostra patria, e l’origine delle due furiose fazioni Guelfe e Ghibelline, ossia Geremea e Lambertazza, la prima popolare, attaccata al Pontefice, e la seconda nobile, e legata agli Imperatori. Furono scelti dodici Consoli popolari, numero maggiore che sia mai stato, ma in seguito si venne ad un temperamento, che ravvicinò i partiti, restituendo il vescovo alla carica di Podestà, e incaricando del governo quelli, e questo fino a compier l’anno delle rispettive elezioni. Questa è l’unica volta che i Consoli e il Podestà reggessero unitamente la somma delle cose nella bolognese repubblica.
Nel 1194 erano Consoli Guidotto d’Orso e Ramberto, secondo un atto, che suppone avessero altri compagni. Spirato l’anno dalla loro elezione, si nominò un Podestà forestiero che segnavasi Guit e cioè Guittoncinus. Raccontasi dagli storici che fosse Pistoiese, che commettesse molte ingiustizie, e partisse da Bologna di nascosto, ma, inseguito e preso, gli fossero strappati tutti i denti, poi lasciato in libertà. Gli fu successore Guido da Vimercate.
Dopo il 1194 non compariscono più Consoli nelle nostre storie, ma i Podestà, che dovevano essere stranieri, e che duravano per un solo semestre nel l’esercizio delle loro funzioni.
I Podestà non erano dottori, e Bartolo li chiamava Milites illiterati, perchè erano capitani del popolo, e come tali andavano alla testa delle armate contro i nemici.
Lo statuto dice che il Podestà doveva essere un probo militare, marchese, conte, o barone, d’età di 35 anni almeno, oriondo, e abitante distante 60 miglia da Bologna, il cui ufficio dura sei mesi.
Doveva condurre 5 Giudici giurisperiti legali pratici ed esperti d’anni 40, o almeno quattro. Due esser dovevano dottori di LL. , l’uno vicario del Podestà per le cause civili al Disco del Leone, e l’altro Giudice all’ Officio dell’ Orso, e sindaco maggiore per i dazi e gabelle, esattore delle rendite del Disco dell’ Orso, e della Camera di Bologna e giudice dei banditi.
Il Vicario doveva essere dottore da dieci anni , e il Giudice dell’ Orso da cinque anni, avanti d’entrare in Officio.
Il terzo Giudice presiedeva al Disco dell’Aquila, e gli altri due ai Maleficii dei quartieri di Porta Stiera e di Porta S. Procolo, l’ uno e l’altro a quelli di Porta S. Pietro e di Porta Ravegnana.
Il Pretore aveva sette notari, quattro dei quali deputati ai Maleficii, e gli altri due d’anni 30 almeno, incaricati dell’officio delle strade, ed il settimo dell’officio degli ornati proibiti, dei danni dati nella guardia, e dell’officio del Sindaco maggiore.
Il Podestà teneva quattro soldati, o soci d’età almeno di 30 anni, uno dei quali presiedeva l’ Officio dei ponti, strade ed acque. Doveva avere otto donzelli vestiti di panni di lana a due colori, distinti dalle vesti dei birri del Podestà, e cinquanta birri armati vestiti di panni di lana di vari colori, computando nel detto numero due contestabili, e quattro ragazzi. Aveva pure 10 cavalli , fra i quali due gran corridori.
Il Pretore aveva il mero, e misto impero, e l’ordinaria, volontaria, e contenziosa giurisdizione. I notari presidenti dalle cause civili ai Dischi di Palazzo erano dodici, che stavano al Disco del Leone, dell’Aquila, del Cervo, del Cavallo, del Griffone, del Bue, e dell’ Alicorno. Il salario del Pretore, a cui carico stava la famiglia e i cavalli, era di mensili Lire 575.
Li 10 Novembre 1484 furono eccettuati i fiorentini dall’esser nati 60 miglia lontano da Bologna per essere Pretori.
Si trova nel 1340 — Ad banchum seu Discum Ursi — che potrebbe indicare per Disco, ciò che dopo si disse Scabello.
Prima del 1203 Bologna aveva un sol Consiglio, poi comparisce un Consiglio detto di Credenza diverso dal Generale. Nel Consiglio di Credenza detto anche speciale si trattavano gli affari , sottoposti ad un segreto dibattimento.
Nel 1212 si ebbe l’unico esempio di trovare cioè a un tempo stesso due Podestà che governavano Bologna. Uno era Cattelano fiorentino, l’altro Gerardo Capoinsacco anch’esso di Firenze. Cattelano seguiva il partito ecclesiastico, e Gerardo l’ imperiale. Negli atti pubblici si sottoscrivevano amendue. Questa duplicità nacque dai due partiti, ed imbrogliò il Sigonio, che non sapendo come spiegare tale incongruenza, disse che uno era per la pace, e l’ altro per la guerra.
Nel 1219 fu podestà il conte Enrico de Rovescala. Contemporaneamente si trova un Podestà della montagna, che era un cittadino, e da questo nacque il Capitanato della montagna che era carica militare.
Nel 1231, essendo Podestà Federico Lavelungo di Brescia, furon nominati certi Curiali, o Ufficiali del pubblico che assistevano al Podestà, e al Consiglio, scrivevano lettere, ordini, decreti, ecc. e tenevan dietro all’esecuzione di quelli. Questi Curiali erano di tre classi: Gentiluomini (Milites), Giudici, e Notari.
Alberto Caravaggi da Milano Podestà nel 1239 tenne due Giudici e due Notari, e ricevette Lire 2000 di provvigione. Li 10 Dicembre gli furon pagate Lire 10 imperiali per tornarsene a Milano.
L’ Imperatore Federico ordinò nel 1242 a suo figlio Enrico Re di Sardegna che i Podestà non potessero condur seco le mogli, nè introdurle nel distretto di loro giurisdizione, altrimenti fossero spogliati del Cingulo, privati dell’uffizio, e assoggettati alle pene contenute nelle Leggi antiche. Le due cariche di Podestà e di Capitano, coperte fino al 1245 da un solo, furono in quest’anno divise. Quella di Capitano, che fu dichiarato non potersi esercitare da un nazionale, fu accordata a Giordano Cuccino nel 1255 e fu il .primo insignito. Nel 1294 fu ordinato che il Capitano fosse nativo di paese lontano , e cioè alla di stanza di 70 miglia almeno di Bologna.
Il Capitano doveva essere un probo militare capitano, marchese o conte, d’anni 40, insignito di quel titolo da cinquant’anni almeno, e nato lontano da Bologna 90 miglia.
Aveva il mero e misto impero come il Podestà sopra qualunque Maleficio. Quello dei due che era il primo a carcerare il reo o a cominciare il processo doveva giudicar la causa: quando però amendue conoscessero nel tempo stesso un delitto, era dovuta la preferenza al Pretore. Il Capitano era Giudice competente nelle cause delle vedove, e dei pupilli. Godeva del mero e misto impero sulla custodia della città ; doveva sovrastare ed accorrere agli incendii, e mandare il suo vicario ogni settimana alla visita dei carcerati , il qual vicario doveva essere dott. di LL. e d’anni 35 almeno.
Doveva il Capitano tenere due soci letterati d’anni 30 almeno, tre notari d’anni 25, 50 armigeri, fra i quali due contestabili, sette ragazzi, tre Coqui , otto cavalli, due dei quali gran corsieri, e la sua carica durava sei mesi.
Nel 1249 Filippo Ugoni da Piacenza fu assistito da sette Sindaci o Assessori.
Antonio Fusiraghi da Lodi Podestà nel 1289 causò gran tumulto perchè non voleva assoggettarsi al Sindacato, secondo le norme degli Statuti. Le compagnie delle Arti e delle Armi imprigionarono lui, i suoi famigli , e i sbirri, e finito il Sindacato fu accompagnato dal popolo fino al ponte di Reno.
Guasta di Giacomo da Radicofani fu Podestà, e Capitano non ostante lo Statuto del 1245. Morì in uffizio il 10 Agosto 1326 , e sepolto il 4 Settembre con magno onore in S. Francesco. Gli Anziani Consoli disimpegnarono le sue incombenze fino a che fu nominato il nuovo Podestà.
Nel 1303 in Novembre si trova Francesco da Urbino giudice, ed assessore del Podestà al Disco del Jus.
Nel 1333 il Podestà ebbe quattro giudici col titolo di giudici al Disco dell’ Orso, del Montone, dell’Aquila, e del Bue, che qualche volta fu detto anche del Cervo, i quali si intitolavano: N. N. honorabilis Rector Civitatis Bononiae, et pro S. Romana Ecclesia ad Discum deputatus.
In un testamento si parla del Disco nel seguente modo:
Unam Toaglam parvam a disco, et a manu, et duo Capitergia.
Unum Discum ad legendum, et unam Rotam ad tenendum libros.
Pare che il Disco fosse una tavola per il giudice, o notaro , che nei tempi a noi vicini si disse “Scabello”. Li 21 gennaio 1306 il popolo e Comune di Bologna fece istanza perchè si riparasse il Disco dell’ Orso, rogito Ugolino Vasenda , e Giovanni Varisio, e da una memoria negli atti del Senato del pagamento fatto il 19 Febbraio 1466 di Lire 4. 17. 6 a Giovanni Rizzi cavestraro per un grande e grosso capestro da lui venduto alla Camera di Bologna da collocarsi nella sala superiore della residenza del Podestà presso il Disco del giudice dell’ Orso, per dar la tortura ai delinquenti e ai malfattori.
BIasio Fernandez di Belvisio, spagnuolo, mori Podestà nel fatto d’armi di S. Rufflllo li 20 Giugno 1361. Fu sepolto con molta solennità nella Chiesa di S. Francesco.
Ciapo Santo Ciapti, o Armisio da Narni entrò Podestà li 15 Febbraio 1362. Nel suo Sindacato fu condannato in carcere a pagare Lire 11,000 al Comune. Li 8 susseguente Ottobre, probabilmente aiutato, potè fuggir di carcere, e rendersi contumace non pagando la condanna.
Nell’Aprile del 1387 era Podestà Gabriello d’Enzo da Venezia. Tenne due giudici ai Dischi dell’ Orso e dell’ Aquila, tre cavalieri , otto notari , otto donzelli , cinquanta sbirri , sei ragazzi , dodici cavalli , Lire 3330 per sei mesi , e Lire 25 per libri e carte.
Guelfo Pugliesi da Prato Podestà e Capitano nel 1388 ordinò che tutti i Nunzi o Messi, ora detti Cursori, portassero una beretta bianca con una croce rossa in cima per distintivo del loro uffizio.
Carlo di Rinaldo Cavalcanti da Firenze morì Podestà nel 1407. La domenica mattina 16 Giugno gli furono fatte solenni esequie in S. Domenico coll’intervento di tutte le regole dei frati, chieresia, consorzi, capitoli e prelati. Eranvi molti cavalieri bardati colle armi del defonto, e con un grandissimo pennone ( bandiera ) colle armi della Chiesa, del Cardinal Legato, e del Comune. Il castelletto era coperto da un baldacchino foderato di pelli di vaio.
Francesco Manuelli di Cortona, generale esecutore della giustizia del popolo, e Comune di Bologna, entrò in carica il 26 Luglio 1411. Teneva un notaro , 26 birri, e 5 cavalli. Aveva di provvigione Lire 216. 13. 8 al mese.
Francesco Antonio Mancini siciliano, esecutore della giustizia, fu fatto morire il 24 Novembre 1423 per molte ingiustizie, ed estorsioni commesse in ufficio.
Li 18 Giugno 1442 fu derogato il divieto ai Podestà di convivere colla moglie, figli, o parenti durante la loro carica, ma fu conservato quello ingiunto ai Riformatori e ai loro parenti di far sigurta ai Podestà. Il cavaliere Bartolomeo dei Rimbotti da Siena fu il primo a godere della predetta deroga.
Nel 1448 Zecchino dei Conti comm. di Ciampello da Spoleto, Podestà, andò ad abitare nelle case di quei Dalle Corregge, rimpetto alla piazza di S. Simone, perchè in Palazzo vi era morto di peste un suo giudice.
Nel 1535 Lattanzio Cinida da Montepulciano fu l’ultimo Podestà e Capitano del popolo bolognese alla forma degli antichi Statuti. La carica di capitano a quei giorni era di puro titolo e non di fatto.
Paolo III. nel predetto anno 1535 ordinò che in luogo del Podestà si eleggessero dal Reggimento cinque giudici forestieri detti di Rota , i quali stassero in carica cinque anni e che ognun di loro per turno annuale coprisse la carica di Pretore. La giurisdizione di questo tribunale fu limitata alle sole cause civili. Il loro stipendio fu fissato di scudi 400 negli anni che erano Uditori , e di scudi 800 nell’anno del Pretoriato.
Li 9 Gennaio 1535 furono eletti Lattanzio Cini da Montepulciano già Podestà, il quale fu il primo Pretore per il 1536, Bernardino Medici lucchese, Bernardo Bergonzi parmigiano, Giulio Scarlattini reggiano, e Antonio Aroni spoletino. Il primo Marzo fu pubblicata dalla Ringhiera l’instituzione del Tribunale della Rota bolognese, e la nomina dei 5 giudici. Il primo Aprile fu assegnata la sala del Re Enzo per le loro udienze, e nel 1575 ciascun giudice ottenne nel palazzo una sufficiente abitazione per sé e per le proprie famiglie.
Li 26 Luglio 1710 Clemente XI restrinse la Rota a tre uditori, e il 10 Febbraio 1729 Benedetto XIII la restituì a cinque. Cessò questo tribunale nel 1796 essendo Pretori l’avvocato Leonardo Patrizi romano , il dott. Don Nicolò Giulio Mondi romano, il dottor don Serafino Filoni di Lugo. I notari della Rota erano in detta epoca in numero di quattro.
Si dava il possesso al Pretore il primo Luglio con certe formalità. Faceva il suo ingresso in Bologna per la Porta di Strada Maggiore accompagnato dai 4 giudici della Rota, e da numeroso corteggio, tutti a cavallo con insegne, trombe, guardie, ec. ec. Il Podestà anch’esso a cavallo era vestito di una ricca toga di tela d’oro. Nel 1764 quest’abito o manto fu rinnovato , ma non così pesante come l’antico. Fu fatto di samice d’oro fiorato con fodera di zendale doppio cremisi, che costava lire 220. Sugli ultimi anni il Pretore faceva l’ ingresso in carrozza, dopo che uno di loro per l’avanzata sua età fu dispensato dal farlo a cavallo. Questa funzione erasi convertita in una specie di mascherata.
Fu provveduto in pari tempo dal Pontefice anche alle cause criminali, e per li componenti di questo tribunale riservò a lui stesso la nomina. Fu composto di un uditore detto del Torrone, e di due giudici processanti detti sotto uditori. Le sentenze si emanavano da una Congregazione detta Criminale composta dal Legato, dall’uditor del Torrone, dai due sotto uditori , dal uditor generale, dall’uditor di Camera del Legato e dall’uditore del vice-Legato.
L’uditore del Torrone del 1796 era l’avvocato Innocenzo Innocenzi e sotto uditori il dott. Federico Pistrucci e il dott. Antonio Finucci romani , siccome Cristoforo Romiti capo notaio, e l’avvocato Ignazio Magnani difensore dei rei.
Nel palazzo della Ragione si tenne il conclave per la morte di Alessandro V. Questo Pontefice entrò in Bologna li 12 Gennaio 1410 con 17 cardinali. Il sabato 3 Maggio a ore 5 della notte , venendo la domenica, spirò non senza sospetto di veleno. Il lunedì sera fu portato alla Chiesa di S. Francesco, dove stette esposto per nove giorni. I cardinali in numero di 18 entrarono il mercoledì 14 Maggio a ore 22 in conclave, che occupava tutta la sala di sopra del Consiglio, e tutta quell’altra che gli era attigua, che corrispondeva sopra l’ufficio delle bollette. Eranvi quattro fila di letti fatti di legno sopra trepiedi bassi e forti in numero di più di 30 coperti, ornati di galloni e di cortine bellissime, ognuno dei quali aveva le armi del cardinale a cui era assegnato. Così dice la cronaca di don Fabro, autore contemporaneo. Il sabato mattina circa le ore 12 del 17 Maggio da una finestra sulla piazza fu proclamato in Pontefice il cardinale Baldassarre Cossa del titolo di S. Eustachio e Legato di Bologna col nome di Giovanni XXIII. Estratto di lettera scritta dai cardinali a Lodovico Alidosi signore d’ Imola.
Nella gran sala sopra il portico si sono date feste e spettacoli.
Il 4 Marzo 1632 fu dato il Torneo “Amore Dio della vendetta, ed i furori di Venere”. È certo che nel 1581 si recitavano commedie da istrioni venali, i quali durante le recite pagarono lire 100 la settimana in elemosina alle Suore della Santa.
Il 9 Dicembre 1598 il Legato confermò la concessione data dal Reggimento a Giuseppe Guidetti di poter far palchi per uso di commedie, di vender frutti e di tenere il giuoco del pallone nella sala del Podestà. Sembra questa l’epoca del principio di un Teatro nella sala, che si avvicinasse alla forma dei Teatri moderni.
Occupava esso poco più di un terzo della sala verso oriente. Il palco scenico era appoggiato al muro dalla parte degli orefici , e i palchetti erano di legno. Il 23 Febbraio 1610 il gonfaloniere e gli anziani fecero recitare a loro spese l’Andromeda del conte Rodolfo Campeggi, posta in musica da Girolamo Giacobbi mastro di cappella di S. Petronio. Non si ha memoria certa di spettacolo musicale dato in Bologna anteriore all’Andromeda.
Il sabato sera 16 Dicembre 1623 si rappresentò il Pastor fido. La domenica susseguente alle ore 14 si manifestò il fuoco nel Teatro della sala, che in due ore fu ridotto in cenere.
Sulla fine del 1624 era rifatto il Teatro e tutto il coperto della sala.
Il 23 Agosto 1628 la sala fu affittata per lire 38 il mese, e nel 1751 per lire 675 l’anno.
Agli undici Agosto 1632 il Legato accordò al reggimento la privativa delle commedie nel Teatro della sala da Settembre al Natale, rogito Paolo Fabri.
Nel 1674 il palco in terz’ordine del can. Livio Zambeccari fu venduto al senatore Giuseppe Michele Malvasia per lire 280 e li 20 Settembre 1675 il conte Filippo M. del conte Corradino Ariosti, e il senatore Guidantonio e fratelli Lambertini pagarono lire 520 quello di Pompeo del fu Pietro Paolo Ringhieri.
Nella notte del 7 venendo all’otto Gennaio 1767 il Teatro della sala, il piu antico di Bologna, fu fatto distruggere dal Senato. Dopo quell’epoca tutta la sala ha servito per qualche tempo a granaro per le frumentarie , e per esercizio del giuoco del pallone.
Il 2 Gennaio 1493 i notari furono collocati sotto il palazzo del Podestà, ove si costruivano nuovi banchi capaci ognuno per due notari.
L’uffizio delle acque, e strade, che risiedeva da S. Martino delle Bollette , trovavasi nel 1796 nel palazzo del Podestà.
Mauro Bandi orologiaro e capitano degli artiglieri municipali instituì nel 1812 un corpo di pompieri , nella quale impresa fu sommamente assistito dal conte Camillo Grassi capo della Autorità Municipale d’allora. Nel Maggio 1820 conosciutasi l’utilità di tale instituzione fu sanzionata dal governo pontificio, ed approvati i suoi regolamenti, di più gli si assegnò un locale nel palazzo già Pretoriale. I pompieri avevano un comandante , un capitano, un tenente , un chirurgo , un sergente maggiore, due sergenti, un caporale foriere, 4 caporali, 31 comuni , e 54 facchini.
Nel palazzo del Rettore o Podestà vi erano le carceri, ed uno storico riferisce che nel 1270 essendo quelle nel torrione di questo palazzo, troppo anguste, altre ne furono fabbricate, che si dissero le prigioni nuove. Un altro dice che prima del 1270 serviva a quest’uso la torre del Comune. Quale fosse la torre del Comune a quei dì ignorasi. Il torrione dell’Arrengo fu finito nel 1269 e la torre dei Lambertini fu comprata nel 1294.
Il Ghirardacci sotto l’anno 1294 dice che le carceri furono fabbricate sotto e sopra, senza indicare da qual parte del palazzo Pretoriale.
Il 5 Febbraio 1328 per decreto del Comune fu ordinato di risarcire la torre già dei Lambertini , poi più tardi detta del Capitano , e di adattarla a carcere per le donne meritevoli di una pena pecuniaria, che non oltrepassasse le L. 10. E siccome l’Alidosi dice che nello stesso anno esistevano carceri nel palazzo della Biava, si sospetta che il predetto decretò fosse fatto per levarle dal locale della Biava, destinato ad altro uso.
Anglico vescovo d’Albano , e governatore di Bologna, fece fabbricare una Cappella dedicata alla B.V. davanti le carceri, e la dotò di annue lire 50 da pagarsi dalla Camera di Bologna. Li 7 Agosto 1371 la diede ai PP. Celestini coll’obbligo di celebrarvi una messa quotidiana.
Nel 1385 li 25 Aprile , Nicolò di Bartolomeo Arrenghiera comprò da Giovanni dei Gioanetti un cassone presso il compratore , e presso il muro della carcere antica , per lire 23 rogito Guglielmo.
1441 5 Maggio. Assegnazione fatta da Cervato Seco luogotenente di Bologna e dai XVI Riformatori di certo terreno posto presso le carceri vecchie ad effetto di fabbricarvi una bottega, e nello stesso giorno ed anno dalla Camera di Bologna alla Compagnia dei Macellari di certo terreno in Porta Nova in compenso di altro terreno ricevuto presso le carceri vecchie del Comune, rogito Ser Filippo Manzolino.
1441 7 Novembre. I difensori all’Avere assieme ad Antonio da S. Pietro, Girolamo Bolognini, e Giacomo Zenzifabri, furono incombenzati dai XVI Riformatori di vendere i migliori ambienti delle carceri, l’abitazione del carceriere, non che certo terreno posto sotto la bottega di Ser Giovanni Castellani per lire 750.
Li 15 Dicembre susseguente fu decretato che delle predette lire 750 se ne spendessero 500 per costruire nuove carceri nel palazzo del Podestà.
Il Ghirardacci racconta che nel 1443 le prigioni vecchie furono vendute ad Azzo di Pietro da Quarto, e a Giacomo di Bartolomeo Dal Lino per lire 1300 con patto di fare le nuove prigioni, la scala del palazzo del Podestà , e alcune stanze sotto i voltoni, e cita una scrittura di Ser Domenico dall’ Oglio.
Nei libri delle rendite degli stabili del Reggimento vi è la partita degli affitti di tre botteghe fra loro aderenti poste sotto il palazzo del Podestà, dalla parte della piazza del Nettuno e segnatamente dove furono le carceri vecchie, la principale delle quali già ad uso di carteria detta del Moro, è la terza subito passata la porta del palazzo del Podestà andando verso gli Stelloni. Presso la detta carteria vi era un botteghino affittato per lire 13 annue. Dunque le carceri vecchie guardavano verso ponente, e le nuove dovrebbero esser quelle che in parte esistono anche oggidì nella via del Voltone della Corda, e sulla Piazzola della Canepa, e le stesse che il Ghirardacci dà per fabbricate nel 1294.
Nel 1455, 21 Agosto, un rogito di Bartolomeo Ruffini parla di una bottega posta sotto la parrocchia di S. Michele del Mercato di Mezzo incontro le carceri del Torrone e in confine della Compagnia dei Merciari, che è il N. 1296 della Via delle Accuse. È positivo che anche a quei giorni le carceri si chiamassero del Torrone.
Le prigioni per delitti criminali furon poi traslocate tutte entro il palazzo del Legato, e queste servirono per i debitori e pei contravventori ai bandi d’Annona e perciò dicevansi le carceri della Grascia.
Il Legato e i Visitatori facevano la cosi detta Visita Graziosa 9 volte l’anno a tutte le prigioni, e cioè ai primi Febbraio, 24 Marzo, martedì Santo, sabato di Pentecoste, 28 Giugno, 14 Agosto, 8 Ottobre, 10 Novembre in memoria dell’ingresso in Bologna di Giulio II. seguita l’11 mese stesso, e li 20 Dicembre. In queste visite si verificavano i bisogni dei carcerati, si dispensavano elemosine, e alcuni erano anche liberati dalla prigionia.
Nel 1473 li 9 Dicembre. Fu affittato il dazio delle carceri ad Ercole di Pietro Lentini per anni 10 e per annue lire 300.
Ritornando alla Cappella delle carceri concessa ai Celestini nel 1371 si hanno le seguenti successive notizie:
1452 29 Dicembre. Regnando Nicolò V. anno V, al tempo della buona memoria di Gregorio XI fu edificata certa Cappella presso le antiche carceri di Bologna ed all’opposto delle medesime sotto il titolo di Santa Maria, nella quale si celebrava quotidianamente la messa perchè fosse ascoltata dai carcerati. Essendo poi stata distrutta la detta Cappella dopo che le antiche carceri furon soppresse e traslocate sopra il palazzo del Podestà di Bologna, dove fu fatto un altare acciò i carcerati potessero ascoltar messa ogni giorno, il cardinal Bessarione Legato di Bologna esentò i Monaci Celestini da tutti i dazi imposti e da imporsi coll’obbligo di celebrare ogni settimana in perpetuo quattro messe nelle carceri, e ciò atteso la seguita distruzione della Cappella dedicata a Santa Maria dotata d’annue lire 50 a carico della Camera di Bologna, rogito Perotto, e Mamellino notaro delle riformazioni.
Nel 1470 il governatore Sabelio fece murare la Cappella delle carceri, e ridurla a carcere pei Regolari.
1473 8 Aprile. Sentenza del luogotenente del Legato di Bologna sulle liti vertenti fra i PP. Celestini e la Camera di Bologna, nella quale dichiara che detti Monaci debbano essere reintegrati e rimessi nel possesso della Cappella altra volta fabbricata avanti le carceri e concessa ai detti Monaci coll’aggravio di celebrarvi una messa quotidiana colla dote assegnata, e poscia detta Cappella distrutta per la fabbrica d’altre carceri per persone religiose. Atti di Giacomo da Monzone.
1474 4 Luglio. Si concedono ai PP. Celestini altre due corbe di sale per affitto di certa camera nuovamente costrutta dov’era certa Cappella già a loro spettante sotto il nome della B. V. M. destinata ad uso dei carcerati, la qual camera il Podestà ritiene che sia sua.
Si noti che la Camera faceva distribuire ogni anno centundici sacchi di sale di peso libbre 39960 agli Ordini Mendicanti del bolognese in ragione di libre 15 per testa, lo che dà il numero di 2664 individui.
1474 8 Luglio. Essendo la piccola Chiesa o Cappella posta nel palazzo del Podestà in faccia alle carceri antiche del Comune di Bologna stata profanata dal Protonotario Sabelli Legato a Latere, e Governatore di Bologna, per giuste cause, ed edificato su quella una Camera, che in seguito ha servito continuamente al Pretore, ossia al Podestà della città di Bologna sia per sè, sia per la sua famiglia, sia per i Speri ( forse Sbirri ) suoi famigliari, e il Luogotenente del Legato, decreta a favore dei PP. Celestini che gli siano passate dalla Camera ogni anno corbe due di sale oltre il consueto, con questo che detti monaci debbano rinunziare le loro ragioni sopra una Camera ad uso del Podestà, e della sua famiglia, fabbricata sopra la Cappella, poscia distrutta, e che era nel palazzo del Podestà incontro le carceri antiche.
1535 29 Maggio. Obbligazione degli amministratori dei poveri carcerati di pagare in perpetuo ai PP. Celestini annue lire 24 e questi promettono di dire una messa quotidiana nella chiesa di S. Leonardo per comodo delle carceri, di cantare i primi e secondi vespri, e una messa nel giorno del Santo, e di fare un sermone sopra la Passione il venerdì Santo, di confessare e comunicare i carcerati a Pasqua di Risurrezione, e ciò senza pregiudizio degli altri emolumenti assegnati ai detti PP. rogito Vitale Antonio Mantachetti.
Sembra che la suddetta chiesa di S. Leonarde sia la medesima ricordata nel 1448 per essere contigua alla residenza dell’ufficio dei difensori all’Avere.
1549 3 Aprile. In due camere sopra il Voltone della Madonna del Popolo dalla parte della Piazzetta della Canapa fu fatta la Conforteria per i condannati. È probabile che nel predetto anno cessasse l’uso di confortarli in carcere, come si è detto all’articolo – Piazza della Montagnola. – Essendo stabilite le prigioni nel palazzo del Legato si cominciarono a praticare le seguenti formalità per le esecuzioni capitali. Il martedì o il venerdì si teneva la solita congregazione criminale nella quale, dopo sentite le difese dell’avvocato dei poveri, carica ben inteso onorevole, si pronunciava la sentenza, che veniva intimata mediante un Nunzio al condannato sulle ore 22. Il curato di S. Giovanni Battista dei Celestini assumeva subito l’ incarico di Confortatore, ed assisteva il condannato nel suo carcere fino alle tre ore circa di notte. Si esponeva nella Chiesa della Morte un devoto antico Crocifisso, e le Tavolette di Conforteria. Nella Chiesa dei Celestini, e di S. Giovanni Decollato della Montagnola si dicevano preci davanti al Sacramento esposto alla divozione dei fedeli. Alle tre di notte passava il condannato dalla sua carcere alla Conforteria nel palazzo del Podestà, alla di cui porta era ricevuto dalla Compagnia della Morte, che deputava un maestro, e 10 scuolari per assisterlo fino all’esecuzione. In Conforteria adempiva ai doveri cristiani, ascoltava messa, gli si somministrava cibo, ed altri soccorsi corporali. Al suono dell’arringo della susseguente mattina partiva il condannato per il supplizio preceduto da una devota processione dei Battuti della Morte, ed entrava nella Chiesina di S. Leonardo posta sulla piazzetta della Canapa, di dove, dopo essersi riconciliato, si avviava al patibolo che si erigeva rimpetto al voltone della Madonna del Popolo sulla piazza maggiore. Eseguita la giustizia restava il cadavere appeso alle forche fino alle ore 21, quando arrivata la Compagnia della Morte lo levava dal patibolo per essere trasportato al Cimitero dell’ ospedale presso S. Giovanni Decollato della Montagnola, nel quale eravi un sito appartato per seppellirlo. Questo ceremoniale ispirava un certo tal qua! terrore, che poteva produrre molti effetti salutari, in coloro che meditassero un delitto meritevole di sì obbrobriosa fine.
La Conforteria era una scuola composta di Laici e di Sacerdoti che ebbe principio nel 1351.
Le sue costituzioni si stamparono nel 1640, poi ristampate con addizioni nel 1647.
Il Gonfaloniere, gli Anziani e il Podestà non uscivano di Palazzo nei giorni di esecuzione capitale.
Rolandino di Pietro di Guidone di Romancio Romanzi è forse il primo che cominciò a trattare le cause criminali sotto certe determinate regole. Morì alli tre Settembre 1284. 1641 13 Dicembre. Lo stipendio dell’ufficiatura delle carceri fu portata ad annue lire 150 rogito Giovanni Battista Cesari.